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Sei mai stata sulla luna? O forse non sei mai stata in campagna?

Creato il 22 gennaio 2015 da Oggialcinemanet @oggialcinema

commento di Massimo Padoin

Summary:

Capita spesso che il protagonista di una storia sia in cerca di qualcosa, e neanche tanto raramente capita che questo qualcosa sia trovare il proprio posto dove stare. Del resto uno dei fondamenti nello scrivere un racconto prevede che il personaggio, affinché ci sia una crescita, debba esser messo di fronte a un problema, interrogativo o mancanza, insomma che la sua routine in qualche modo venga spezzata affinché il lettore/spettatore possa in qualche modo appassionarsi ed essere coinvolto nella sua vicenda. Altrimenti che cosa ci sarebbe da raccontare di un personaggio se la sua esistenza rimanesse immutata? Chiaro, l’evoluzione dell’arte del racconto ha dimostrato come in realtà questo non sia assolutamente un’ assioma immutabile, anzi tutt’altro. Ma questo di certo però non è il caso di Sei mai stata sulla luna?, pellicola in cui il conflitto della sua protagonista, senza tante sottigliezze, viene palesato.

Donna in carriera che lavora per una rivista di moda, è bella e giovane, vive a Parigi e di certo non ha gli stessi problemi che affliggono un’intera generazione. Insomma una donna di successo (interpretata da Liz Solari) che nonostante la giovane età sembra aver ottenuto tutto dalla vita, ma è vero? Come spesso accade ultimamente nelle commedie nostrane, il rapporto tra provincia e città è uno degli stimoli narrativi che di più viene utilizzato per raccontare il momento di transizione del nostro Paese. Quasi ci fosse una contrazione verso tutto ciò che riguarda la grande città a favore della provincia, la ricerca di una genuinità perduta in contrasto con l’artificiosità di un certo mondo moderno. Non è un caso infatti che Giulia, la giovane protagonista, nel ritrovarsi in un paesino della Puglia si interrogherà su quel che realmente rappresenta per lei l’amore, soprattutto dopo l’incontro con il fattore Raul Bova. Spunto che dopotutto abbiamo già visto di recente, declinato i diversi modi, come in Si accettano miracoli e Andiamo a quel paese, seppure qui l’elemento economico non prenda mai il sopravvento sul racconto, Giulia del resto non rischia mai di perdere nulla se non attraverso la messa in discussione che lei stessa fa della propria vita.

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Del resto i personaggi di Paolo Genovese hanno sempre avuto la tendenza di domandare a se stessi chi siano veramente, elemento accentuatosi in particolare da Immaturi in poi, mettendo in dubbio le loro esistenze, magari in questo caso in modo meno arzigogolato che negli intrecci amorosi di Tutta colpa di Freud. Magari questo interrogarsi ha origine anche solo per un errore burocratico, del resto è davvero un pezzo di carta a certificarci la nostra maturità?, o in un altro caso, pirandellianamente, domandando ai propri personaggi quanto reali e quanto false siano le istituzioni di cui sentiamo il bisogno, frutto di tradizioni imposteci come quella natalizia de Una famiglia perfetta.

Tra tutto ciò bisogna dare atto a Genovese di essere un regista affermatosi da sé, andando oltre ai singoli difetti che ogni pellicola magari mostra di avere, ha saputo continuamente riproporre cast e scelte attoriali eterogenee, senza per questo legarsi a gruppi di fama già consolidata (eccezion fatta per La banda dei Babbi Natale con Aldo, Giovanni e Giacomo) per ottenere un facile successo e, allo stesso, senza incatenare gli interrogativi dei propri personaggi ai soliti volti. Insomma la scelta attoriale nelle sue pellicole è sempre stata oculata evitando di diventarne schiavo, e questo nella commedia italiana di oggi rappresenta forse uno dei pregi maggiori. Detto ciò Sei mai stata sulla luna? non fa eccezione, presenta un cast importante, in cui oltre al ritorno di Raul Bova e Giulia Michelini reduci da Immaturi, si aggiungono Sabrina Impacciatore, Neri Marcoré, Emilio Solfrizzi, Sergio Rubini e Nino Frassica. Insomma scelta ancora una volta eterogenea, soprattutto se si guarda la provenienza dei singoli, che una volta in più rimarca la tendenza del regista di mescolare. Questa diventa quasi una prova di forza, che porta Genovese ad evitare il sedimentarsi sulle solite scelte senza compromettere la riuscita al botteghino del film.

Ritornando all’interrogativo iniziale, la ricerca della protagonista di un posto dove stare, l’impressione che si ha è che questa pellicola affronti un tema già fin troppo abusato nel cinema. Insomma la sua franchezza ne diviene anche il suo limite, perché ha ben poco da raccontare in più a quello che si è visto altre decine di volte. Viene quasi da rimpiangere allora la genuina comicità de Il ragazzo di campagna con Renato Pozzetto che, seppur affrontando il tema con un obbiettivo molto differente e da una prospettiva opposta, il contrasto tra una provincialità ingenua e banalotta con l’insidiosa e angusta vita metropolitana fuoriusciva più efficacemente, attraverso l’utilizzo reiterato dell’iperbole. Due pellicole diversissime assolutamente, ma che in fondo parlano dello stesso concetto diventando però uno rappresentativo anche del proprio tempo, il film diretto da Castellano e Pipolo, e l’altro forse troppo specchio di altri esempi.

di Massimo Padoin per Oggialcinema.net


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