Venditrice ambulante di fiori. Forse la più famosa fu Angelina, amica di Roberto Bracco, di Di Giacomo, di Ferdinando Russo. Bellissima, girava orgogliosa con il suo canestro di rose e di spine. Fu corteggiata da tutti i gagà di via Toledo. Quando morì, consumata dalla sifilide, si scoprì che i suoi magnifici capelli erano una parrucca.
Le “sciurare” si appostavano sul marciapiede delle strade eleganti, all’entrata dei teatri, nei luoghi del passeggio delle coppiette. Lanciavano il richiamo: «Campanielle! Margaretelle! Viole belle! Viole belle!». Maggio era il mese dei buoni affari. Durante le celebrazioni religiose e le processioni, i cesti delle profumate girovaghe venivano colmati di petali di rosa, da far cadere in pioggia pia sulle statue dei santi e delle madonne.
Il mestiere non si è estinto del tutto, ma è diventato prevalentemente maschile. Qualche tempo fa ai semafori ragazzi senza lavoro, molti provenienti dalle sponde africane, si arrangiano offrendo agli automobilisti galanti, oltre ai fazzoletti di carta, piccole rose cellophanate. In via Caracciolo, invece, era frequente la comparsa di un elegante signore di mezza età, in giacca scura e cravatta. Impugnava fiori, raccolti il largo fascio, che consegnava con un complimento ai fidanzati e agli sposi ottimisti in cambio di “un’offerta a piacere”. Ma se l’offerta era bassa, il piacere poteva diventare imprecazione. Oggi il “business” è quasi tutto nella mani dei ragazzi cingalesi, sempre sorridenti devo dire.
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