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“Severino di Giovanni”, di Osvaldo Bayer

Creato il 18 gennaio 2012 da Fabry2010

Pubblicato da mmagliani su gennaio 18, 2012

Introduzione di Marino Magliani

“Severino di Giovanni”, di Osvaldo Bayer

Ho conosciuto Alberto Prunetti lo scorso dicembre ad Haarlem. Di suo avevo letto Il fioraio di Perón, e i suoi pezzi su Carmilla, l’ormai famoso Argentinazo, e una traduzione, anch’essa da osvaldo Bayer su “Il Reportage”. Con la traduzione di Severino Di Giovanni (Agenzia X, 2011) diciamolo subito, l’editore ha regalato agli italiani la possibilità di leggere uno dei libri più odiati dalla dittatura argentina, quella della guerra sucia. Ma Severino racconta una storia di sangue e anarchia degli anni Venti, un tango-punk nero e ribelle, come lo definisce la quarta. Come ha fatto a farsi odiare tanto dai generali e dai marescialli? Qui ha giocato molto la forza narrativa di Osvaldo Bayer. Per questo estratto, di cui ringraziamo l’editore, ho scelto la parte romantica – distruttiva, folle e d’altri tempi, tenera e selvaggia, innocente e libera, eppure colpevole come lo è la vita di Severino Di Giovanni – dell’amore di Di Giovanni con l’allora quindicenne, America Josefina Scarfò.

L’anarchico, l’amore, la donna

…perderci tra il verde, lontano, lontano… Camminare in braccio a questa aurora verso un orizzonte intangibile e irraggiungibile, sempre uniti, sempre avvinti come due edere succhianti la propria esistenza nell’altra, e cantare le rapsodie eroiche della vita difficile.
Severino Di Giovanni, lettera a America, 10 settembre 1928

Dopo due mesi di persecuzione ininterrotta, Di Giovanni è tornato a Buenos Aires, spinto dalla sua passione per questa ragazza di quindici anni: America Josefina Scarfò. Il ricercato l’ha aspettata all’uscita da scuola, hanno fatto lunghe passeggiate per calle Yerbal, lungo il ruscello Maldonado, nel parco Lezica e nel parco Centenario. L’amore cresce e il 17 agosto 1928 decidono di riconoscere la loro libera unione. Un’unione che scioglierà solo la morte, due anni e mezzo dopo.
Severino, quando non può vederla, le scrive fino a tre lettere al giorno. Sono lettere che devono a volte passare attraverso le mani di tre messaggeri, prima di arrivare a destinazione. E quasi tutti questi messaggeri pensano che siano messaggi attinenti la lotta per l’ideale… non sospettano siano lettere d’amore. Gli incontri tra i due amanti avvengono in circostanze ancora più complesse. Lui, ricercato dalla giustizia; lei, un’adolescente sorvegliata attentamente dai genitori e dalla polizia, che vigila continuamente la sua abitazione per arrestare i suoi fratelli, Alejandro e Paulino.
Josefina – Fina, come la chiamano tutti – si muoverà con sagacità e intelligenza in quest’ambiente profondamente avverso. Per spezzare il cerchio si serve di alcuni alleati: la scuola – frequenta il terzo anno del liceo della scuola normale Estanislao Zeballos – che le serve come pretesto per coprire alcune scappatelle agli occhi dei genitori; la sua compagna di scuola Elena Serra, fidanzata del fratello latitante Alejandro, per mezzo della quale riesce a giustificare alcune uscite al di fuori dall’orario scolastico; e il fratello José che, all’insaputa dei genitori, l’aiuta pensando in questo modo di favorire la latitanza dei fratelli. Malgrado viva in una situazione così irregolare e instabile, Fina è un’alunna brillante.
I tratti della personalità di Severino emergono nella maniera più significativa dalle sue lettere d’amore, che presentano un ignoto aspetto poetico della sua discussa personalità. Le parole che quest’uomo di terribile forza e terribili reazioni scrive alla sua amata, quasi una bambina, saranno sempre semplici e romantiche. Due giorni dopo l’unione nell’amore di quelle giovani vite, Severino scrive:

