Magazine Cinema
di Giacomo Durzi, Giovanni Fasanella
con Vittorio Dotti, Giovanni Pillitteri, Cirino Pomicino
Italia 2012
durata, 74
Ogni paese si porta dietro i suoi fardelli. Non è la prima volta che accade e non sarà l'ultima, se è vero che la storia è fatta di ricorsi. Così se in America l'11 settembre è stato lo spartiacque che ha cambiato la consapevolezza di quella nazione, ed una come Kathryn Bigelow con il suo "Zero Dark Thirty"(2013) è solo l'ultima arrivata tra quelli che tentano di svegliare le coscienze di un paese che fa finta di non capire, in Italia, fatte le debite differenze, il peso di tutti i mali, e di conseguenza il processo salvifico sembra non poter prescindere dall'analisi, e dalla comprensione del "ventennio berlusconiano", terminale e complice della disfatta politica, culturale, sociale ed economica del nostro paese; uno tsunami a cui gli osservatori, a torto o a ragione, attribuiscono da tempo la chiave di lettura per interpretare la derive del sistema, ed insieme, capire chi siamo diventati. E cosi, proprio nei giorni in cui il caimano, con l'imminente chiamata alle urne, è impegnato a smentire chi lo vuole definitivamente tramontato, arriva nelle sale - si fa per dire perché il film è stato distribuito con un esiguo numero di copie - "S.B. Io lo conoscevo bene" di Giacomo Durzi e Giovanni Fasanella, testimonianza filmata di un'ascesa al potere ricostruita da chi, sotto varie vesti e con diverse funzioni ha condiviso parte di quel percorso, per poi allontanarsene, deluso, oppure accantonato. Vittorio Dotti, Paolo Pillitteri, Cirino Pomicino, Paolo Guzzanti, Giuliano Ferrara e Gabriella Carlucci sono solo alcuni dei nomi che si alternano davanti alle telecamere per raccontare "la grande impresa" dell'uomo più discusso d'Italia, cominciata agli inizi degli anni 80, con la creazione del più grande polo televisivo ed editoriale, e poi nel decennio successivo, dopo la vicenda di "mani pulite", proseguita con l'entrata in politica e la fondazione del partito di Forza Italia.
Consapevoli che la fine sia ancora da scrivere - a dirlo ci sono gli inserti di finzione, ed un attore filmato davanti ai luoghi del potere con indosso la maschera di Berlusconi congelata su un sorriso che sa di sfida, ed insieme di immarcescibile immanenza - e che molto sia stato già raccontato, Durzi e Fasanella costruiscono il loro reportage su un contrasto evidente: da una parte la figura del cavaliere giovane e vincente, osannato dalle folle catodiche, ed omaggiato da un potere ( Cossiga e l'avvocato Agnelli in una riunione congiunta) che lo blandisce fino a chiedergli di candidarsi per salvare il paese dal Pd di Achille Occhetto, dall'altra le parole e soprattutto i pensieri di quelli che lo conoscevano bene, equilibrate nell'esposizione ma determinate a far emergere la delusione di una promessa mancata. Accanto al super ego impegnato a promuovere se stesso e le proprie aziende, c'è la scaltrezza di chi gode d'amicizie politiche che lo aiutano quando serve, e che perde la testa insieme al governo del paese per il desiderio di essere ancora uomo ( ad affermarlo lo "psicologo" Cirino Pomicino che attribuisce ad un intervento alla prostata le cause della crescente satiriasi). Alcune affermazioni come quella di non riconoscere allo statista nessuna lungimiranza istituzionale, così come nessun segno di un vero ideale politico sono destinate a rimanere scolpite. A questo proposito appare grottesca la selezione dei candidati del partito, scelti con i parametri di un casting televisivo, e quindi giudicati solamente in termini di appeal e di scaltrezza mediatica. Se "S.B. Io lo conoscevo bene" ha il coraggio di affrontare un tema scottante e complicato, c'è da dire che rispetto alla fenomenologia preesistente il suo peso è quasi nullo. Paragonato alla vulgata che nulla ha risparmiato in termini di verità ed illazioni, fatti accertati e teorie da dimostrare il film di Durzi e Fasanella esibisce un ritratto di ragionevole verosimiglianza che però, tenendo conto della confidenzialità annunciata dal titolo, non riesce ad oltrepassare la soglia del visibile e del già conosciuto. Evitando di far luce sulle origini di una fortuna personale su cui si è molto discusso, omettendo di entrare nelle questioni che riguardano eventuali collusioni con ambienti malavitosi, ed infine, relegando a minorità aneddotica i riferimenti al periodo del cosiddetto "bunga bunga", il leader del PDL, e con esso il suo profilo morale e psicologico ne escono se non riabilitati, almeno compresi, per essere stati, in fondo, il frutto inevitabile del tempo presente. "Meglio di così non si puo fare" sembrano dirci quasi sottovoce gli autori del film, rilanciando dopo Moretti ("Il caimano", 2006) e Sorrentino ("Il divo"2008) i limiti di una ricognizione che si confronta con un Moloch (il potere politico) impenetrabile. La possibilità di capirlo fino in fondo e di spiegarne le ragioni è costretta a desistere per trasformarsi in una circumnavigazione dalla quale il cinema "politico" non riesce ad uscire. Per ora.
(pubblicato su ondacinema.it)
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