di Redazione Contropiano
La situazione si aggrava di ora in ora. Gran parte della Siria è fiamme, scontri e bombardamenti si segnalano ovunque, i più duri ad Aleppo. Una fonte Cia: “non abbiamo la situazione sotto controllo, dipendiamo da Turchia e Sauditi”.
Secondo le notizie diffuse dai media di Stato e indirettamente confermate dall’opposizione armata, le truppe governative hanno ripreso negli ultimi giorni il controllo di quasi tutta la capitale Damasco. Ma i combattimenti hanno costretto migliaia di persone a scappare da alcuni quartieri, trovando rifugio presso amici e parenti, o nelle quattro scuole trasformate in centri di accoglienza temporanea per 3300 persone.
Adesso è Aleppo a fare da scenario a nuovi e accesi scontri. Fonti della MISNA raggiunte in città riferiscono di combattimenti nei quartieri di periferia e di una situazione ancora relativamente tranquilla al centro. “Sentiamo i colpi di arma da fuoco e le esplosioni, vediamo gli elicotteri governativi ronzare sui cieli di Aleppo e cerchiamo di assistere gli sfollati” affermano alcuni abitanti. Intanto, cresce il numero dei rifugiati oltreconfine. Gli ultimi dati dell’Acnur – l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati – indicano un totale di 118.204 siriani registrati nei paesi confinanti. Un numero probabilmente inferiore a quello reale, visto che molti rifugiati, in particolare in Giordania, attendono di essere registrati o stanno ricevendo assistenza nel paese attraverso altri canali; anche in Libano negli ultimi giorni il flusso di siriani è aumentato. Non sempre i siriani scappano dai combattimenti o dai rastrellamenti delle forze governative. Aumentano infatti le testimonianze di siriani che denunciano di essere stati cacciati dalle loro case dalle milizie ribelli e addirittura da combattenti stranieri.
Il governo siriano, secondo l’opposizione, sta inviando rinforzi militari verso Aleppo e deve intanto fare i conti con una nuova defezione di rango. Le emittenti televisive Al Jazeera e Al Arabiya riferiscono che a lasciare il presidente Bashar Al Assad è stata questa volta la rappresentante diplomatica di Damasco a Cipro, Lamia Al Hariri. Una defezione significativa, se confermata, dal momento che Al Hariri è nipote del vicepresidente siriano Faruk Al Sharaa.
La Turchia ha intanto annunciato a partire da oggi la chiusura di tutti i valichi di confine con la Siria, ufficialmente a causa del peggioramento della situazione. In questo modo la Turchia chiude gli ultimi tre passaggi rimasti aperti finora ovvero quelli di Cilvegozu, Oncupinar e Karkamis. Evidentemente Ankara non tiene poi molto alla sorte dei profughi siriani.
Intanto appare evidente che il fronte che mira alla sostituzione di Assad con un altro regime è ancora nettamente diviso. L’opposizione si dice certa della caduta in tempi brevi di Assad ma appare ancora spaccata. Ieri George Sabra, portavoce del Consiglio nazionale siriano – un coordinamento che riunisce alcune anime del fronte anti-Assad – aveva annunciato la disponibilità a formare un governo di transizione composto anche da personalità dell’attuale regime. Ma poche ore dopo è stato seccamente smentito proprio dal Cns.
E come se non bastasse il Washington Post ha rivelato che la Cia non ha la situazione propriamente sotto controllo. Un agente dei servizi segreti statunitensi, che ha chiesto di rimanere anonimo, avrebbe rivelato che l’agenzia non conosce esattamente la geografia dei gruppi dell’opposizione armata. L’intervistato ha anche ammesso che per capire cosa succede in Siria la Cia si deve appoggiare ai rapporti dei servizi di Turchia e Giordania. In particolare il quotidiano USA ha dato di nuovo voce ai timori che ad approfittare della guerra civile iniziata 16 mesi fa siano le forze fondamentaliste islamiche, Al Qaeda compresa, la cui presenza in Siria sembra crescente. E che non si tratti di allarmi infondati lo dimostra l’ondata di attentati – firmati proprio dalla rete jihadista – che l’altro ieri in Iraq ha causato la morte di più di 110 persone.
Secondo la fonte anonima – che va quindi presa con ‘mille molle’ – un team dei servizi segreti statunitensi starebbe operando alla frontiera tra Turchia e Siria nel lavoro di coordinamento e addestramento delle milizie dell’opposizione, alla quale Giordania, Qatar, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti starebbero fornendo ingenti finanziamenti e quantità di armi.
Fonte: Contropiano 25 Luglio 2012