Magazine Diario personale

Se non hai più niente da dire, non dire

Creato il 31 gennaio 2015 da Zioscriba
SE NON HAI PIÙ NIENTE DA DIRE, NON DIRE



Michel Houellebecq
Sottomissione
Traduzione di Vincenzo Vega
Voto: 6
Deprimente elogio della sottomissione: della donna all’uomo, e dell’uomo alla sordida piovra teocratica per ottenere in cambio privilegi, appoggi mafiosi, promesse ultraterrene e tanta, tantissima gnocca terrena. Il tutto detto in forma profetica, ma pretenziosa e squallida: il teorema di partenza è che l’uomo occidentale è (sarebbe) stanco della Libertà, e che l’Illuminismo sia definitivamente morto (e su questo purtroppo rischia di aver ragione). L’autore, inaridito e stanco, senza più nulla da dire, sembra aver fatto ricorso per scrivere questo libro agli appunti di scarto del precedente, La carta e il territorio: tante strade, alberghi, ristoranti, luoghi sacri, nomi di bevande, nomi di pietanze – lo si potrebbe usare come guida per programmare una bella settimana spiritual-gastronomica fra Parigi e la campagna francese. 
No, anche se ho sempre amato e forse sopravvalutato questo scrittore, stavolta il voto 9 possiamo non solo scordarcelo, ma tranquillamente capovolgerlo in un 6 di (decrescente) stima. Sottomissione è proprio un sottoromanzo. Arrivato, con un certo sconcerto, alla fine, i miei tratti di matita a margine segnalano sei-pagine-sei con spunti che per diversi motivi potremmo definire “da scrittore purosangue”: 38, 45, 83, 97, 131, 174. (Non potete nemmeno giocarveli al lotto, gli ultimi tre sono troppo alti…) Più un buon paio di belle descrizioni lirico-paesaggistiche (nuvole, più che altro). Bottino miserello, direi. A un certo punto mi è pure scappato da ridere, ripensando a un mio pezzo ironico contro i corsi di scrittura, in cui fingevo di suggerire a scrittorelli stercorari alle prime (e ultime) armi di inserire nel racconto un bel party della mia minc***: ebbene, in questo romanzo ce ne sono addirittura TRE! (Anche se giustificati, va detto, dal dover mettere in scena l’ambientino accademico: come fai a far interagire tutte queste pompose marionette, se non gli organizzi dei bei ricevimenti alla Sorbona petrodollarizzata?)Come detto, il nostro amico non si sottrae alla moda dilagante di elencare cibi e liquori per riempire le pagine, e ogni tanto ci aggiunge qualche noioso amplesso (preferibilmente anale, ma rigorosamente etero – ho già parlato altrove dei cliché omofobi ricoperti di muffa che ristagnano in questo libro) descritto peggio che sui giornaletti porno di quand’ero ragazzino.E la parte fantapolitica è stimolante ma puerile, facilona direi.
In compenso, a pagina 178 abbiamo un triplo trionfo di imbarazzanti banalità , che da sole potrebbero rappresentare la pochezza del romanzo: “mi ci sarebbe voluta una donna” (CHE DUE COGLIONI!) “attacchi di emorroidi estremamente violenti” (NO COMMENT) e “superai senza eccessiva disperazione il periodo delle festività” (qui sembra mia nonna, ancora ‘sto ritrito luogo comune della disperazione dei solitari sotto le feste! – CHE DUE MARONI!)E a pagina 233 (poco dopo aver definito Gesù come “personalità decadente e marginale” e come “insipido rampollo”) ecco il trionfo del più putrido cazzismo macaco-maschilista e fascioreligioso, davanti a cui il protagonista pare inginocchiarsi un po’ per dabbenaggine, un po’ per grettezza, un po’ perché allettato da questo convertirsi per avere in cambio più fica: “la necessaria sottomissione della donna”, “il ritorno al patriarcato”, e infine questa perla reazionaria andata a male: “A furia di moine, smancerie e vergognosi strofinamenti dei progressisti, la chiesa cattolica era divenuta incapace di opporsi alla decadenza dei costumi. Di rifiutare decisamente ed energicamente il matrimonio omosessuale, il diritto all’aborto e il lavoro delle donne. Bisognava arrendersi all’evidenza: giunta a un livello di decomposizione ripugnante, l’Europa occidentale non era più in grado di salvare se stessa…” Parole che paion quasi putiniane, e si commentano da sole. Chiedo scusa a me stesso. Per aver sottomesso il mio prezioso tempo a queste pagine mediocri.
Per fortuna ho potuto consolarmi stragodendomi Angeli a pezzi, di Dan Fante, il figlio di John. Voto 9+. Lui sì aveva qualcosa da dire. Che slurperìa! Parole come tuoni caramellati! Mi sto ancora leccando i baffi dell’anima, e asciugando le lacrime! È la prima volta che chiudo una recensione consigliando al volo e a sorpresa un altro libro, ma non potevo lasciarvi così, con l’amaro in bocca, e senza un buon romanzo da leggere.

SE NON HAI PIÙ NIENTE DA DIRE, NON DIRE

non fatemi incazzare
e leggete QUESTO!
Parola di Scriba.



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