“Domenica, 19 agosto 1928
Mia amica, ho la febbre in tutto il corpo. Il tuo contatto mi ha riempito di tutte le dolcezze. Mai come in questi lunghissimi giorni, ho tanto centellinato i sorsi della vita. Prima vivevo le ore tranquille di Tantalo e ora, oggi, l’oggi eterno che ci ha uniti, vivo, senza saziarmi, tutti i sentimenti armoniosi dell’amore tanto cari a Shelley e alla George Sand. [...] Quando ti parlo di eternità – tutto ciò che il cuore ha voluto e amato è eterno – voglio alludere all’eternità dell’amore. L’amore mai muore. L’amore che ha germogliato lontano dal vizio e dal pregiudizio, è puro e nella sua purezza non si può contaminare e l’incontaminato è dell’eternità. Vorrei potermi esprimere sempre nel tuo idioma per cantarti ogni attimo del tempo la dolce canzone dell’anima mia, farti comprendere i palpiti che percuote fortemente il cuore, le delicate figurazioni del pensiero mio che di te invaghitosi non potrà mai dare il “finis” della sua elegia. Ma d’altra parte – io che credo che il mio amore è da te contraccambiato con tutta la possanza della tua gioventù ancora in bocciolo, l’ho letto tante volte sulle tue nere pupille – mi contento nel sapere che per comprendere queste linee debbono essere rilette più di una volta da te.”

Dopo una raccomandazione: “Tu non avrai tempo di scrivermi. Tu devi ancora dedicarti allo studio”.
Termina con queste parole di saluto:

“Baciami come io ti bacio. Rendimi duplicato il mio bene che ti voglio. Sappi che ti penso sempre, sempre, sempre. Sei l’angelo celestiale che mi accompagna in tutte le ore tristi e liete di questa mia vita refrattaria e ribelle. Con te, ora e sempre. Tuo”

Per due anni gli amanti vivranno così, con sempre più nemici e con meno amici, perché il pericolo aumenta e il cerchio si stringe giorno dopo giorno. Solo l’amore e la passione permetteranno di vivere in un mondo diverso. Come in questa lettera del settembre 1928:

“Compagna mia, come al solito, anche quest’oggi ti ho aspettato. Sono le sei. Non verrai più. Domani è domenica, un altro giorno senza di te. Lunedì, chissà… Eppure vorrei vederti, star solo con te, raccontarci tante cose belle, parlare assieme, ridere un pochino, stringerci l’un con l’altro come due cose amate, farci domande, sognare a occhi aperti, tormentare il futuro, ricordare il passato e baciare il presente, il nostro presente. Oh com’è bello passare le ore insieme adesso! …soli, soli, soli!
Un amico mi ha regalato una bellissima edizione della Commedia di Dante, illustrata e commentata. Come vorrei leggerla tutta con te vicino a me! I passi sublimi della Francesca da Rimini abbracciata con il suo Paolo, mentre l’infernale bufera non ha la forza di separarli, tanta è la possanza dell’amore loro, dell’amore in generale. E la bellissima illustrazione di Gustavo Doré che li dipinge in tutta la delizia dell’amore, nella frenesia che sconfina oltre il sentire umano, oltre la tragedia, oltre la vita!…
Come sarà più bella leggerla con te vicino, vicino, vicino, così stretti fortemente e ogni tanto poterti anche dare tanti baci.
Ma tu verrai, mia bella compagna, la certezza della tua venuta mi rende felice in una maniera così grande, per esempio, come lo sarai tu, e quando verrai, leggeremo, vedremo, scorreremo, non le solo pagine della Commedia ma anche quelle più belle, più sublimi, più vicini a noi – perciò più palpitanti – del nostro amore immenso.”


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