Ho sempre guardato i film in bianco e nero o i primi film a colori degli anni ’50 pensando a cosa mi sono persa in quel periodo, quando tutto sembrava estremamente perfetto; con gli anni ho capito di non essere figlia dei miei tempi.
Sara Forlini, in arte Miss Tu Mi Stufi, ha aperto la porta del suo laboratorio con una grande sorriso e con una particolarissima gonna a ruota che ondeggiava ad ogni suo minimo movimento; nell’aria risuonava un pezzo boogie di Billy Cradok e io mi aggiravo nel suo studio con movimenti quasi impercettibili come se non volessi far sfumare quell’atmosfera irreale; intanto Sara mi offriva un the agli agrumi nel servito inglese, quello buono, quello delle belle e grandi occasioni.
Con un guizzo di luce negli occhi mi racconta di quando tagliava i pigiami di La Perla di mamma per far sfilare le sue Barbie su una passerella improvvisata con le cassette della WaltDisney, di quando si faceva confezionare gli abitini negli atelier di Genova, affascinata da tutte quelle donne che le giravano intorno e con un metro le prendevano le misure.
Così ha deciso che nella vita avrebbe voluto solo fare una cosa: cucire, essere un’artigiana; era certa però di non voler essere una sarta qualunque, ma una in grado di farti riscoprire la magia di indossare abiti vintage su misura.
In effetti Sara non è figlia dei suoi anni; impersona le caratteristiche di quelle donne che vedi solo nelle copertine della rivista Elle di fine anni 40, quelle riviste che riesci a trovare solo nei mercatini dell’usato perché sono talmente rare da non trovarne ormai più in giro, da quegli stessi settimanali che le clienti le regalano perché non puoi non affezionarti a una persona così. Devo ammettere che, in un’ora di chiacchiere, mi sembra di conoscerla da una vita.
Mi spiega che nonostante molti abbiano dato un’impronta vintage alle proprie sartorie, c’è qualcosa che la differenzia dagli altri in modo ben definito: l’importanza che regala all’unicità del capo. Dice: “Sono certa di non aver mai proposto il solito abito, il solito modello a due persone; perché le persone sono tutte diverse e tutte hanno bisogno di qualcosa che le identifichi. Come era in fondo negli anni 50, quando le donne non erano vestite tutte uguali ma avevano abiti di sartoria, con linee similari; ogni capo era unico, studiato nel dettaglio per quelle specifiche forme; è questo che io amo fare, rendere irripetibile ogni mio capo e chi lo indossa.”
Presa dall’entusiasmo di trovarsi davanti a chi condivideva in pieno il suo pensiero, mi racconta anche del suo Workshop di taglio e cucito anni ’50, che ha avuto inizio quasi per caso ma per il quale adesso ha molte adesioni; si tratta di numerose lezioni di taglio e cucito in cui vengono realizzati particolari modelli di gonna, tubino ecc. “... per far sì che le mie conoscenze siano condivise e per dimostrare che ognuna di noi può creare!” Mi fa venire voglia di provare data la sicurezza con cui lo afferma.
E al termine ormai di una bellissima giornata, le chiedo cosa prova quando ha terminato un lavoro : “Lo devo proprio dire? Io non darei via niente ! E’ come quando vengono a fare le prove e dicono che l’abito lo metteranno con … per il giorno x e io penso … ok, quando sarà tuo … ma fino a quel momento lui sta qui con me…almeno fino a quando sarà finito; solo allora sarà il momento di lasciare il capo alla legittima proprietaria “.
“Sara… a cosa è dovuta la scelta di Miss Tu Mi Stufi?”
“Mi chiamava sempre mia mamma in quel modo, signorina tu mi stufi. E non potevo non chiamarmi così”
E in un attimo me la immagino bambina, con il ditino inquisitorio a bacchettare le madre per averle nascosto i pigiami della Perla in posti improbabili, mentre indossa una gonna a ruota improvvisata, con uno scampolo di stoffa. A presto signorina tu mi stufi.
Grazie Lisa per essere stata un’inviata davvero preziosa. Un occhio attento e coinvolto che ci ha permesso di essere lì con te e Sara.
A presto. Sa
♥♥♥
Dettagli:
Foto gentilmente concesse da Gennaro Pazienza.