Sulla guerra in Libia esistono due versioni, per non dire tre. Oggi Sarkozy e Cameron si sono recati a Tripoli ed hanno assicurato ai ribelli aiuti, almeno fino a quando Gheddafi non sarà catturato.
Spesso, in Italia, si è parlato dell’intervententismo dei Francesi, mettendo in evidenza la loro volontà di scavalcare l’Italia nelle relazioni commerciali privilegiate del nostro paese. Così da avere anche un più facile accesso al controllo delle risorse petrolifere libiche. Non è un caso che, allo scoppio della guerra, erano in diversi a preoccuparsi degli interessi italiani nel paese. Questa è una chiave di lettura.
La seconda ha a che fare con la necessità di intervenire duramente contro un tiranno che stava uccidendo la propria popolazione e che pagava mercenari con i soldi del popolo stesso. L’intervento è, quindi, umanitario…
Infine, c’è la terza via. Quella dell’interesse finanziario. I paesi africani stanno da anni lavorando ad un progetto, quello di istituire una Banca Centrale, una Banca Africana d’investimento e un Fondo Monetario Internazionale. Inoltre, avrebbero intenzione di stampare una loro moneta unica che andrebbe a sostituire il Franco CFA.
Nel Dicembre del 2010, i paesi africani respinsero i tentativi dei paesi occidentali di entrare nel Fondo Monetario Africano. Anche per la politica occidentale di gestire i beni del continente attraverso continui piani di privatizzazione che avvantaggiano le multinazionali, il cui potere è, in molti casi, superiore a quello dei governi stessi.
Oggi, i capitali libici, quelli con cui si doveva finanziare parte del progetto, sono bloccati dai paesi occidentali. Ovvio, considerando che con quegli stessi fondi, Gheddafi pagava i propri mercenari.
I sostenitori della terza ipotesi, affermano che l’interventismo francese sia collegato alla volontà di bloccare questi processi di riforma e Gheddafi, che ne sarebbe stato uno dei principali finanziatori.
Lo scorso dicembre in Camerun, a Yaoundè, i ministri delle finanze africani avrebbero gettato le basi del Fondo Monetario africano, che “avrà il compito di rendere autonomo finanziariamente il continente, promuovendo crescita e sviluppo commerciale”, come descritto dall’analista del Sole24ore Riccardo Barlaam.
Se questi erano i priani prima della guerra, dopo di essa, a Bengasi, è stata creata la “Central Bank of Libya”. Non che prima non esistesse, ma quella la controllava Gheddafi. Quest’ultima, invece, è finanziata dall’istituto britannico HSBC e viene chiamata Banca Centrale dei Ribelli.
Al Fondo Monetario Africano si deve aggiungere l’idea della moneta unica africana. Recentemente si è parlato della possibilità di introdurre lo “scellino dell’Africa orientale”. I paesi che aderirebbero sono: Kenya, Tanzania, Ruanda, Burundi e Uganda. Diverso è il caso dell’Africa occidentale, controllata dalla Francia. Si dice che le monete circolanti in questi paesi siano prodotte addirittura dalla Zecca di Clermont-Ferrand.
In sintesi, dalla versione umanitaria, si arriva alla versione economico-monetaria. L’unica verità è che l’Africa, con le continue interferenze politiche e militari degli Stati Occidentali, non uscirà mai da quelle tensioni che l’hanno ridotta pelle e ossa, proprio i suoi abitanti.
Alcuni analisti sostengono che, dopo la Libia, sarà la volta dell’Algeria, che è un altro paese con ingenti riserve di liquidità. Vederemo se hanno ragione o torto. Così come vedremo se la profezia di Adam Smith (1865), che tutto era tranne che un profeta, si trasformerà in realtà: “l’economia di un paese che si basa sulla schiavitù dei neri è destinata a scendere nell’inferno il giorno che quei paesi risveglieranno”.