Evidentemente “liberatosi” dai legacci psicologici (e non solo) del ricco contratto editoriale che lo legava alla Mondadori, Roberto Saviano, ieri sera da Fabio Fazio, ci è parso un uomo rinato. Fino a qualche mese fa, infatti, non aveva mai preso di mira direttamente il presidente del consiglio pur criticandone pesantemente la politica, le idee, gli atteggiamenti, gli uomini, le donne, gli alleati. L’aria di “casa Fetrinelli” deve avergli fatto un gran bene visto che in alcuni momenti si è lasciato andare addirittura ad un sorriso. All’autore di Gomorra, fresco laureato honoris causa in giurisprudenza all’Università di Genova, non era proprio andata giù la dichiarazione di Marina Berlusconi che, oltre ad essere il suo editore, è anche la figlia del presidente del consiglio. Saviano aveva dedicato la laurea a Ilda Boccassini e ai suoi colleghi del tribunale di Milano, da sempre sotto attacco di Silvio e delle sue mezzeseghe pseudo-governative. La “core de papi” non se l’era sentita di lasciar solo il regale genitore e aveva reagito come peggio non avrebbe potuto, con un “Saviano mi fa orrore” che costrinse i “Gianni e Pinotto” dell’informazione di regime, Sallusti e Belpietro, ad iniziare la famigerata campagna di raccolte firme contro lo scrittore. Neppure i soldi guadagnati con Gomorra e La bellezza e l’inferno, avevano convinto la manager Marina ad essere meno aggressiva, e la conseguenza era stata che Saviano aveva iniziato a guardarsi intorno ritenendo ormai irrespirabile l’aria in Mondadori. L’approdo alla Feltrinelli, se non altro, ha raggiunto un duplice scopo: il primo è quello di una maggiore libertà autoriale, il secondo è legato alla possibilità di andare a presentare i suoi libri nelle librerie, cosa che in Mondadori non gli era evidentemente consentito; immaginate Saviano che parla male della politica di Berlusconi a casa di Berlusconi? Impensabile. Così, ieri sera, abbiamo avuto il piacere di sentire lo scrittore parlare di Silvio in prima persona, senza l’uso di sinonimi, di contrari, di eufemismi né di iperboli. E la frase più accomodante pronunciata è stata quella relativa alla “tristezza” che gli fa il trovarsi di fronte ad un “nonno solo” che cerca in tutti i modi di sopravvivere a se stesso. Pensiamoci un attimo. “Saviano mi fa orrore” potrebbe starci se uno è convinto che il proprio genitore sia un perseguitato politico inseguito dai segugi della procura di Milano. I figli, si sa, tendono a perdonare le malefatte dei padri e delle madri perché comunque il legame è profondissimo, e può anche starci che Marina (considerato anche quanto guadagna in un anno grazie al papà), ritenga Silvio l’uomo più onesto del mondo, ma far provare quasi “tenerezza”, una profonda “tristezza” ed essere considerato l’uomo più solo del mondo, deve rappresentare una sensazione devastante. Non a caso Saviano ha usato il termine “tristezza” che, lontano dall’essere sinonimo di “languore”, racchiude per intero il mondo del presidente del consiglio. Qui non si tratta di essere puritani o bacchettoni, si parla semplicemente di disgusto nei confronti di una persona che non accetta lo scorrere del tempo, che non si adatta alla propria età, che si ritiene un forever young per dono diabolico, anche se il buon Faust, alla fine della storia, l’anima a Mefistofele dovette consegnarla per forza. Le parole di Saviano, non a caso, sono state le stesse di Veronica Lario, donna-moglie che ha condiviso buona parte della sua vita con il protagonista della storia di Marlowe. Quello che ne viene fuori è il ritratto spietato di un uomo vecchio, malato, psicologicamente inadatto perfino a guidare la Fiat 500 di Marchionne, figuriamoci un governo. Un miliardario che paga gli uomini sapendo che è l’unico modo per assicurarsi la loro lealtà e le donne per sentirsi ancora Varenne (che anche se non corre più però tromba da dio). Ed è stato talmente furbo, Silvio, che si è circondato di mezzeseghe reali per emergere in assenza totale di uno spessore umano e culturale personale vero. Senza di lui cosa ne sarebbe stato di Bonaiuti, di Bondi, di Cicchitto, di Capezzone, di Alfano, di Schifani, di Gasparri, di La Russa, della Santanchè, forse della Minetti no perché una sua strada l’avrebbe comunque trovata, e dello stesso Fini prima che si incaponisse a diventare anche lui un leader? Probabilmente avrebbero spazzato il mare per tutta la vita incapaci perfino di adoperare una vanga, e invece Silvio ha regalato loro una posizione, uno stipendio, un quarto d’ora di celebrità. Il prezzo? Sempre l’anima. È dal 1590 che funziona così.
