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"Samhain's Moon" di Alessandra Paolonia

Creato il 01 novembre 2012 da Connie

 
La notte volgeva alla sua ora più tarda. La luna si specchiava dal cielo svelandosi in tutta la sua magnificenza, sospesa nello spazio immenso più chiaro e stellato che Londra avesse mai visto negli ultimi mesi, come se ricambiasse lo sguardo degli uomini che la stavano mirando.
Damian se ne stava infatti con il viso rivolto verso l'alto, a fissare quel cerchio perfetto appuntato al petto del cielo. Aspettò che sua sorella scendesse dalla carrozza e fosse al suo fianco per abbassare lo sguardo.
«La luna stasera sembra essere nostra testimone.» le disse.
Evette Burns fissò gli occhi scuri nei suoi e annuì. La ragazza ostentava sicurezza, avvolta dal collo fino alle caviglie dei piedi dal suo mantello scarlatto, ultimo dono di suo padre, Lord Charles Anthony Burns. L'uomo, per la stampa dell'epoca, era stato assassinato un anno prima da un manigoldo nel quale si era imbattuto per strada una fredda sera di dicembre. Per i figli invece Lord Burns era stato brutalmente ucciso da un non morto nel cimitero di Highgate, quello stesso luogo che ora si ergeva silenzioso e deserto davanti ai loro occhi.
Duncan, ancora seduto a cassetta, si sporse verso di loro.
«Farò il giro del perimetro e lo costellerò di ostie sacre e aglio.»
L'uomo non aspettò risposta; sputò a terra saliva e tabacco, borbottò qualcosa come sono stanco di questo mestiere e poi spronò i cavalli a ripartire. Evette e Damian lo guardarono allontanarsi, col fiato sospeso. Il desiderio di richiamarlo indietro e di porre subito fine a quella follia scappando, sfiorò la mente dei due giovani. Ma nessuno dei due osò tramutarlo in fatto concreto.
Entrambi si caricarono sulle spalle i sacchi che avevano precedentemente scaricato dalla carrozza e senza parlare, armati di torce, si avviarono verso le tombe. Imboccarono un sentiero di pietra che serpeggiava verso l'interno, dividendo in due le abitazioni dei morti. La luce fioca delle torce illuminava i profili delle lapidi, delle croci e degli angeli piangenti donando loro un'insolita e inquietante vitalità.
«E se fosse già qui intorno?» domandò Damian con voce così bassa che costrinse sua sorella a fare uno sforzo per udirlo.
«Egli è già qui.» rispose Evette stringendo con una mano la sua torcia e con l'altra la grande croce d'oro che portava appesa al collo. «Si dice che la notte di Samhain, Egli si aggiri tra i morti in cerca prima di cadaveri freschi da trafugare, e che poi esca fuori dalle mura del cimitero alla ricerca di esseri umani da irretire e rendere suoi schiavi. Se affrettiamo il passo arriveremo alla sua tomba prima che Egli ne esca.»
Evette si lanciava attorno delle occhiate preoccupate. Si aspettava quasi che quel mostro sbucasse fuori all'improvviso per assalirla e morderle il collo così come aveva fatto con suo padre, uccidendolo.
Guardò con la coda dell'occhio suo fratello; era stato giusto portarlo con lei? Li dividevano solo due anni, ma Damian le sembrava ancora un ragazzino inesperto delle cose del mondo e di quelle ultraterrene, e quella missione poteva turbarlo fino a fargli perdere la ragione; se non la vita stessa. Lei, al contrario, aveva già affrontato un non morto e con l'aiuto di Duncan gli estirpò via la sua maledizione, prima infilandogli un paletto nel cuore e poi recidendogli la testa di netto. Ancora non riusciva a riprendersi da quell'episodio, ancora le urla agghiaccianti del mostro la perseguivano di notte. E non fece altro che chiedersi da quel momento in poi come aveva potuto suo padre condurre una vita simile, nascondendo a tutti chi fosse veramente, celando la sua vera natura di cacciatore di mostri di cui Londra sembrava pullulare.
