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Sì, veniamo via con voi. Per risorgere e vincere.
Creato il 10 novembre 2010 da David Incamicia @FuoriOndaBlogdi David Incamicia
Lunedì sera sono andate in onda due Italie diverse. Una l'ha trasmessa la tv di stato, sulla sua rete meno genuflessa; l'altra ha scandito il proprio messaggio subliminale sull'ammiraglia del principale network privato. Due visioni opposte e alternative, che si sono affrontate in contemporanea e senza esclusione di colpi per decretare un fatto a suo modo rivoluzionario in un Paese dove mai nulla cambia per davvero. L'atteso, discusso e temuto programma "Vieni via con me" ha stracciato il gigante "Grande fratello". Con l'accoppiata Fazio-Saviano in grado di ottenere quasi il doppio degli ascolti rispetto a quei miserevoli ragazzotti, mediocri figli della società dell'apparire e aspiranti fancazzisti di rango, reclusi nella casa più famosa e spiata.
Sì, è stata una rivoluzione. Proprio ai tempi in cui il "pubblico sovrano" dà peggior prova di sè rivelando (confermando) la propensione al voyeurismo che più sadico non si può, sempre incollato al video per profanare una vicenda di cronaca familiare che è anzitutto umanamente privata benché oggettivamente cruda, scoprire che per una volta i teledipendenti decidono di interessarsi a questioni eticamente serie e pubblicamente rilevanti, raccontate senza filtri, riaccende una fiammella di speranza in quanti confidano, nonostante tutto, nella capacità di produrre anticorpi e di riconoscere il limite da parte dell'italiano medio.
Gli interventi "politicamente corretti" dei vari Abbado, Benigni, Vendola e dello stesso incommensurabile Saviano ridanno fiato a un sentimento di "patriottismo perbene", evidentemente mai vinto e represso fino in fondo malgrado le dosi massicce di insensatezza e inciviltà mediatica (e non soltanto mediatica) sorbite in tutti questi anni. E a chi storce il naso contestando che si è trattato dell'ennesima ipocrita parata di sepolcri imbiancati, dell'ideologico antagonismo di interessati cattivi maestri, dell'odiosa supponenza di lividi radical chic che chissà... magari sotto sotto uno scheletro nell'armadio ce l'anno pure loro, replico affermando che essere e apparire perbene non è prerogativa esclusiva di narcisi e ben remunerati parrucconi. Perchè quali colpe può mai avere la nostra comunità nazionale, se è costretta a vivere una grave e desolante decadenza? Che colpe ha quella parte di Paese che s'indigna e tenta di ribellarsi al degrado?
No, i veri bacchettoni sono oggi quelli che si ostinano a difendere lo status quo, campioni del "conservatorismo della pancia", avversari di un idealismo minimal ma necessario, sofisti della dissimulazione e del quotidiano ridotto a commedia. Quelli che se gli altri dissentono, si agitano, s'informano e reagiscono beh... sono solo nemici del sentire comune, qualunquisti ad andargli bene. E vengo alla "ciccia".
Le due Italie che si sono a mio avviso confrontate nell'etere l'altra sera, rappresentano al meglio altrettanti modi di percepire e affrontare l'esistente. Da un lato gli assetati di Paese reale, coloro che avvertono l'emergenza e chiedono di sapere (al netto di ogni schiamazzo propagandistico) dei perversi meccanismi del fango e delle reticenze nella lotta alle mafie, delle insidie all'unità nazionale e degli effetti collaterali del liberismo, e di quella dottrina muscolare e strisciante che sta svilendo il merito, affossando la cultura, avversando i diritti civili. Dall'altra parte, invece, i seguaci narcotizzati del paese da reality, gli amanti dell'eterno cazzeggio, la gente che si rifugia nel gossip per nascondere (finendo spesso per dimenticarle) le proprie miserie.
Insomma, l'Italia che resiste e si ribella ha sconfitto, un lunedì almeno, quella che persiste nell'errore di nascondere la verità. E' la società, pur se mobile e frastagliata, che in uno scatto d'orgoglio ha deciso improvvisamente di farsi essa stessa politica, impregnandosene e tentando in parte di stravolgerla. Col risultato inatteso (per dirla fuor di metafora) che il claudicante e affannato berlusconismo ha dovuto lasciare il passo all'incedere del post-berlusconismo, subendo addirittura lo smacco proprio sul terreno che gli è più congeniale: la televisione. Un autentico capolavoro a furor di popolo. Anzi, di share.
E dire che quelle due ore e mezza di passionale e ironico intrattenimento abbiamo corso il rischio di perderle, per la solita e insipida partigianeria "aziendale". Tra innumerevoli ostacoli e freni e pretestuosi dossier (quelli sì, moralisti e urticanti) sulla legittimità dei compensi. I notabili e i sopracciò d'ordinanza non si sono risparmiati nemmeno in questa occasione. Ma come per Santoro e il suo Annozero, sono finiti nell'angolo ancora una volta. Perchè degli eventi straordinari e di svolta, come si è visto, la gente sente sempre l'odore. Non c'è bisogno di spot o marchette.
Se vogliamo, dunque, noi cittadini di Bengodi sappiamo proporre un'immagine migliore di noi stessi e del nostro Paese, migliore perfino di chi ci rappresenta. Se osiamo, possiamo manifestare coraggio, senso civico, passione e dignità. Se capiamo, siamo in grado di smettere i panni degli "italioti" per tornare ad essere Italiani, di nuovo fieri di quel tricolore stretto nelle mani da Roberto Saviano. “Vieni via con me” ci ha indotto a guardarci dentro, ci ha fatto solo riscoprire una nobile normalità.
Per questo, oggi che siamo restituiti alla realtà e strappati al reality, è fin troppo scontato decidere di non fuggire, è dura non restare qui a goderci l'accenno di una rivolta morale e culturale di questa Nazione ferita ma ancora desiderosa di combattere. Oggi che possiamo essere testimoni privilegiati di un passaggio epocale, oggi che si affaccia all'orizzonte un nuovo risorgimento civile (e forse anche politico) noi non ce ne andiamo. Sì, cari Saviano e Fazio, veniamo via con voi... ma nella nuova Italia!
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