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Saviano: “Berlusconi? La tristezza di un nonno solo”
Creato il 07 marzo 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Evidentemente “liberatosi” dai legacci psicologici (e non solo) del ricco contratto editoriale che lo legava alla Mondadori, Roberto Saviano, ieri sera da Fabio Fazio, ci è parso un uomo rinato. Fino a qualche mese fa, infatti, non aveva mai preso di mira direttamente il presidente del consiglio pur criticandone pesantemente la politica, le idee, gli atteggiamenti, gli uomini, le donne, gli alleati. L’aria di “casa Fetrinelli” deve avergli fatto un gran bene visto che in alcuni momenti si è lasciato andare addirittura ad un sorriso. All’autore di Gomorra, fresco laureato honoris causa in giurisprudenza all’Università di Genova, non era proprio andata giù la dichiarazione di Marina Berlusconi che, oltre ad essere il suo editore, è anche la figlia del presidente del consiglio. Saviano aveva dedicato la laurea a Ilda Boccassini e ai suoi colleghi del tribunale di Milano, da sempre sotto attacco di Silvio e delle sue mezzeseghe pseudo-governative. La “core de papi” non se l’era sentita di lasciar solo il regale genitore e aveva reagito come peggio non avrebbe potuto, con un “Saviano mi fa orrore” che costrinse i “Gianni e Pinotto” dell’informazione di regime, Sallusti e Belpietro, ad iniziare la famigerata campagna di raccolte firme contro lo scrittore. Neppure i soldi guadagnati con Gomorra e La bellezza e l’inferno, avevano convinto la manager Marina ad essere meno aggressiva, e la conseguenza era stata che Saviano aveva iniziato a guardarsi intorno ritenendo ormai irrespirabile l’aria in Mondadori. L’approdo alla Feltrinelli, se non altro, ha raggiunto un duplice scopo: il primo è quello di una maggiore libertà autoriale, il secondo è legato alla possibilità di andare a presentare i suoi libri nelle librerie, cosa che in Mondadori non gli era evidentemente consentito; immaginate Saviano che parla male della politica di Berlusconi a casa di Berlusconi? Impensabile. Così, ieri sera, abbiamo avuto il piacere di sentire lo scrittore parlare di Silvio in prima persona, senza l’uso di sinonimi, di contrari, di eufemismi né di iperboli. E la frase più accomodante pronunciata è stata quella relativa alla “tristezza” che gli fa il trovarsi di fronte ad un “nonno solo” che cerca in tutti i modi di sopravvivere a se stesso. Pensiamoci un attimo. “Saviano mi fa orrore” potrebbe starci se uno è convinto che il proprio genitore sia un perseguitato politico inseguito dai segugi della procura di Milano. I figli, si sa, tendono a perdonare le malefatte dei padri e delle madri perché comunque il legame è profondissimo, e può anche starci che Marina (considerato anche quanto guadagna in un anno grazie al papà), ritenga Silvio l’uomo più onesto del mondo, ma far provare quasi “tenerezza”, una profonda “tristezza” ed essere considerato l’uomo più solo del mondo, deve rappresentare una sensazione devastante. Non a caso Saviano ha usato il termine “tristezza” che, lontano dall’essere sinonimo di “languore”, racchiude per intero il mondo del presidente del consiglio. Qui non si tratta di essere puritani o bacchettoni, si parla semplicemente di disgusto nei confronti di una persona che non accetta lo scorrere del tempo, che non si adatta alla propria età, che si ritiene un forever young per dono diabolico, anche se il buon Faust, alla fine della storia, l’anima a Mefistofele dovette consegnarla per forza. Le parole di Saviano, non a caso, sono state le stesse di Veronica Lario, donna-moglie che ha condiviso buona parte della sua vita con il protagonista della storia di Marlowe. Quello che ne viene fuori è il ritratto spietato di un uomo vecchio, malato, psicologicamente inadatto perfino a guidare la Fiat 500 di Marchionne, figuriamoci un governo. Un miliardario che paga gli uomini sapendo che è l’unico modo per assicurarsi la loro lealtà e le donne per sentirsi ancora Varenne (che anche se non corre più però tromba da dio). Ed è stato talmente furbo, Silvio, che si è circondato di mezzeseghe reali per emergere in assenza totale di uno spessore umano e culturale personale vero. Senza di lui cosa ne sarebbe stato di Bonaiuti, di Bondi, di Cicchitto, di Capezzone, di Alfano, di Schifani, di Gasparri, di La Russa, della Santanchè, forse della Minetti no perché una sua strada l’avrebbe comunque trovata, e dello stesso Fini prima che si incaponisse a diventare anche lui un leader? Probabilmente avrebbero spazzato il mare per tutta la vita incapaci perfino di adoperare una vanga, e invece Silvio ha regalato loro una posizione, uno stipendio, un quarto d’ora di celebrità. Il prezzo? Sempre l’anima. È dal 1590 che funziona così.
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