Un rumore li fece sobbalzare entrambi. Un ramo spezzato, il cui eco si diffuse nella notte. Evette arrestò il passo e Damian la imitò. Il ragazzo si sfiorò la croce che gli penzolava dal collo, l'afferrò poi con dita tremanti e la alzò davanti a sé, come a erigere uno scudo protettivo.
«Siamo arrivati troppo tardi.» sussurrò.
Evette non rispose. Cacciò fuori il paletto di legno di frassino che teneva nella sua sacca, uno dei tanti che aveva personalmente intagliato e portato con sé; lo strinse nella mano sollevandolo in alto, pronta a fendere chiunque si fosse interposto tra lei e suo fratello, tra lei e la vita.
«La sua tomba è vicina. Vieni.»
Tornò a camminare. Sentiva il respiro di Damian al suo fianco pesante e irregolare. I passi andavano veloci ma incerti sul sentiero di pietra che si curvò a sinistra e si restrinse. Le tombe ai loro lati sembravano cunicoli aperti, pronti a risucchiarli in un vortice di terrore e morte. Lo scricchiolio si ripeté, più vicino questa volta. Sembrava provenire da un punto imprecisato delle tenebre, lì dove giacevano le tombe dei cadaveri più antichi. Evette sentì il sangue nelle vene mutare in ghiaccio e qualcosa le suggerì che non erano più soli. Egli doveva aver già scoperchiato il suo sepolcro; in quella mistica notte dove la linea tra la vita e la morte è così sottile da essere quasi cancellata con un soffio, doveva essersi risvegliato poco dopo il crepuscolo. Ciò significava che da tempo vagava tra le lapidi. Che da tempo li stava aspettando.
 
Il vampiro li spiava con occhi che erano abissi, profondi come la disperazione più cupa. Osservava la ragazza, osservava il ragazzo. Avvertì nell'aria un odore di sangue familiare; aveva già saggiato uno della loro specie. Lord Burns era caduto nella sua trama, trovando la morte in seguito a un furioso scontro. Il vampiro sogghignò e si mimetizzò tra le tenebre, sue amanti e testimoni, e attese il momento propizio per uccidere.
 
Evette riconobbe di lontano la sua tomba. Sul frontespizio di quel marmoreo mausoleo c'era inciso il nome di Lord Edward Taylor Butler, vissuto nei primi anni dell'800. Evette accelerò il passo e costrinse suo fratello a fare lo stesso. Quale pazzia era mai la loro? Uccidere un vampiro che nella notte di Samhain usciva dalla tomba per straziare uomini donne e bambini? Le ci vollero mesi di duro studio e faticose ricerche per risalire all'identità di quel mostro; e stavolta era certa di non sbagliarsi, era sicura di non vegliare sulla tomba sbagliata nel cimitero sbagliato come molte volte le era accaduto. Ma quando il sospetto di essere arrivata troppo tardi divenne certezza, la situazione le sfuggì di mano e rischiò di crollare nel panico più assoluto. Non si era sbagliata, quell'essere si era già liberato del suo sudario, e doveva danzare in quel momento con gli spiriti dei defunti, ridendo della loro stoltezza.
La porta del mausoleo era spalancata. Un debole lume s'intravedeva all'interno. L'odore di putrefazione era così persistente che sia Evette che suo fratello furono costretti a portarsi un lembo del mantello sul volto.
«Dobbiamo creare una barriera, presto!» gridò Evette conscia dell'inevitabile.
Egli era lì, da qualche parte. Forse lontano, forse così pericolosamente vicino da attentare alle loro vite. I due giovani posarono a terra le sacche e cacciarono fuori altre due torce che si affrettarono ad accendere. Il fuoco illuminò quella porzione di cimitero, riflettendo le sue fiamme sulle cripte vuote e sulle lapidi spezzate.
«La croce, Damian! Tieni bene in mostra la croce! E scappa se ti ordino di farlo!»
