Era la paziente delle 16, al suo terzo incontro. Laura, una bellissima ragazza, varcò la porta dello studio con il suo fare sempre un po' goffo e di chi teme di disturbare. Laura, in perfetta forma fisica, inizia a parlare della sua ossessione per le sue forme corporee, di quanti difetti ci siano ancora da migliorare e di quanto stia male alla sola idea di saltare per una volta le sue sessioni di palestra. Si sente proprio in colpa, ma allo stesso tempo infastidita per non "essere stata brava". Il suo umore è sempre deflesso in senso depressivo, alternato da irritabilità quando si trova a doversi confrontare con gli altri.
Nonostante il nome di fantasia e la storia modificata Laura vive costantemente con il pensiero delle calorie che sta ingerendo e arriva a vivere dei momenti in cui percepisce se stessa come se fosse una mongolfiera.
Ad innescare tutto questo basta una semplice concessione al giorno: una pasta con il fidanzato a colazione, un paio di patatine con un aperitivo quando si incontra con un amica.
"Non sono stata brava". Questo avvia la sua punizione.
Ogni storia è diversa, e le motivazione sottostanti il disagio individuale hanno tinte diverse.
Se si fa una ricerca su internet è semplice notare che tantissimi articoli sull'argomento sono presenti e che davvero tanti ripropongono l'elenco dei sintomi, la suddivisione tra anoressia e bulimia e di quanto sia importante la rieducazione alimentare nel processo di guarigione.
Inizialmente questo mi ha colpito. Dibattiti su "cosa sia un anoressica", "cosa sia una bulimica".
Una persona che soffre di questi disagi può attraversare nel corso della sua vita diverse fasi in cui i suoi comportamenti possono essere maggiormente riconducibili a quelli descritti per la bulimia nervosa, e altri in cui, spesso quando si è raggiunto un obiettivo di ideale corporeo, anoressici.
E' la cristallizzazione e l'irrigidimento del sistema cognitivo che spesso porta queste persone a perdere contatto con sè stesse, alla ricerca di "quella sensazione di vuoto" che le ha fatte soffrire.
Nascondere il vuoto, o mostrare il vuoto: i disagi psicologici tipici dei disturbi alimentari hanno la peculiarità fondamentale di utilizzare il corpo come mezzo di estrinsecazione della sofferenza psicologica.
Il corpo è il luogo dove i conflitti psicologici non risolti si esprimono con una violenza inaudita, spesso inspiegabile. La mente, luogo dove si annidano le emozioni, i sentimenti, le paure, entra in conflitto con il corpo. La mente e il corpo fino ad oggi alleati, entrano in guerra. Il corpo verrà trattato come un nemico temibile che tutt'al più potrà essere tenuto a bada con strategie spesso contro natura, che renderanno presto un corpo sano, malato (Fabiola De Clercq, 1999).
Le caratteristiche tipiche di chi soffre per questo disturbo sono le seguenti:
- Weight-phobia: è la paura eccessiva e continua di ingrassare accompagnata a costanti "fluttuazioni" della propria immagine corporea: "Sono grasso/a, sono magro/a". La persona ha ossessivamente paura di essere grassa e questa paura persiste anche quando il dimagrimento è obiettivamente esasperato. Tale timore può portare a sviluppare delle dismorfofobie localizzate, per cui la percezione che alcune parti del corpo siano ancora "troppo grasse": in genere addome, cosce, glutei.
- Drive for Thinnes: spinta alla magrezza. Nel caso delle persone che vivono una fase anoressica del disturbo si riscontra l'osservazione di digiuni prolungati, l'eliminazione del cibo ingerito attraverso il vomito e/o l'uso di lassativi, oppure intraprendere un'attività fisica eccessiva. Possono esserci delle forme che vedono l'utilizzo di più metodi per mantenere la propria condizione di "magrezza".
- La persona è estremamente insoddisfatta del proprio peso corporeo e del proprio aspetto, con un'eccessiva influenza del peso e della forma corporea sui livelli di autostima. Spesso la percezione è quella di non sentirsi più sicuri di sè. L'immagine distorta e negativa del proprio corpo influenza negativamente i livelli di autostima, per cui la persona prova sentimenti di incapacità e inadeguatezza, compensati solo in parte dalle sensazioni positive derivanti dall'attuazione di un rigido controllo della propria fame. Tali sentimenti possono spingere il soggetto ad un progressivo isolamento sociale, favorito anche dalla necessità di nascondere le abitudini alimentari incongrue.
Nelle fasi più tipicamente di tipo bulimico della malattia, oltre agli aspetti indicati è presente un altro aspetto:
- Binge eating: frequenti abbuffate alimentari. La persona prova, in vari momenti della giornata, un irresistibile desiderio di cibo, che sfocia in episodi di iperalimentazione incontrollata, durante i quali ingerisce quantità massicce dei più svariati alimenti ed ha la sensazione di non essere in grado di smettere di mangiare. L'abbuffata può essere innescata da sensazione di tensione, noia, solitudine o tristezza. Essa termina perchè la persona si sente estremamente piena o nauseata o perchè teme di essere scoperta o perchè ha esaurito le scorte di cibo. Anche se l'abbuffata può allentare la tensione e gli altri sentimenti negativi che l'hanno precipitata, i sentimenti di colpa che assalgono la persona dopo l'episodio di iperalimentazione sono tali da generare nuova ansia e tensione che, a loro volta, possono portare ad una nuova abbuffata, innescando un meccanismo circolare.