Magazine Cucina
Considerando la natura della sottoscritta, predisposta da sempre ad essere soggiogata da passioni alterne e mutevoli, è pressoché un miracolo che allo scoccare dei 4 anni, questo spazio sia ancora qui ed io con lui, senza vergogna a raccontare storie.
Ultimamente ho l'impressione che questo blog sia sempre meno "cibo dipendente" e più "viaggio compulsivo", ma vero è che trovo difficile parlare di cibo senza raccontare dei luoghi in cui questo nasce.
Poi, diciamola tutta: spesso mi rendo conto come il mio lavoro condizioni tutta la mia vita e voi ne paghiate le spese.
Cosa si può pretendere da un'agente di viaggio, che per vivere cerca di vendere il bisogno di partire?
Non perderò tempo in inutili autocelebrazioni per questo ennesimo doppio compleanno. La trovo una delle robe più noiose ricorrenti sul web.
Desidero invece rimettere insieme le sensazioni di un viaggio che ho avuto la fortuna di fare proprio poco prima di Natale, insieme altri 15 amici blogger, nella Sardegna più sconosciuta.
Ospiti della Camera di Commercio di Cagliari e Nuoro, Oristano e Sassari, promotori dell'iniziativa, siamo sbarcati sull'isola senza sapere cosa aspettarci, e da quel momento la nostra idea di Sardegna non è stata più la stessa.
Pronunci la parola Sardegna e nella tua mente si apre l'immagine di spiagge caraibiche, insenature nascoste e seducenti come una donna in amore, ville fantasmagoriche, sfacciata vita notturna e panfili ormeggiati dietro casa.
Sardegna buen retiro dei Vip del Jet Set, e per una volta mi viene da dire: "che noia".
Ma, e i Sardi dove sono? E soprattutto chi sono?
Giunti a Cagliari in una giornata di sole dicembrino che sfiorava i 20°C, siamo partiti per il Sarrabus, una regione geografica nel sud-est dell'isola. Mai sentito parlare di Sarrabus?
Tranquilli, non siete i soli.
Questa parte di isola, dall'area piuttosto estesa, racchiude i quattro comuni di Castiadas, Muravera, Villaputzu e San Vito.
Tanto per risvegliare ricordi sopiti, forse avrete sentito parlare di Villasimius, rinomata località balneare dai lussuosi villaggi turistici. Purtroppo è una nota dolens, ma quando chiunque racconta quest'isola, lo fa attraverso le sue spiagge e non i suoi paesi.
Giuseppina, la nostra ospite, ci svela il paradosso di cui è prigioniera la sua terra. Tutti arrivano in Sardegna per il suo mare, ma il rapporto tra il mare ed il suo popolo è da sempre combattuto.
L'economia dell'isola tutta è primariamente agricola. Come dire: vivere su un'isola ed chiudersi alle spalle il mare. I sardi non sono navigatori che si sono lanciati alla conquista del mondo attraverso l'acqua. Pochi sono fuggiti per cercare fortuna altrove e l'isola è diventata "isolamento".
La terra è sempre stata generosa ed il mare con i suoi prodotti si è trasformato in risorsa economica soltanto negli ultimi 50/60 anni.
Quindi, pensateci bene quando tornerete in Sardegna e cercherete un ristorante di pesce convinti che se siete su un'isola dovete PER FORZA mangiare una frittura di paranza. Qui non è proprio così.
Ma per accontentare quelli come noi, che alla parola mare associano pescato, ci hanno pensato gli amici della Cooperativa Pescatori di Feraxi (da pronunciare Feraji). All'interno di una laguna dalla bellezza commovente nel comune di Muravera, da meno di un anno è stato aperto un Ittiturismo dove il pesce allevato viene servito freschissimo nei locali della Peschiera.
Lo chef Franco Solinas ha messo a dura prova i nostri appetiti con un carosello di piatti a dir poco incredibili, tutti realizzati con pescato del giorno e che ci hanno viste ripartire tramortite dalla qualità e quantità di quanto assaggiato.
Quello con Feraxi, è stato il primo e l'ultimo contatto con il mare vissuto durante questo viaggio. Assolutamente indimenticabile ovviamente, ma quasi un elemento "onirico" perché la Sardegna nei miei pensieri adesso ha ben altri colori ed orizzonti.
San Vito è il borgo che ci ha ospitato le prime due notti del nostro viaggio.
Vi racconterò con maggiore dettaglio di questo paese nel prossimo capitolo di questa avventura, perché adesso voglio soffermarmi sull'accoglienza che ci è stata fatta dalle persone di questo luogo.
Alcuni cittadini di S. Vito hanno visto bene di recuperare antiche abitazioni e trasformarle in una sorta di "albergo diffuso" (come va tanto di moda oggi), realizzando dei b&b di charme che collaborano attivamente l'uno con l'altro come vorrebbe la migliore delle strategie turistiche.
All'interno della romantica Casa Camboni, dove ho alloggiato, siamo state coinvolte in numerose attività in cucina, ma soprattutto non è mancata la convivialità intorno ad una bellissima tavola imbandita come nei migliori giorni di festa.
