Séamus Heaney
Séamus Heaney (1939 – 2013) era l’Irlanda. E’ l’Irlanda, perché i poeti non cessando di essere quando si conclude il loro passaggio sulla terra. Per chi li conosceva soltanto dalle loro parole, la loro voce seguita a parlare con la stessa chiarezza, e forse anche con forza maggiore. Heaney è stato un poeta civile, perché un irlandese non può prescindere, nella ricerca della propria identità, dalla storia sanguinosa della sua terra, ma la sua poesia attinge profusamente anche dalla tradizione e dal mito, perché un irlandese non dimentica mai che la storia è mito e che ogni irlandese è figlio di quel mito.
Nel 1966, Seamus Heaney pubblica la sua prima raccolta, Death of a Naturalist, che segna il passaggio dalla giovinezza all’età adulta, alla consapevolezza della sua scelta di essere uno scrittore. La prima poesia di quella raccolta è Digging. Le sue radici, lo scopo della sua vita, il senso della sua poesia, sono tutti già presenti e chiari nella sua mente. La penna è un’arma, un grimaldello, uno strumento con cui scavare per trovare “la buona torba”, come suo padre scavava la terra per le patate e suo nonno le torbiere. Per dissotterrare la verità più profonda dell’essere uomo. Quella che gli antichi Celti chiamavano “la verità di un uomo”. E ho scelto una sua foto che risale a circa quel periodo.
Il solo modo che ho per ringraziarlo di quello che ha significato per me e per moltissimi altri, è di tradurla.
SCAVANDO
1966
Tra il mio indice e il pollice
La penna s’accovaccia; a proprio agio come una pistola.
Sotto la mia finestra un netto suono stridulo
Quando la vanga affonda nel terreno ghiaioso:
Mio padre sta scavando. Guardo giù
Finché la sua groppa tesa piegata fra le aiuole
Riemerge indietro di vent’anni
China ritmicamente su solchi di patate
Lì dove le piantava.
Il ruvido scarpone annidato sul fulcro, il manico
Contro l’interno del ginocchio che gli faceva da robusta leva.
Sradicava le cime, affondando con forza la lama lucida
Per sparpagliare le patate nuove che noi raccoglievamo
Amando quella fresca saldezza tra le mani.
Per Dio, la vanga il vecchio la sapeva usare,
Proprio come il suo vecchio.
Mio nonno poteva tagliare più torba in un sol giorno
Di chiunque altro nella torbiera di Toner.
Una volta gli portai una bottiglia di latte
Malamente tappata con della carta. Si drizzò
Per bere, subito poi tornò a darci dentro
Incidendo e tagliando in modo netto, lanciandosi
Le zolle alle spalle, scavando sempre più a fondo
Per la buona torba. Scavando.
L’odore freddo di patate muffite, lo schiocco poltiglioso
Della torba bagnata, le nette recisioni di una lama
Attraverso radici vive mi tornano alla mente.
Ma non io non possiedo vanghe per tener dietro a uomini così.
Tra il mio indice e il pollice
S’accovaccia la penna.
Con quella io scaverò.
Digging
Between my finger and my thumb
The squat pen rests; as snug as a gun.
Under my window a clean rasping sound
When the spade sinks into gravelly ground:
My father, digging. I look down
Till his straining rump among the flowerbeds
Bends low, comes up twenty years away
Stooping in rhythm through potato drills
Where he was digging.
The coarse boot nestled on the lug, the shaft
Against the inside knee was levered firmly.
He rooted out tall tops, buried the bright edge deep
To scatter new potatoes that we picked
Loving their cool hardness in our hands.
By God, the old man could handle a spade,
Just like his old man.
My grandfather could cut more turf in a day
Than any other man on Toner’s bog.
Once I carried him milk in a bottle
Corked sloppily with paper. He straightened up
To drink it, then fell to right away
Nicking and slicing neatly, heaving sods
Over his shoulder, digging down and down
For the good turf. Digging.
The cold smell of potato mold, the squelch and slap
Of soggy peat, the curt cuts of an edge
Through living roots awaken in my head.
But I’ve no spade to follow men like them.
Between my finger and my thumb
The squat pen rests.
I’ll dig with it.
(C) 2013 by Francesca Diano RIPRODUZIONE RISERVATA