Gennaro De Tommaso, meglio conosciuto come Genny ‘a carogna, è oramai divenuto un fenomeno mediatico. Giovani, anziani, donne e uomini di mezz’età, bambini di tutte le età e taglia, cani, gatti e perfino i più disinteressati all’attualità conoscono Genny ‘a carogna. Ma perché è tutto ad un tratto divenuto così popolare? Siamo sicuri che, se si fosse limitato a porre sulla sua maglietta “Speziale libero”, avrebbe scatenato così tanto scalpore? Il suo soprannome ha influito lievemente o è stato proprio quest’ultimo a provocare così tanto clamore?
I media sono delle termiti: non appena annusano o captano le potenzialità di una notizia, si avventano come degli avvoltoi su di essa, la sfruttano, la rilanciano centinaia e centinaia di volte, molto spesso la manipolano, la collegano o la accostano a fatti, episodi e realtà totalmente estranei alla vicenda. Insomma, fin quando il piatto è ancora caldo, banchettano e si strafogano a più non posso, solo e soltanto quando la “preda” è ossificata e totalmente prosciugata, da buoni predatori, abbandonano la carcassa.
Genny a’ carogna era una “preda” troppo succulenta da farsi scappare. I media ci hanno sguazzato e continuano a sguazzarci. Di Genny conosciamo praticamente tutto: sappiamo chi sia, si è fatto luce sui suoi presunti legami e, infine, si è congetturato su che cosa stesse confabulando con le forze dell’ordine durante la finale di Cappa Italia. Il fenomeno Genny, spinto con forza da giornali, emittenti televisive e radiofoniche, ha scatenato indignazione e al contempo satira. Per molti Genny a’ carogna non è altro che un segno, una palese dimostrazione della malagestione statale e amministrativa del nostro paese.
Questo pensiero molto diffuso ha, per così dire, obbligato i rappresentanti di ogni forza politica a prendere una netta posizione su questa questione. Il ministro degli Interni, Angelino Alfano, si è detto disgustato e ha minacciato di estendere la sanzione a chiunque indossi la maglietta a favore del tifoso condannato per l’omicidio dell’ispettore Raciti.
Genny ‘a carogna, parliamoci chiaro, era una pedina sacrificabile. Ha incassato un Daspo di 5 anni esclusivamente per calmare le acque e per placare gli animi. Non voglio di certo fare l’avvocato del diavolo, ma rivendico la libertà di pensiero e di parola di Genny ‘a carogna. Ci tengo a precisare che non condivido assolutamente l’opinione di Gennaro De Tommaso in merito all’omicidio dell’ispettore Raciti, ma la rispetto comunque. L’Art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 è molto chiaro: “Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”.
Quel che ha fatto Genny ‘a carogna non è poi molto differente da quel che accade in Parlamento. Nell’ultimo periodo, la Lega e soprattutto i 5 stelle ci hanno abituato ad atti eclatanti e molto spesso prepotenti. Manette, pesci freschi, cartelloni, scritte provocatorie e quant’altro hanno animato le discussioni parlamentari. Il tutto, la maggior parte delle volte, è rimasto letteralmente impunito. I parlamentari a 5 stelle, proprio come Genny, in molte occasioni hanno espresso un loro personale punto di vista in contrasto non solo con le autorità ma anche con la realtà dei fatti. Penso ai 98 miliardi evasi della slot machine e il regalo del 416 ter alla mafia, tutte balle spacciate per questioni sociali e politiche che ledevano e diffamavano il buon operato della classe politica. Detto questo mi chiedo: Se è stato Daspo per Genny, perché no per i 5 stelle?