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Secessione: dallo stivale al vecchio scarpone

Creato il 21 settembre 2011 da Elvio Ciccardini @articolando

Secessione: dallo stivale al vecchio scarponeIl Presidente della Repubblica è preoccupato e sta sondando quanto sia fattibile un governo di emergenza. Pierluigi Bersani non parla più di elezioni subito. Forse è anche per questo. L’unico vincolo è il passo indietro del Cavaliere. Casini è silente, ma non inattivo.

Sui giornali si legge che 50 deputati della maggioranza voteranno a favore dell’arresto di Milanese. Parte del PDL e parte dei maroniani. Il voto su Milanese potrebbe essere la goccia che infrange la diga del potere berlusconiano. L’Italia aspetti l’onda d’acqua e fango che porterà distruzione e macerie. Nessun regime cade senza contraccolpi e senza perdite. In alternativa, sarà l’ennesima goccia che non fa traboccare il vaso…

A cosa mi riferisco? Alle solite battaglie tra gruppi d’interesse che, lasciati liberi di azzuffarsi, inizieranno la corsa verso le poltrone rimaste libere. Agli assestamenti tra lobby, piccole e grandi, che sono trasversalmente rappresentate nei partiti della politica. Ai tentativi di speculazione che godono e si nutrono di “destabilizzazione politica”. E all’assenza di uno spirito di responsabilità civile e sociale che appartiene a tutti questi soggetti messi insieme.

Non è un caso che la Lega Nord stia riaffermando il tema della secessione, che dovrà prima o poi prendere una piega risolutiva. Peccato che per prenderla si renda necessario superare ed annullare una classe dirigente partitica, a meno che non decida di responsabilizzarsi verso interlocutori, più cauti, affidabili e costruttori.

E’ inaccettabile che tali visioni di Stato siano rappresentate nelle istituzioni della Repubblica italiana. Poichè è come accettare che si possa convivere con un “cancro” aggressivo, senza aspettarsi la morte. L’unica speranza di salvezza è la chemioterapia, dolorosa, avvilente, stancante, ma è l’unico barlume di luce per la salvezza.

E’ inaccettabile che i Ministri della Repubblica attacchino il Presidente della stessa Repubblica su questo tema. Oggi leggiamo che il capogruppo della Lega Nord alla Camera ha dichiarato su Canale 5, che “il popolo è sempre sovrano e quindi è l’unica figura che è sempre sopra il capo dello Stato”, riprendendo le parole di Bossi.

Affermazione condivisibile. Manca, tuttavia, una precisazione. La Repubblica italiana è democratica e parlamentare. Le decisioni relative alla nazione, quando il popolo esercita la sua sovranità direttamente, avvengono a maggioranza degli italiani. Non a maggioranza dei padani. Ammesso che esista una maggioranza padana. La sovranità chiamata in causa non è quella popolare, ma quella che vuole giustificare la volontà di un gruppo di potere non nazionale, seppur insediatosi nei palazzi dello stivale.

Ribadire che il popolo ha sempre il diritto di dire la propria, non è esaltazione della sovranità, ma strumentalizzazione del popolo contro una figura istituzionale che lo rappresenta. Tra l’altro, è l’unica che lo rappresenta degnamente. Con un Primo Ministro impegnato più nei giochi erotici che negli affari istituzionali, un Parlamento creato sulla base di “nominati” in stile grande fratello, un Senato che non ha alcuna figura di vero rilievo e di garanzia capace di prendere posizioni edificanti, l’ultimo vessillo, di una democrazia data in pasto a proci ingordi e sordi, è proprio il Presidente della Repubblica. La secessione è uno strumento di ricatto, non altro.

Dal ricatto della politica al ricatto dei mercati il passo è breve. L’Italia sta andando incontro ad un processo definito di “retrocessione multipla”. Lo spread tra i rating sull’Italia di S&P e Moody’s si è allargato.

Moody’s potrebbe allinearsi alle valutazioni di S&P. Il salto sarebbe di tre gradini. Praticamente una rovinosa caduta dalle scale che lascerebbe al paese più di qualche contusione. Prima di noi, a sperimentarlo, fu la Grecia e l’Irlanda (quattro gradini e cinque gradini, rispettivamente). Il declassamento, in realtà, è solo un atto formale, poichè lo spread tra BTp e Bund lo ha già sentenziato.

E’ plausibile che si possa avere l’intenzione di salvare il salvabile e sacrificare tutto il resto. Così come è plausibile che gli interessi personali prevalgano su quelli collettivi. Tuttavia, questa classe politica non è pagata per “tutelarsi” o per “tutelare i pochi”, bensì per amministrare un intero paese che ha una sua storia di nazione e una sua identità unitaria, seppur con le dovute differenziazioni campanilistiche e divisioni storiche.

Il resto è solo ricatto e non riscatto, tanto brutale quanto ignobile, così come è ignobile il gesto di un assassino costituzionale che sventola carta igienica riempita di frasi inconcludenti e non rispettose di un’unica regola etica “in Democrazia la volontà popolare si esprime a maggioranza degli aventi diritto al voto che, tuttavia, assumono comportamenti volti a difendere e tutelare le minoranze, garantendone il diritto all’esistenza e alla piena emancipazione”. La dittatura della maggioranza o quella della minoranza che cerca riscatto è altro, ma non Italia che da stivale geografico sta modificandosi in vecchio scarpone politico.



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