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“Skianto” di Filippo Timi

Da Vivianap @vpicchiarelli

index“C’era ’na volta… un re, direte voaltre… Invece no, ve sbajate.” A quasi dieci anni dal successo di La vita bestia, Filippo Timi torna al monologo e lo fa con una favola amara, capace di oscillare senza paura tra dramma e commedia, slanci lirici e prosa. Affidandosi a una lingua irregolare e immaginifica, racconta la storia di un bambino dalla “scatola cranica sigillata”, in apparenza chiuso all’interazione con il mondo, ma animato di desideri comuni e al tempo stesso impossibili: fare il cantante, danzare sui pattini, amare… Ma come tutti i sognatori, anche il protagonista di questo nuovo testo teatrale, disponibile esclusivamente in ebook, dovrà scontarsi con una realtà che, giorno dopo giorno, assomiglia sempre più a una partita truccata. “È arrivata l’ora per me di skiantarmi addosso alla vita, cadere di faccia contro le contraddizioni, fare un frontale con la tenerezza, spaccarmi il naso contro il pugno di ogni pregiudizio, cadere piatto sull’acqua gelida di quel mare di sogni sporchi.” (Filippo Timi)

Scritto in un perugino “lavato con l’acqua fredda e il bicarbonato”, Timi racconta, in un monologo intenso e struggente, tutto il dramma di chi vive un handicap mentale. Ma cosa racconta Skianto? “Con Giuliett’e Romeo, anche quello in dialetto, avevo abbassato il tiro qui lo alzo e creo una poetica della dolcezza, una storia piccola, umana e universale: un bambino-ragazzo con la scatola cranica sigillata, isolato e bloccato nel suo mondo. Però lui sogna, immagina, desidera, diventa un pattinatore, un centauro e penso che là dentro potrebbe esserci chiunque. Io parlo di me, di una mia cugina, di tutti noi. Tutti abbiamo un mondo interno e sogni che sappiamo non si realizzeranno mai”.  [leggi il resto dell'articolo su La Nazione].

Quello di Timi è un urlo liberatorio, uno skianto (scritto con la k per rievocare gli anni 80′) verso una realtà dove si vogliono abbattere quei muri inibitori che impediscono la libertà.


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