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Se Sparta piange, Atene sorride

Creato il 19 gennaio 2012 da Basketcaffe @basketcaffe

Che Boston Celtics e San Antonio Spurs siano due squadre ormai “alla frutta” è un concetto ben espresso più o meno da tutti gli appassionati di basket NBA. Squadre invecchiate, risultati altalenanti e brutte figure o quasi ai Playoff sono gli argomenti preferiti che i supporter delle nuove franchigie “di grido” (come Thunder, Heat o Pacers) amano snocciolare in questo periodo della stagione NBA, caratterizzata dalla consacrazione delle squadre improponibili di qualche anno fa e dalla “rimozione forzata” dal trono delle grandi squadre che, dopo aver nobilitato i propri parquet con grandi risultati ed i migliori giocatori dell’intera lega, debbono (in fretta) preparare gli scatoloni perchè c’è da ripartire con un nuovo progetto, vincente si spera.

Celtics e Spurs condividono gran parte delle critiche che vengono mosse alla squadra e al progetto sportivo in sè, ma con una particolarità: San Antonio ha un record nettamente vincente (10W-5L) mentre Boston nettamente negativo (5W-8L).
In più i neroargento hanno vinto tutte 9 le gare in casa affrontando squadre in buona/ottima forma (Dallas, Utah, Denver, Clippers) e ha perso in trasferta contro Minnesota, Oklahoma e Milwaukee, oltre che recentemente con Miami.
Considerando la bontà dei roster avversari contro la quale San Antonio ha vinto sembra evidente che gran parte dei problemi che la truppa di coach Popovich ha è sopratutto in trasferta, quindi rimane da verificare se il vero problema stia nella gestione delle energie (fisiche e mentali) quando si lascia l’At&T Center. Di certo l’età conta, e soprattutto quella dei suoi leader maximi ovvero Duncan e Ginobili, oltre al chilometraggio di Parker.

Se Sparta piange, Atene sorride
La dirigenza però non è mai stata con le mani in mano in queste stagioni aggiungendo sempre pezzi giovani e interessanti (pescandoli in posizioni disagiate del draft o dal mercato sommerso) per formare un gruppo anche in ottica futura: Blair, Neal e Kawhi Leonard sono tre di questi esempi.

Se quindi San Antonio almeno per il momento “tiene botta” recitando la parte dell’Atene moderatamente sorridente, la triste interpretazione della Sparta piangente va di diritto ai Boston Celtics.
E non potrebbe essere altrimenti: le 5 vittorie che i Celtics hanno ottenuto sono merito degli incontri (per nulla proibitivi) contro Detroit, Washington (due volte), New Jersey e Toronto. Le otto sconfitte guadagnate portano invece la firma, in ordine sparso, di Indiana (2 volte!), Miami, New Orleans, Dallas, Chicago e Oklahoma City; la situazione per Boston è quindi quanto mai critica.

I Celtics a malapena arrivano a 90 punti segnati a partita (26esimi in NBA), e ne subiscono 91, indice di una squadra che produce e realizza poco, giocando con un ritmo veramente basso. Manca una presenza forte sotto le plance sopratutto in difesa (Bass ha bisogno di un pò di tempo per esprimersi al meglio e Jermaine O’Neal è molto simile ad un ex-giocatore) e dei validi ricambi dalla panchina in grado di portare punti (i quasi ex “big three” e Rondo non possono bastare), atletismo e corsa.
Ray Allen nonostante i 36 anni è il miglior marcatore con 15.6 punti e un impressionante 55.9% da tre! Ma dietro di lui Pierce (14.9 e 38.7% dal campo) e Garnett (13.5 ma su una gamba sola) stanno avendo la loro peggior stagione in carriera; l’età media di chi gioca un discreto numero di minuti, infine, è paurosamente vicino ai 30… Decisamente troppo per poter reggere i ritmi NBA imposti da questa stagione accorciata, tanto che nelle ultime ore sono apparsi dei rumors che vorrebbero il GM Ainge aperto ad ascoltare delle proposte per i suoi tre “vecchietti” in cambio di qualche giovane di buone speranze.


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