Nikolaj conosceva questa parola, ma solo nella sua applicazione ai giardini o all’architettura, dove aveva il significato di una bellezza poco appariscente.
“In che senso usa questa parola, signore?”
“Oh, vagamente. E scorrettamente, sospetto. Un goffo tentativo di descrivere una qualità ineffabile. Come sai, shibumi allude a una grande raffinatezza sotto apparenze comuni. E’ un’affermazione così precisa che non ha bisogno di essere ardita, così acuta che non dev’essere bella, così vera che non dev’essere reale. Shibumi è comprensione più che conoscenza. Silenzio eloquente. Nel modo di comportarsi è modestia senza pruderie. Nell’arte, dove lo spirito di shibumi prende la forma di sabi, è elegante semplicità, articolata brevità. Nella filosofia, dove shibumi emerge come wabi, è una serenità spirituale non passiva; l’essere senza l’angoscia del divenire. E nella personalità di un uomo, è… come dire? Autorità senza dominio? Qualcosa del genere”.
L’immaginazione di Nikolaj rimase galvanizzata dal concetto di shibumi. Nessun altro ideale lo aveva mai tanto commosso.
“Come si raggiunge questo shibumi, signore?”
Sono stata folgorata da questo libro come il giovane Nikolaj Hel è stato folgorato dall’idea di shibumi: da quel giorno la sua vita non ebbe altro scopo che diventare un uomo di shibumi.
Chi è Nikolaj Hel? Uno dei più pagati e astuti killer al mondo. E’ in grado di uccidere silenziosamente, a mani nude o con piccoli e innocui oggetti di uso quotidiano: gli basta una cannuccia dell’aranciata. E’ un eccezionale speleologo e un fortissimo giocatore di go.
Figlio di una contessa russa decaduta, Nikolaj nasce e vive a Shanghai. A casa si parlano normalmente quattro lingue:
“D’amore e d’altre futilità in francese, di tragedie e disastri si discuteva in russo, gli affari si facevano in tedesco, e ai domestici si davano ordini in inglese. Poiché i figli dei domestici erano i suoi soli compagni, anche il cinese fu una lingua madre per Nikolaj che prese l’abitudine di pensare in quella lingua perché il suo più grande timore infantile era che sua madre potesse leggergli nel pensiero: e Aleksandra Ivanovna il cinese non lo sapeva”.
Shibumi, più che una spy story, sembra una parodia del genere che comunque è difficilmente inquadrabile perché contiene pezzi di filosofia e una critica dei popoli e delle culture d’Oriente e d’Occidente.
Nella trama c’è la Cia, la Casa Madre (un organismo ancora più potente della Cia che rappresenta gli interessi petroliferi occidentali), i paesi arabi produttori di petrolio, Settembre Nero, un commando di sionisti, Shangai e il Giappone dopo la Guerra Mondiale. Il romanzo spazia in tre continenti e in diverse epoche. Hel sarà costretto a lasciare il suo meraviglioso castello nei paesi baschi e a riprendere il vecchio mestiere di killer.
Shibumi è strutturato come una partita di go e i capitoli hanno il nome di situazioni ricorrenti nel gioco, o legate a delle precise fasi della partita. Otake, il maestro di go di Nikolaj Hel, è uno dei più forti giocatori del suo tempo. Per Nikolaj il go è un modo di raggiungere lo Shibumi.
“Stiamo sempre parlando di go, maestro?”
“Sì. E della sua ombra: la vita”.
Il go è il gioco più antico e più bello del mondo. Nasce in Cina nel II millennio A.C. e nel VI secolo arriva il Giappone, dove conosce un grande sviluppo. Malgrado le sue regole molto semplici può raggiungere un’incredibile complessità. Ad oggi nessun computer è riuscito a superare il livello di un giocatore scarso. Sulla tavola di legno su cui si gioca – il goban – è disegnata una griglia con 361 intersezioni che corrispondono al calendario solare cinese. Le pietre bianche, di madreperla, e nere, di ardesia, rappresentano il giorno e la notte, e i punti neri sul goban, le stelle del cielo.
“In nessun luogo la personalità di un uomo si rivela con tanta chiarezza come in una partita di go, se l’interprete del gioco è qualcuno che abbia la capacità di farlo. E il gioco di Nikolaj, brillante e audace com’era, presentava gli estetici difetti della frigidità e di una quasi inumana dedizione allo scopo”.
Trevanian infierisce su tutti i popoli di cui parla: arabi, ebrei, americani, francesi, italiani ne escono malissimo. Forse quelli con cui è più gentile sono baschi e giapponesi che però non vengono del tutto risparmiati.
Purtroppo il romanzo è tradotto molto male. E lo dico non solo per come tratta il go, ovvero senza il minimo rispetto della terminologia del gioco – cosa che già di per sé è intollerabile – ma anche perché contiene frasi che ho dovuto rileggere più volte, senza raccapezzarmi, per poi concludere che non erano frasi della lingua italiana. Insomma questo è un libro di culto e si meriterebbe una traduzione migliore! Ci vorrebbe qualcosa di bello, poetico e accurato… (shibumi ?)
Le doti di Nikolj Hel sono infinite: oltrettutto possiede anche il senso di prossimità ed è capace di raggiungere l’estasi. E poi pratica, insieme alla sua compagna giappo-africana, una raffinatissima tecnica sessuale (che però non viene spiegata perché potrebbe essere pericolosa…).
Dice uno dei tanti commenti (americani) su internet: “Se volete sapere cosa serve per
Secondo un vecchio numero dell’American Go Journal (1988), la maggior parte dei giocatori americani ha dichiarato di aver scoperto il go grazie a Shibumi. La stessa cosa mi è stata riferita da un amico svedese: due terzi dei giocatori svedesi, secondo lui, hanno imparato a giocare grazie a Shibumi. Insomma è un po’ come oggi con Ikaru No Go, il bellissimo manga che sta spingendo una nuova generazione di ragazzi a giocare go.
Don Wislow, lo scrittore americano di genere crime and mistery, nel 2011 ha pubblicato Satori, il prequel di Shibumi, facendo così rivivere Nikolaj Hel. Da ragazzo Winslow era un fan di Shibumi ed ha anche imparato a giocare a go, ma questa è un’altra storia…
“Stiamo sempre parlando di go, maestro?”
“Sì. E della sua ombra: la vita”.