Una cosa mi ha sorpreso in questa domenica mattina: che non si riesce a trovare un giornale, un sito, un blog della cosiddetta area di sinistra dove non si dica, si ribadisca, si gridi “Mai con Salvini”. Dove cioè non venga enfatizzato ciò che dovrebbe essere ovvio. E’ come se negli anni ’70 L’Unità o Paese Sera se ne fossero usciti con un titolo “Mai con Almirante” che avrebbe sconcertato i militanti del Pci dando rilievo di sconcertante novità a qualcosa di scontato.
Il fatto è che Salvini, nel tentativo di costruire la sua Alba Dorata all’italiana e dare legittimità al razzismo più ipocrita e al fascismo orfano dei fasti berlusconiani, dice cose riguardo all’Europa e all’euro che fanno parte della cattiva coscienza della sinistra continentale e italiana, si appropria di temi che avrebbero dovuto essere fin dall’inizio della crisi patrimonio di chi difende il lavoro contro il capitale, il pubblico contro il privato di rapina. E che adesso in molta parte del continente vengono paradossalmente sostenuti da chi difende il capitale e il privato di rapina o di evasione contro l’uguaglianza e il principio di solidarietà. Da chi fa atto di fede negli stessi teoremi neoliberisti illudendosi di poter contrastare il potere neo liberista e ricavarsi una tana al riparo dalle intemperie dell’impoverimento generale. Insomma stantii pasticcini da bar. Così ancora di più quel “mai con Salvini” appare come una excusatio non petita che nasconde e rivela insieme l’accusatio manifesta.
Intendiamoci, il programma del leader leghista è un’accozzaglia di mezze idee e idiozie intere che fa da perfetto contraltare all’azione dell’esecutivo e del partito della nazione nel quadro delle contrapposte ottusità. L’anti europeismo e l’anti eurismo del leader della Lega sono soltanto l’espressione rabbiosa di una piccola borghesia che ha fatto per anni la guerra allo stato delle tasse e dei controlli, credendo che il capitale internazionale e le sue strutture lavorassero per loro nel distruggerlo, ma che ora si accorge di essere stata fregata, di essere stata sedotta e abbandonata mentre era incinta del suv, relegata tra il popolo degli sfruttati: di qui il tentativo di ritorno a un sistema chiuso e asfittico nel quale conservare le rendite di posizione raggiunte nell’era del berlusconismo. E’ per questo che il vecchio secessionista è divenuto d’amblée nazionalista. Tutto questo fa parte di quell’uscita a destra dal tallone dei poteri finanziari che è stata la sconsolata preoccupazione dei pochi che hanno tentato di svegliare la sinistra dal suo sonno dogmatico. E che ora comincia a delinearsi prima ancora che in favore di Salvini e dei sui di amici tutti Casa Pound e Chiesa, nella lotta ad ogni opposizione non di comodo come si è visto ieri a Roma dove l’allarme era tutto per i cosiddetti antagonisti e non per i travet, i mendichi e i clientes dell’antirenzismo di facciata accorsi peraltro in numero modestissimo tanto che la piazza era meno piena di quanto non sia nei normali giorni di festa.
Tuttavia è ormai chiaro che le politiche reazionarie che vengono imposte in nome della moneta unica, servendosi della stessa come di un’arma letale alla minima disubbidienza, le balle sulla crescita e sulla ripresa a cui siamo sottoposti e che nel migliore dei casi hanno come approdo palingenetico i tristi obiettivi del “miracolo cileno” ( vedi qui), rendono il salvinismo potenzialmente attraente anche per chi si sente orfano di progetti politici realmente e concretamente alternativi. Per cui ora la parola d’ordine che circola nella sinistra non è poi così diversa da quella di un personaggio di straordinario appeal intellettuale come Fitto: né con Renzi, né con Salvini, come se due negazioni potessero di per sé essere un programma e non la prova evidente di una sua assenza.