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“Semina il vento” di Alessandro Perissinotto

Creato il 09 giugno 2011 da Sulromanzo

Autore: Elena Romanello

“Semina il vento” di Alessandro Perissinotto
Un inizio da cronaca secca, fredda, come un notiziario, con un avvocato che incontra il suo cliente, Giacomo Musso, rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, trentacinque anni, maestro nel paese montano di Molini, sospettato di qualcosa di terribile legato alla moglie, Shirin, iraniana di famiglia ma francese per nascita e cultura, all'apparenza totalmente integrata in un occidente inclusivo ed esclusivo.

Una storia in cui si fa parlare di tanto in tanto l'avvocato, ma dove è Giacomo a raccontare ai lettori la sua storia d'amore, che poteva essere perfetta, iniziata a Parigi dove viveva facendo due lavori, uno in linea con il titolo di studio e l'altro meno, e dove aveva conosciuto Shirin, diventata poi sua moglie e ora causa della sua condizione di recluso.

Matrimoni interculturali (comunque partiti con le migliori premesse), razzismo, odio per il diverso, integralismo come reazione all'avversione, politica, città interessanti ma fredde e centri piccoli calorosi ma che in realtà ti distruggono dentro: sono tante le tematiche presenti nel libro, tutte attuali, con riferimenti alla realtà di oggi e alla cronaca che spesso passa addosso, senza rimanere, ma che può avere conseguenze devastanti.

Shirin, oggetto d'amore per il suo Giacomo, nata in Francia da una famiglia iraniana benestante, colta ed agnostica, istruita e ben impiegata, è lontana mille miglia dallo stereotipo dell'immigrata ignorante e integralista caro a certe correnti politiche: ma forse è il suo essere troppo occidentale e moderna a cominciare a crearle problemi, dall'amica di Giacomo che la considera troppo spregiudicata, forse solo per gelosia, ai compaesani che la accolgono all'apparenza finché non si mette a voler cantare le loro canzoni al festival montani. E sarà proprio l'odio e l'intolleranza di una certa parte della società che Perissinotto non ha paura di chiamare con il proprio nome politico a portare Shirin a cambiare radicalmente visione della vita e scelte, fino alle estreme conseguenze che coinvolgeranno anche Giacomo, anche se il rapporto tra lui e la moglie si era ormai guastato da tempo, portando lei ad allontanarsi per percorrere una via senza ritorno.

La storia di un grande amore, certo, coraggiosa, mai consolatoria, che va oltre gli stereotipi, per ricordare come si può sempre cambiare, anche in maniera tragica, nel corso di una vita, soprattutto quando si è fatti oggetto di persecuzioni e di attacchi razzisti, che non vanno oltre il luogo comune. Una storia d'amore raccontata come un thriller, fino alla risoluzione (si capisce alla fine cosa è successo veramente, prima solo interrogativi perché Giacomo è in carcere, ha ucciso Shirin o cosa ha fatto?) che lascia senza fiato, per ricordare i guasti dell'odio e dell'ignoranza.

Ed è coraggioso finalmente, in tempi di fughe dalla città e di esaltazione della sana vita nei centri piccoli, ricordare come certe mentalità siano più presenti in posti isolati che non nelle metropoli cosmopolite, e di come il paradiso possa diventare presto un inferno.

Un libro in cui si odia l'odio e in cui si sottolineano le paure di oggi, paure che possono perdere e distruggere tutti i suoi componenti, come avviene a Giacomo e Shirin, coppia di oggi, destinata ad amarsi per sempre come nei migliori romanzi, distrutta da un'avversione contro la quale bisogna creare anticorpi, perché dall'intolleranza può nascere solo intolleranza.

 


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