Damian, che tremava sotto il suo mantello pesante, assentì con la testa. I denti gli battevano nella bocca dalle labbra livide, e non seppe se era per la frescura della notte o per la paura. E quando vide quella figura apparire alle spalle di sua sorella, un grido gli morì in gola e temette di perdere i sensi. Il vampiro comparve alle spalle di Evette come se le tenebre l'avessero partorito in quel preciso momento. I suoi lineamenti si confondevano con la notte, che era la sua alleata e la sua forza. Lo vide ghignare e mancò poco che non impazzisse. Evette notò la sua espressione terrificata e seppe ancora prima di voltarsi che il mostro era dietro di lei.
Duncan le aveva insegnato che pochi secondi bastano a morire, come pochi secondi bastano a decidere di rimanere in vita. Le aveva detto di non permettere al tuo cervello di prendere decisioni azzardate, e al tuo corpo di fare cose avventate. Il non morto sfrutta il tuo terrore, se ne ciba e lo usa contro di te.
Evette sollevò le dita tremolanti per afferrare la croce appesa al petto e si voltò di scatto per mostrarla al suo assalitore, stando bene attenta a non fissarlo in quegli occhi malevoli e ingannatori. Ma questo era già svanito.
«Dove...?»
Le grida di suo fratello risposero alla sua domanda. Il vampiro aveva attaccato il giovane Damian perché aveva capito che dei due era lui il più inesperto. Damian venne scaraventato addosso a una lapide corrosa dal tempo, e perse la sua fiaccola che si smorzò a terra. Evette gridò a sua volta per attirare l'attenzione del mostro. Chi lo avesse visto in quel momento, e l'avesse conosciuto in vita, avrebbe davvero detto che quello era Lord Edward Taylor Butler. O almeno ne conservava l'aspetto. Ma dentro quell'involucro di carne, conservatasi nel tempo, vi albergava un demonio che nulla aveva a che fare con l'uomo che lo ospitava. Evette sapeva che era decisamente più dolce la fine che diventare piuttosto un non morto senza anima e senza cuore, qualcosa di malvagio che sarebbe vissuto nell'oscurità finché il mondo avrebbe avuto vita. Almeno, nella triste fine di suo padre, quel martirio gli era stato risparmiato.
«Vieni da me, mostro!» gridò ancora Evette, sollevando in alto sia la fiaccola che il paletto di frassino.
Il vampiro sembrò cacciare fuori una risata, anche se il suo fu un ghigno grottesco e un boato profondo che fece indietreggiare la ragazza di un passo. Un colpo al petto. Non mancare il cuore. Il coltello con il quale avrebbe dovuto recidere la testa del mostro giaceva ancora nella sua sacca. Per un attimo la sua sicurezza vacillò e pensò di morire quella notte. Quella mistica notte dove le paure e le leggende diventano una realtà impronunciabile.
Il vampiro attaccò. Con un balzo che i suoi occhi non riuscirono a captare, le fu di fronte e la ragazza venne disarmata della torcia. Prima che anche il paletto le venisse sottratto, Evette fendette l'aria ma non fu abbastanza veloce da colpirlo. Quando poi risuonò alle sue orecchie lo sparo di una pistola, capì che forse non tutto era perduto. Il vampiro, più sorpreso che spaventato, s'allontanò da lei ancora ghignando.
Damian si era rialzato in piedi e stringeva tra le mani la rivoltella fumante. Il vampiro tentò ancora di attaccarlo, ma il giovane trovò la forza di alzare la sua croce e il mostro latrò, indietreggiando disgustato. Evette sfruttò quei pochissimi secondi per ripescare dalla sacca il suo pugnale. La lama era lunga affilata e larga, adatta per mozzare teste e amputare arti. Pesava nella sua mano, ma la ragazza la tenne stretta lo stesso. Senza perdere altro tempo prezioso si avventò alle spalle del vampiro che scartò di lato, sfuggendo a quel puerile assalto.
«Non potete nulla contro di me, miseri insetti senza valore.»
