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Siria, un Paese lacerato dal cruento declino di Assad

Creato il 26 marzo 2012 da Yleniacitino @yleniacitino

Siria, un Paese lacerato dal cruento declino di Assad

da ragionpolitica.it

Un anno di brutali violazioni. Sembra ieri che la polverosa Siria aveva dimenticato di trovarsi in una polveriera.Da paradiso per gli archeologi a sepolcreto di vittime innocenti. Qualche tempo fa, se si pensava a Damasco e alle regioni limitrofe, venivano in mente le fulgide bellezze dichiarate patrimonio dell’Unesco, i minareti, le rovine delle antiche cittadelle crociate, gli arabeschi e i mosaici, i santuari e le moschee islamiche, i bazar. Oggi, i tetti appesantiti dalle macerie sembrano uno smisurato sudario che si estende da sud fino al nord, fino ad arrivare ai burrascosi confini con la Turchia.

Sembrerebbe che, nonostante gli appelli ad agire, la grande ruota della diplomazia mondiale non abbia fatto che il gioco di Assad. Un gioco spietato che punta al logoramento e all’asfissia del nemico, certi che le capacità di resistenza dell’Esercito Siria Libera siano limitate. A fronte di un’inefficace premura (solo) declaratoria dell’ONU, Bashir al-Assad ha continuato un’efficace azione di purga delle opposizioni interne, sostenuto dall’esercito lealista che, negli scontri con i ribelli, ha fatto salire il numero complessivo di vittime ad oltre 8 mila. Era parso che vi fosse un’incrinatura nel solido rapporto di alleanza con la Russia, liason che aveva permesso al reggente di agire indisturbato. Sembrava protetto dal micidiale stallo del Consiglio di Sicurezza, flagellato dal solito morbo del potere di veto. Una risoluzione, infatti, approvata il 21 marzo da tutti, Russia compresa, aveva fatto intendere che finalmente si sarebbe potuta aprire una breccia nella paralisi operativa del palazzo di vetro. Tuttavia, l’altisonanza tipica dei documenti onusiani veniva smentita dai contenuti, annacquati nella loro portata pratica. Si dice, nel documento, che occorre mettere un freno alle tragedie in atto in Siria e addivenire ad un processo politico guidato dalla Siria stessa, per dare una risposta seria e concreta alle preoccupazioni e alle aspirazioni del popolo siriano. Bene, bravi. Nessun riferimento però al peso della responsabilità di tali tragedie, alla necessità di giustizia per le vittime e tutela per coloro che sono ancora detenuti. Nessuna «call to action».

Solo una velata intimidazione allorché si decida di compiere «further steps», ulteriori passi, nel caso in cui non si addivenga ad una soluzione della crisi. Una formula tanto ampia quanto inconcludente. Così, la posizione della Russia in realtà non è cambiata affatto. Tant’è che Kofi Annan, l’ex segretario delle Nazioni Unite oggi nominato emissario speciale per risolvere la crisi in Siria, si recherà direttamente al Cremlino, poi a Pechino, per tentare di smussare le resistenze. A smentire ulteriori cambiamenti di rotta della politica russa, poi, si aggiunge l’ultima risoluzione approvata dal Consiglio dei diritti umani dell’Onu. Una risoluzione di condanna, questa volta sì, e di deplorazione per le efferate violenze commesse in Siria sotto il compiacente regime. Eppure due fattori, ancora una volta, diminuiscono la portata esemplare dell’evento: primo, Russia e Cina ovviamente hanno votato contro, adducendo che occorreva condannare anche le violenze commesse dai ribelli; secondo, tale Consiglio è privo di poteri decisionali, avendo un mandato ispettivo e consultivo. Può solo aprire delle «procedure speciali» per monitorare le violazioni, ma per la Siria non si è andati in questa direzione e, comunque, l’esito di tali procedure è la solita risoluzione non vincolante.

Nel frattempo le frizioni con la Turchia non diminuiscono. E questo rischia di amplificare l’isolamento internazionale e le pressioni sul regime di Assad, che si è visto infliggere un pesante blocco di circolazione, per lui e la sua famiglia, nei territori dell’Unione Europea. Un autorevole giornale turco, infatti, ha tirato fuori un pesante dossier. Pare che la Siria stia aumentando il suo atteggiamento di ostilità verso Erdogan attraverso un sostegno diretto ai membri del PKK, il Partito del lavoratori del Kurdistan, formazione terroristica e scissionista del sud-est della Turchia. Una costola, il Kurdistan, che trova certo appoggio militare del confinante territorio siriano, ospite del loro leader, Abdullah Ocalan, ergastolano a tutt’oggi latitante. Il quotidiano Hurriyet, in particolare, evidenzierebbe come i membri del Pkk possano tranquillamente transitare in Siria, girando armati e facendo proselitismo anti-turco, cosa che avevano fatto anche negli anni ’90 quando, attraverso i loro attacchi terroristici, la Siria tentava di destabilizzare Ankara per avanzare pretese territoriali.

Oggi, dunque, Assad potrebbe sfruttare la questione curda per costringere gli alleati della Turchia e l’Europa a rompere l’isolamento e a dialogare col regime. Ma la sua è una vittoria di Pirro. Perché se la strategia del logoramento tenta di uccidere l’opposizione ribelle e di aizzare il nemico vicino, l’isolamento internazionale, se fosse attuato ecumenicamente, potrebbe avere effetti ben più fatali.


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