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Sir Lord Baltimore è stata una delle band probabilmente più influenti in assoluto per la formazione di ciò che oggi, con un piglio spesso vuotamente nostalgico, definiamo heavy metal: al di là degli stereotipi storici che vogliono la formazione di questo genere come un qualcosa che dipende esclusivamente dalle tre variabili (Black Sabbath, Led Zeppelin, Deep Purple), esistono molte altre band come questa, capaci di definire una vera e propria attitudine. Spesso in modo molto più definito, riconoscibile e personale di quanto facessero – sempre con grandissimi meriti, benintenso – le tre band appena citate. C’è da dire che, molto probabilmente, i nostri lavorarono in maniera del tutto incoscia: in effetti la definizione “heavy metal” (tirata fuori dal giornalista Mike Saunders nella recensione di questo lavoro) venne solo dopo l’uscita dello stesso, e questo al di là di qualsiasi manifesto programmatico come quelli di band come Saxon, Manowar e via dicendo che faranno invece in modo – un po’ malignamente parlando – di infilare ad ogni costo “steel”, “metal” e “iron” un po’ ovunque nelle loro discografie.
A livello storico i Sir Lord Baltimore si formarono a Brooklyn nel 1968, ed erano inizialmente formati dal chitarrista Louis Dambra, dal batterista-cantante (una vera innovazione per l’epoca) John Garner e dal bassista Gary Justin. Estremizzando il discorso musicale introdotto pioneristicamente dai Led Zeppelin nei tardi anni 60, e valorizzando un tipo di sound acido, oscuro e selvaggio, la band concepisce un autentico capolavoro del genere hard rock. Tutto questo quando ancora non era possibile, di fatto, parlare di hard’n heavy o anche solo di rock duro, anche se – a ben vedere – questo è l’anno di due dischi che influenzeranno pesantamente i nostri: “In rock” dei Deep Purple e ovviamente l’omonimo dei Black Sabbath. Qui pero’ non si tratta semplicemente di “giocare a fare i duri” imitando i propri idoli, visto che la band mostra una grandissima personalità e diversi passaggi mostrano un’attitudine reale, concreta e inimitabile da vendere. Basta anche solo ascoltare l’opening affidata a “Kingdom Come“, un’espressione che sarà molto evocativa nel metal successivo, e che rappresenta un brano molto intenso, con basso e chitarra acidissimi ed un assolo conclusivo da manuale. Musica selvaggia, istintiva, probabilmente non facilissima da vendere e far ascoltare in quel periodo: eppure i Sir Lord Baltimore erano lì, convinti e sicuri, a gettare le basi di un’infinità di sottogeneri “metal-qualcosa”. Qualcuno ha parlato di hard rock, altri addirittura di stoner: non importa, in fondo, perchè questo è un grandissimo disco, e anche solo Helium Head (I Got A Love) - forse il vero capolavoro del disco, con un riff travolgente che non lascia fiato all’ascoltatore – vale da sola l’ascolto dell’intero lavoro.
Fonte: Metal Archives