Magazine Asia
Hitoshi Matsumoto
Giappone, 2010
Il samurai Nomi Kanjuro, dopo la morte della moglie e la perdita della spada, è in fuga dai cacciatori di taglie con la figlia Tae, bambina determinatissima e degna figlia di un guerriero. Dopo essere stato catturato, Nomi è condannato a compiere il suicidio rituale se non riuscirà entro trenta giorni a far ridere il figlio del governatore locale, inconsolabile per la morte della madre.
Solitamente consiglio o meno i film che vedo in base ai gusti personali di chi legge, ma in questo caso fatevi un favore e recuperate questa perla, indubbiamente una delle più interessanti produzioni nipponiche degli ultimi anni.
Il regista, Hitoshi Matsumoto, è una sorta di "nuovo Kitano": come il grande Beat Takeshi ha iniziato la sua carriera in televisione, passando poi con successo al cinema.
Scabbard Samurai è il suo terzo lungometraggio e mostra un'abilità rara dietro alla macchina da presa, accompagnata da una fotografia eccellente e da attori notevoli.
Dati tecnici a parte, è la forza emotiva di questo film a farne una visione imperdibile. Saya Zamurai è fatto di contrasti netti, di ilarità allo stato puro che si scontra con il più cupo melodramma, di gag demenziali che fanno da contraltare alla tragedia della morte.
Il protagonista impiega tutte le sue risorse per evitare la condanna al seppuku, sfida il ridicolo e attinge al pozzo delle tradizionali arti performative del Sol Levante, si cimenta persino in numeri da circo, supportato dalla figlia e da due guardie che lo prendono in simpatia.
Il valore della vita e degli affetti vengono svelati poco a poco, le performance dello sgangherato samurai aprono gli occhi e il cuore di chi vi assiste, ma il suo animo di guerriero non perde di vista l'importanza dell'onore, il vero senso del bushidō. La perdita accomuna l'uomo senza spada e il ragazzino senza sorriso, ma non tutte le perdite sono uguali e non da tutte ci si può riprendere.
Tutti gli attori fanno un lavoro ottimo nel caratterizzare i loro personaggi, ma il protagonista Takaaki Nomi e la piccola, straordinaria Sea Kumada meritano un plauso speciale per la maniera sublime in cui danno vita a figure sfaccettate, solo apparentemente immobili, intimamente scosse da sentimenti e impulsi opposti.
Spaziando dalla commedia al chanbara, inserendo nel contesto di un genere tradizionale elementi al limite del surreale, Matsumoto riesce a non strafare e il risultato è un'opera completa durante la quale si ride e si piange, ci si riempie gli occhi, si capisce davvero cosa sia il bel cinema.
Voto: 8½
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