La voce del vampiro aveva un timbro basso, roco, gutturale, che facilmente s'insediava nella mente umana per corromperla e portarla al delirio. Damian ed Evette si disposero fianco a fianco, l'uno armato di pistola, l'altra di pugnale e paletto. Tremavano nella notte buia rischiarata solo dalla debole luce delle fiaccole e delle torce abbandonate a terra come fuochi fatui. Il vampiro svanì per ricomparire alle loro spalle, a poca distanza. Si tenne pronto per un nuovo assalto, e questa volta avrebbe attaccato la ragazza affondando i canini nella sua carne giovane e invitante. Il tempo dei giochi era finito. Il suo volto per tanto si trasfigurò e i denti gli crebbero producendo una sorta di sgradevolissimo sfrigolio. Il sibilo della morte. Gli occhi passarono dalla pece al rosso delle braci ardenti, due voragini di perdizione. Nella notte dei non morti, avrebbe brindato col sangue di quelle due anime stolte.
Evette sapeva che non si sarebbe mai voltata in tempo per parare un altro attacco. Sapeva che non avrebbe potuto difendere suo fratello dalla morte. Ciò che non sapeva però era che Duncan li aveva raggiunti attirato dal rumore dello sparo e che, zigzagando tra le tombe, approfittando di quei momenti di panico vissuti dai due ragazzi, si era piazzato alle spalle del vampiro ed era pronto con la sua mannaia a fendere il colpo mortale.
La luna dall'alto osservò la mano dell'uomo che si calava pesante sul corpo del mostro. Recise con una mossa la testa del non morto che volò via dal corpo, esplodendo come un tappo di bottiglia. Il taglio netto produsse il rumore appena percettibile di ossa spezzate e il sangue zampillò a fiotti. Evette e Damian si voltarono appena in tempo per vedere che la testa cadeva a terra e rotolava fino a cozzare contro una delle lapidi divelte dal terreno e corrose. Il tonfo che il corpo privo di vita produsse cadendo a terra li fece sobbalzare. Damian, compreso che il vampiro era stato eliminato, si piegò sulle ginocchia tenendosi una mano sullo stomaco. Evette, che non si decideva ancora ad abbassare le sue armi, incontrò lo sguardo accigliato e furibondo di Duncan.
«Vostro padre ora è stato vendicato.» parlò l'uomo senza alcuna emozione nella voce «Ma voi due principianti avete ancora molto da imparare. E non sono nemmeno certo che sopravviverete a lungo a una simile vita.»
Evette non rispose. Non riusciva ad articolare una frase. Il suo cuore batteva ancora così forte che sembrava aver invaso anche gli altri suoi organi vitali, sostituendoli. Damian si rialzò in piedi lentamente, conscio che l'uomo poteva avere ragione ma non per questo dissuaso dal fare un nuovo tentativo. Suo padre era stato un grande cacciatore di non morti. Con la dose giusta di coraggio e accortezza, forse poteva divenirlo anche lui.
«Samhain è la festa che loroprediligono tra tutte.» riprese a parlare Duncan, la mannaia ancora stretta nella mano dalla quale stillava del sangue «Fino all'alba possono ancora risorgere e infestare la città. Accadranno molte cose questa notte che non potremo evitare, altre invece alle quali possiamo trovare rimedio. Gli spiriti non riposano quieti in queste ore e...»
Il lungo sermone di Duncan venne interrotto dallo scricchiolio di un ramo spezzato, molto simile a quello che avevano udito i due ragazzi prima che il vampiro si palesasse.
Qualcosa si stava aggirando tra le tombe, puntando forse nella loro direzione. La caccia, a quanto sembrava e secondo quanto aveva detto Duncan, non era ancora finita. Evette strinse forte il suo paletto, Damian le strappò dalla mano il pugnale, sollevandolo quasi sopra la testa.
Quando la creatura sbucò da dietro una cripta, una donna questa volta abbigliata di un lungo vestito bianco come la sua pelle pallida e smorta, i due fratelli rincuorati dalla presenza del vecchio compagno di caccia di Lord Charles Anthony Burns, si tennero pronti ad affrontarla.
Damian ed Evette attaccarono, e di nuovo la quiete del cimitero venne intervallata da grida, grugniti infernali, colpi di lama, mentre il terreno si bagnava ancora una volta del diabolico sangue del mostro.
E la luna di quella notte di Samhain, fissava dall'alto.
 

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