Le vignette di Vauro su Brescia ad Annozero
Il giorno dopo Anno Zero (22,48% di share, quasi sei milioni di spettatori) in diretta da via San Faustino ci si interroga su che immagine di Brescia sia uscita dalla trasmissione, che come tutte le trasmissioni tv e i collegamenti volanti, a maggior ragione una trasmissione a tesi come quella di Santoro, riesce a dare una idea solo parziale del caso che vuole rappresentare.
Che Brescia c'è sotto la gru? Una Brescia sempre meno tollerante come ha evocato Padre Toffari del segretariato migranti della Curia? Una Brescia sempre più solidale con la protesa, come ha spiegato Umberto Gobbi, esponente della sinistra antagonista e del comitato "Diritto per tutti"?
Sicuramente una Brescia stufa: stufa di non risposte, stufa del caos, stufa di essere messa in mezzo, stufa di chi ne approfitta per fare propaganda (dai docenti universitari in via San Faustino con il pugno alzato, a chi cerca visibilità sulla pelle dei migranti o, al contrario, spera che non dando risposte pur essendo al governo, lasciando che la situazione si incancrenisca, di far schizzare il totalizzatore del consenso elettorale alle stelle). Oltre 1200 bresciani hanno risposto ad un sondaggio lanciato da Bresciaoggi spiegando, nel 60% dei casi, che bisogna al più presto e con ogni mezzo ristabilire l'operatività del cantiere. Concludere che quello è solo razzismo è però riduttivo: avremmo forse trovato risultati diversi davanti ai Cobas latte che anni fa occupavano autostrade e assediavano aeroporti? In un paese dove persino un sucida sotto il treno diventa solo ed esclusivamente un oggetto di disturbo è lecito aspettarsi qualcosa di diverso? Io penso di no.
Nella trasmissione di Santoro, però, è uscito un dato che è incontrovertibile: ancora una volta l'Italia ha mostrato di non saper gestire un fenomeno ineludibile come l'effetto serra: l'immigrazione. Ha mostrato di averlo sempre trattato con i visceri e non con la testa. Dire, come ha fatto Italo Bocchino ieri da Santoro, che la clandestinità è criminogena è far finta di non sapere che la criminogenità si combatte sì stringendo le maglie sui clandestini, ma, sopratutto, e questa è una regola generale mai smentita, punendo chi commette reati (a prescindere dal colore della pelle) con processi rapidi e pene certe. Fare leggi come quella attuale sull'immgrazione è forse non pensare una cosa elementare: che una legge dovrebbe sopravvivere al governo che l'ha emanata. Forse ha ragione Mino Martinazzoli quando ricordando, nella sua autobiografia, i lavori parlamentari negli anni '70, osserva che ora "non c'è più una mediazione culturale adeguata, il che dà conto di una legislazione piuttosto casuale che sembra inseguire la contingenza invece di ragionare in termini di sviluppo storico". Ecco, in tema di immigrazione, l'Italia ha mostrato tutti i suoi limiti in questo senso. Cambierà qualcosa dopo la gru? Non credo, se le premesse sono, come si legge oggi sui giornali, il rimpallo delle responsabilità tra destra e sinistra sull'atteggiamento tenuto verso il fenomeno, scordando come ci hanno invece ricordato in molti in questi giorni, come il caos sia derivato da una legge fatta male e gestita peggio.
Gli immigrati sulla gru - si diceva ieri anche in tv - da lassù vedono un'Italia piccolina e una politica ancora più minuscola, incapace nei fatti di "contemperare esigenze diverse" come, a parole, qualcuno ha sempre sostenuto di voler fare. Abbiamo preferito la politica di Bava Beccaris a quella della mediazione, della soluzione condivisa. Ci siamo infilati in un culo di sacco dove ora ci si affida agli appelli di padri, madri e persino di Michele Santoro (addirittura qualcuno vaticinava ieri di una discesa in diretta tv) per far finire quella lunga agonia al capezzale di una "politica", nel senso nobile del termine, che non c'è. Nè a Brescia nè a Roma e i migranti sulla gru come quelli che lavorano in nero in fabbriche e cantieri lo stanno imparando a loro spese.
L'APPELLO A NAPOLITANO DEGLI IMMIGRATI
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