Osservare donne vivaci ed entusiaste raccontarci i piatti della tradizione con l'orgoglio che brilla negli occhi sorridenti, non ha assolutamente prezzo.
E' in questi momenti che mi sento assolutamente privilegiata e realizzo che aver aperto il blog è stato uno dei regali più belli che potessi farmi.
Anche alcune di noi sono state messe al lavoro...i nostri ospiti non sanno che per noi infilare le mani in pasta è una delle gioie più grandi (e l'espressione di Federica in photobombing è più che eloquente).
La casa è piena di donne, come doveva essere un secolo fa, e la sensazione è così familiare e confortante che penso di non avere più voglia di andarmene.
Mani che lavorano, braccia forti che mescolano, governano il fuoco, dita agili che ricamano pasta sfoglia come fosse un merletto, occhi accesi, sorrisi. Una serata meravigliosa
Ho difficoltà a darvi l'elenco di tutti gli incredibili piatti che ci sono stati presentati i questa prima cena di benvenuto. La stanchezza del viaggio, le emozioni e le tante persone incontrate hanno tirato un brutto scherzo a questa memoria vacillante.
Ma la sensazione più bella posso dire di averla provata la mattina dopo, durante la colazione, nel silenzio di un borgo addormentato e già baciato dal sole.
Scendere e trovare una tavola imbandita di tantissime cose buone mi ha ricordato la mattina di Natale da bambina. E credo che anche voi mi darete ragione.
Prima di lasciare la casa, ho passeggiato nel piccolo patio interno, circondato da piante sempreverdi e lì, timida e modesta, spiccava l'ultima rosa della stagione. Il migliore buongiorno di sempre.
E ADESSO vi lascio con la prima ricetta, quella di un dolce che ci ha fatte prigioniere appena arrivate. Una torta di casa scoperta a Feraxi e ritrovata a Casa Camboni e che per tutto il tempo trascorso nel Sarrabus ha costituito argomento di accesa conversazione (siamo malate, non ci si può fare nulla).
In primis questa incredibile Sapa.
Che non saprei come definire se non una sorta di caramello liquido ricavato dal succo di diversi frutti: esiste di fichi, di melagrana, di arancia ma credo anche di molti altri frutti. Tutte le donne di questo territorio la fanno in casa quindi non si può acquistare da nessuna parte.
Il procedimento per farla è banalissimo ma quando assaggi il risultato finale, sei afferrato dalla frenesia di metterti subito all'opera.
Con la Sapa, che è sorella della Saba romagnola o del vincotto pugliese, qui ci fanno una torta meravigliosa.
Io ho usato la ricetta di Casa Camboni e posso dire che è assolutamente perfetta.
La condivido davvero con gioia e spero che proverete a rifarla.
SAPA DI ARANCE
1 litro di spremuta di arance filtrata
700 g di zucchero semolato
Versare il succo di arancia in una casseruola dal fondo spesso ed aggiungere lo zucchero.
Mescolare bene quindi accendere la fiamma a fuoco molto dolce.
Far cuocere c.ca 1h30/2 ore senza mai alzare la fiamma e rimestando ogni tanto.
Si formerà costantemente una schiuma in superficie che dovrete rimuovere con una schiumarola.
La sapa sarà pronta quando avrà preso un colore caramello/rame e la consistenza sarà quella del miele.
Il punto di cottura è importante perché se si cuoce troppo a lungo diventa amara e si indurisce.
Tenete presente che una volta fredda la sapa tenderà comunque ad addensarsi.
Si conserva molto a lungo in vasetti di vetro ermetici.
E' stupenda su formaggi stagionati o ricotta freschissima.
Attenzione: crea dipendenza!
TORTA DI SAPA
Per uno stampo da 26/28 cm di diametro
600 g di farina 00
4 uova medie a temperatura ambiente
200 g di zucchero
300 g di sapa di arance
250 ml di olio extravergine (io ho usato Trevi DOP)
2 bicchieri di latte a temperatura ambiente
2 bustine di lievito
2 cucchiai di saporita (misto spezie tipico reperito in Sardegna)
la scorza grattugiata di 1 arancia ed 1 limone non trattati
Montate bene con la frusta elettrica le uova con lo zucchero, fino a che il composto non sia bello chiaro e voluminoso,(almeno una 10na di minuti).
Successivamente continuando a montare, aggiungete la sapa, l'olio, gli aromi e le scorze di agrumi.
Setacciate bene la farina con il lievito ed incorporatelo al composto in 3 tempi, alternandolo con il latte e terminando con la farina. Potete continuare ad usare la frusta o, a scelta, una spatola di gomma.
Imburrate e foderate una tortiera con carta da forno quindi versate il composto e fate cuocere in forno preriscaldato a 180°, per 45/50 minuti. Fate comunque la prova stecchino.
Togliete dal forno e fate raffreddare una decina di minuti, quindi versate la sapa sulla superficie del dolce e cospargetelo a piacere di confettini colorati.
Servite a temperatura ambiente.
Resta morbida per giorni se conservata coperta da pellicola o in una tortiera protetta dall'aria.
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