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Sanità: la parola a Saitta sulla sua riforma

Creato il 04 febbraio 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Retrò Magazine ha intervistato l’Assessore alla Sanità della Regione Piemonte Antonio Saitta.

Con lui abbiamo analizzato a fondo la riforma della sanità, con un occhio di riguardo ai suoi capisaldi e alle sue criticità. In particolare, abbiamo parlato di riorganizzazione della rete ospedaliera, di assistenza territoriale, del ruolo dei medici di medicina generale e del nuovo metodo di selezione dei vertici delle Aziende sanitarie.

Di seguito il video integrale dell’intervista.

La sua riforma della sanità è da giorni al centro del dibattito politico. Nello specifico, la delibera sulla riorganizzazione della rete ospedaliera, che è stata approvata, è contestata da alcune Amministrazioni Locali e dalle forze di opposizione. Nonostante Lei abbia cercato di venire incontro alle principale istanze provenienti dai territori, ci saranno declassamenti e tagli di alcune strutture ospedaliere e un generale alleggerimento della rete d’emergenza. Perché questa riforma va difesa e quali sono i suoi capisaldi?

Innanzitutto è necessario fare chiarezza e ridimensionare alcune convinzioni che sono emerse in merito a queste contestazioni sulla rifoma della sanità. Solo Tortona ed Acqui Terme  hanno presentato ricorso al TAR, oltre ovviamente al M5S.

Risaliamo quindi alla motivazione per cui è stata emanata questa delibera. La Regione Piemonte è l’unica regione del centro nord ad avere i conti della Sanità in rosso; voglio cioè dire che spendiamo tanto e male, e che i nostri servizi non sono competitivi con quelli di regioni più diligenti. La Sanità piemontese è commissariato da Roma perché sprechiamo circa 400 milioni all’anno. E’ stato dunque necessario intraprendere immediatamente alcune iniziative gestionali di riduzione dei costi: appalti unificati, contenimento della spesa farmaceutica, centro unico di committenza.

Parallelamente abbiamo agito sulla rete ospedaliera, che l’ANS, e generalmente la letteratura scientifica, ci raccontano come eccessivamente frammentata. La nostra produzione ospedaliera è, su alcune discipline e in alcuni centri, troppo bassa. Insomma c’è il primario, a capo di una struttura, ma non ci sono i pazienti. Queste situazioni, oltre a produrre sprechi, sono un vero e proprio rischio per la salute dei cittadini, un rischio di mortalità. Come pensare di fare meno di 100 interventi all’anno in una struttura oncologica?

La delibera sulla riorganizzazione della rete ospedaliera non cerca altro che aumentare la produzione delle strutture ospedaliere e quindi aumentare la sicurezza dei pazienti. E’ manifesto che specializzazione e sicurezza siano proporzionali.

L’insostenibilità del sistema attuale è anche dimostrata dalla migrazione (che ci costa 300 milioni/anno) di molti piemontesi, che scelgono di farsi curare in regioni come la Lombardia, la Toscana o l’Emilia, perché ritengono la loro Sanità più efficiente e sicura.

In sostanza la mia riforma della sanità tiene conto dell’opinione dei cittadini. La rete ospedaliera non deve essere organizzata sulla base delle esigenze degli amministratori, ma delle esigenze e delle scelte dei cittadini.

Se la Sanità e tutte le sue riforme hanno sempre centralizzato la funzione dell’Ospedale, a fronte di un aumento medio della qualità e della quantità della vita dei piemontesi e sempre in una logica di contenimento dei costi, quanto e come deve ripensarsi il ruolo, sempre più strategico, dell’Assistenza territoriale in un’ottica di continuità assistenziale?

Questo è il grande tema dei sistemi sanitari in Occidente. Per fortuna la vita si è allungata e non è sempre indispensabile il ricovero ospedaliero. In ospedale si deve andare per l’intervento ed il tempo necessario ad una prima riabilitazione, e poi basta. La Toscana e altre regioni hanno rafforzato la rete territoriale: ambulatori, medici di base, case di cura primaria sono diventate autorevoli alternative agli Ospedali.

Assistenza territoriale e domiciliare devono diventare autorevoli, in modo tale da diventare affidabili per i cittadini. Conseguenze: maggior efficenza e sicurezza, più posti letto in ospedale, minor spese.

Un esempio? Il prof. Isaia, primario di Geriatria delle Molinette, ha istituito una piccola struttura: con uno Scudo i suoi medici raggiungono i pazienti anziani, che non possono deambulare, nelle loro abitazioni.

Se parliamo di Territorio parliamo inevitabilmente di medici e di medicina generale. Dalla loro collaborazione dipende in parte il buon esito della sua riforma. Come convincerli a fargli fare la loro parte, soprattutto in un’ottica di riduzione della spesa farmaceutica?

I medici svolgono un ruolo molto importante e lo devono svolgere sempre meglio. Il problema è che, forse anche a ragione, si sentono troppo impiegati, burocrati, “ricettari”. Bisogna invogliarli a “fare i medici” riducendo tutti gli adempimenti burocratici. Ricetta elettronica e fascicolo elettronico vanno in questa direzione.

Stiamo lavorando ad un’intesa perché i medici di base possano, magari mediante qualche supporto infermieristico, svolgere anche qualche attività più direttamente sanitaria, al fine di evitare la rottura tra medico che “lavora in ospedale” e medico “che scrive le ricette”.

Il medico di base dovrebbe prendersi cura del malato per evitare che sia sballottato da una parte all’altra del sistema, tra ambulatori, medici di basa, specialistici, ospedali…

E le Asl?

I Distretti, all’interno delle Asl, devono essere rafforzati perché tengono il rapporto con il territorio. Organizzano cioè un sistema territoriale adeguato alla domanda. Naturalmente se all’interno delle Asl mancano responsabili autorevoli che possano muoversi in questo senso, è chiaro che rimane tutto ospedalocentrico.

Per la prima volta la Regione Piemonte ha istituto un elenco “degli idonei alla nomina di direttore generale” per selezionare i futuri vertici delle aziende ospedaliere. Sembra essere un primo passo per depoliticizzare definitivamente questo tipo di nomine e premiare i competenti e i meritevoli. Il rischio, però, è che si tratti di un semplice specchietto per le allodole, di una copertura.

Questa scelta di procedura, fortemente voluta dal Presidente Chiamparino, parte dalla constatazione che le scelte fatte esclusivamente per appartenenza politica, amicizia o consenso non hanno portato da nessuna parte. Se la Sanità piemontese è in questa situazione, sicuramente parte della responsabilità è di questo tipo di scelte.

Abbiamo l’ambizione di voltare pagina: la selezione di cui parla è una selezione a livello nazionale, i partecipanti sono 250, a breve inizieranno i colloqui. Si arriverà a una rosa di nomi, all’interno della quale, mantenendo una certa discrezionalità, verranno nominati i nuovi dg.

Se non sceglieremo persone competenti, la mia intera riforma della sanità non potrà decollare. Si possono assumere tutte le delibere che si vogliono, ma se poi concretamente non abbiamo direttori capaci, non servono a niente.

Tags:Asl,Chiamparino,piemonte,Saitta,sanità

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