Articolo originale pubblicato dal sito Sport 2.0 (http://sportduepuntozero.it/) sito aderente all’Unione SPORTMOD.
Campioni, diversamente
Rowing vuol dire canottaggio; adaptive vuol dire che l’equipaggiamento si adatta all’atleta; adaptive rowing è il canottaggio praticato da atleti disabili. Proprio a Torino si allena una delle migliori espressioni di questo sport: Silvia De Maria, che già pensa alle Paralimpiadi di Londra 2012.
Da dodici anni su una sedia a rotelle, Silvia pratica canottaggio dall’autunno 2008 con risultati di sempre maggior rilievo. La incontriamo in un pomeriggio primaverile presso la società canottieri Caprera. Lei ci accoglie con un sorriso e una vigorosa stretta di mano. Sarà una bella chiacchierata. Dopo averci presentato la sua allenatrice Simona Rasini e il suo compagno di allenamento nel doppio, Vittorio Altobelli, Silvia racconta di essere appena tornata da uno dei raduni della Nazionale tenutosi a Gavirate. Questi raduni, a cadenza mensile, le permettono di allenarsi con il suo compagno di gara ufficiale, Daniele Stefanoni. Perché Silvia si misura con gli altri atleti nella specialità del doppio sulla distanza di mille metri, uguale per tutte le categorie adaptive. Inoltre a Gavirate può utilizzare l’imbarcazione di categoria adaptive, non presente alla società canottieri Caprera.
Allenarsi in vasca da bagno
Poiché Silvia utilizza braccia e schiena per fare canottaggio, l’imbarcazione è priva di carrello e con lo scafo più largo e piatto: una specie di vasca da bagno, come sintetizza lei. Perché Silvia è simpatica, oltre che tenace e al contempo umile. E’ con estrema pacatezza che ci racconta che a Gavirate è passata da prodiere a capovoga, ottenendo il primato personale in 4’18’’. Un risultato importante, considerato che il capovoga ha anche la responsabilità di dare il ritmo alla palata. La pacatezza è però unita in Silvia ad una forte determinazione, come racconta Vittorio: “quando alleno i ragazzi, la prendo spesso come esempio di impegno, sacrificio, tenacia e continuità”.
Il canottaggio, passando per il tennis
E pensare che Silvia pratica canottaggio da soli tre anni. E’ arrivata a questo sport dal tennis, da lei praticato a livello agonistico per dieci anni. “Al Caprera sono arrivata per caso: da tennista, nel 2008 ho preso parte ai Giochi paralimpici di Pechino e al termine delle competizioni un dottore mi ha chiesto come mai non praticassi canottaggio. Tornata a Torino, in autunno ho chiamato un medico che mi ha indicato la Caprera e da lì tutto ha avuto inizio”. Per Silvia il tennis è uno sport impegnativo soprattutto a livello mentale, mentre nel canottaggio fisico e mente vanno di pari passo. In effetti ci vogliono applicazione in allenamento e continuità nella ricerca della perfezione del movimento e della forza data al remo: una palata può fare la differenza.
Un futuro british
In meno di un mese Silvia sarà impegnatissima tra Internazionali, Coppa del Mondo e campionati italiani. Ma il suo obiettivo primario sono le qualificazioni di settembre per i giochi paralimpici di Londra 2012 e la speranza di un buon risultato. Considerato il suo quinto posto ai Mondiali 2010, un buon posizionamento olimpico non è escluso. Mentre Silvia scende in barca con Vittorio, la pace e il silenzio del fiume si mescolano alla sua concentrazione di atleta. Silvia ha lo sguardo fisso verso un punto lontano. Ci piace pensare che punti verso Londra.
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