Se la pelle è naturale

Creato il 04 maggio 2012 da Ubiquechic





Ahi, quella scarpa.
Vero che il fondo della scarpa le premeva sul tallone, ma era quella adatta. Oh se era adatta. Strideva sul selciato, un 37 scarso quale ago di compasso di tutta la sua esilità. Era cuoio colore della terra, quella scarpa, usurata a occhio e polpastrello sulle pieghe dei passi, e all'interno il movimento era fluido, era il suo, l'aveva modellato nel castigo della sua stessa morsa.

Ahi, quella piazza.

Sanpietrini che Marianna aveva contato uno ad uno con la cartella sulle spalle trent'anni prima, stampati sulle ginocchia con la bicicletta offesa a terra poco più tardi, contenitori inconsapevoli di biancastro riso sul lato della basilica in quel sabato di fiori e maggio, attraversato con fardelli di blocchi di marmoreo latte da lì in avanti.

Ahi, quella musica.

La musica l'aveva sempre salvata, accompagnata, boicottata e Marianna ne ascoltava intere enciclopedie, di proibitive e sempre colpevoli note. Volume per capelli piatti, domati dalla nascita in quel liscio naturale che avrebbe tanto voluto essere riccioluto tango, e per orecchie sottili e troppo attaccate al collo, quasi che l'essere smilze implicasse un filtro uditivo genetico.
Ahi, quel ritmo.
Armonia tra corpo e mente, abbandono di muscoli, associazioni e legamenti, panacea di contrasti, esplosione inconscia e primigenia.
Ahi, quella luna.
Nemmeno quel Dio sapeva quanto subisse l'attrazione fioca, apparentemente fredda della grande sorella bianca. Luce furba, sempre pensava, che placa solo animi già di loro dormienti, e scatena subdolamente viscere insabbiate e predestinate alla rivoluzione.
Ahi, quell'afa.
Caldo scirocco, picchio sulle tempie, mela marcia di follia, avvoltoio di ulteriore fieri nella danza, che più ne hai e più ne vorresti, che aizza fame, sete e vuole grondare, sgravare, trasudare sali minerali e minerali imposizioni.
Ahi, quell'Antonio.
Come scuotevano il capo, Antonio e quel paese di sanpietrini a far finta di non mirarlo in compassionevole e per nulla silenzioso silenzio.
Ahi, quella Marianna in quella sera.
Marianna baccante, Marianna infernale che gli occhi temono e godono, armoniosa, indifferente, cattiva, faziosa, avara, ribelle.
Risucchiata dalla piazza, indossata dalla scarpa, vinta dalla musica, sedotta dall'antichissimo battito, con afa di colla nel palmo destro e luna beffarda nel sinistro...
...mai più Marianna posò su Antonio quello sguardo che sfidava, sfiorava, sfibrava e tra le ciglia sussurrava "O mammà come se fa? Ce dicono de vive da morti e poi resuscità".
(Verso di chiusura tratto da: "Serenata Lacrimosa", Alessandro Mannarino)


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