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Sol Invictus: dai natali del Sole a quelli di Cristo

Creato il 25 dicembre 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

Secondo il Cronografo del 354 – calendario illustrato per l’anno 354 d.C. – a metà del IV secolo d.C. la data del 25 dicembre si faceva teatro di due fondamentali celebrazioni religiose: una pagana – quella del Dies Natalis Solis Invicti o, più semplicemente, Sol Invictus - e una cristiana – il Natale. Non è casuale che la festività dei natali di Cristo sia andata ad innestarsi sul culto pagano più importante del medio-tardo impero romano – a sua volta legato ad una delle più antiche festività romane, i Saturnalia. Al contrario, sarebbe affascinante cercare di comprenderne, almeno in parte, i motivi.

Fine dell’anno 274 d.C., solstizio d’inverno. L’imperatore Aureliano indossa una corona di raggi e consacra il tempio del Sol Invictus, che ha fatto edificare alle pendici del colle Quirinale. Da un lato si festeggiano le importanti vittorie militari del 272 d.C. contro la regina Zenobia, secondo il princeps ispirate dal dio Sole di Emesa – tant’è che l’attributo Invictus è derivato dalla titolatura imperiale e strettamente legato all’ambito militare -. D’altra parte, sono anche oggetto di celebrazione le “nozze” tra la notte più lunga e il giorno più breve, di origine ben più remota: dal loro connubio, il Sole rinasce. La celebrazione del Sole proprio nei giorni in cui la sua “presenza” è minima può apparire quasi paradossale, ma il significato della rinascita solare è che infine la luce riuscirà a prevalere nella sua eterna lotta contro le tenebre e le giornate ricominceranno, lentamente, a guadagnare durata a scapito del buio. In onore dei natali del Sol Invictus si accendono dei fuochi, simbolo della festività della luce.

I rituali alla base del culto romano del Sol Invictus hanno origini orientali: in Siria e in Egitto i sacerdoti che celebravano riti simili avevano il compito di annunciare, a mezzanotte, la nascita del Sole, raffigurato come un infante e partorito da una Vergine. L’apologeta Epifanio di Salamina, il quale dedicò buona parte della sua vita alla lotta contro le eresie, segnala che in svariate città d’Arabia e d’Egitto esistevano feste dedicate alla vittoria della luce sulle tenebre.

L’appellativo religioso Sol Invictus è stato affiancato a svariate divinità penetrate nella sincretistica religiosità romana di età imperiale: El-GabalMitraHelios. Queste sono poi confluite nel monoteismo solare diffusosi a Roma dall’età dei Severi, soprattutto ad opera dell’imperatore Eliogabalo (218-222 d.C.). Il giovane imperatore-sacerdote, nel corso del suo breve principato, tentò di imporre a Roma il culto di Elagabalus Sol Invictus, dio solare della sua città di origine, Emesa. Benché dopo la sua morte violenta il culto sia stato abbandonato nella capitale, nell’iconografia imperiale successiva – in particolare in ambito numismatico – rimase l’immagine del princeps coronato di raggi. Solo sotto Aureliano il Sol Invictus si consolidò e fu definitivamente ufficializzato: il giorno natale del sole invitto cadeva a fine dicembre, ma fino al Cronografo del 354 non si hanno altre testimonianze che lo collochino precisamente il 25 del mese. Quel che è certo è che la festività si svolgeva, come già detto, nel periodo del solstizio d’inverno e al termine dei Saturnalia, aumentando in tal modo prestigio e popolarità di entrambe le celebrazioni.

La diffusa partecipazione ai riti – pagani – legati al Dies Natalis Solis Invicti non si è affievolita nel corso del VI secolo d.C., teatro della repentina inversione di rotta religiosa ai vertici dell’impero e della diffusione del cristianesimo. Nell’iconografia dello stesso primo imperatore cristiano, Costantino, il simbolo del Sol Invictus ricopre un ruolo eccezionalmente rilevante – ma anche rivisitato: ciò risulta evidente in modo particolare dall’analisi della monetazione costantiniana. Complice della sopravvivenza del Sol Invictus nel VI secolo, nella religiosità tanto quanto nell’iconografia imperiale, è stata certamente la consonanza di simbolismi con il cristianesimo: la luce e le sue fonti – fuoco, lucerna, stelle, sole – sono immagini molto care al giudaismo e volentieri riprese dal cristianesimo, che le associa alla figura del Cristo portatore di conoscenza e verità.

Ma come si è giunti alla situazione di metà VI secolo illustrata dal Cronografo, nella quale le festività per i natali del Sole e di Cristo coincidevano? E’ risaputo che nei primissimi secoli di vita del cristianesimo non esisteva una solida, autorevole e unitaria tradizione di celebrazione della nascita di Cristo: i Padri dei primi tre secoli ignoravano tale festività. Di questa prima fase abbiamo testimonianze, per lo più da oriente, di festeggiamenti del Natale in date anche molto lontane tra loro: secondo Clemente di Alessandria, uno dei Padri della Chiesa di III secolo, in area mediorientale il Natale si celebrava il 6 gennaio o in periodo pasquale – tra fine marzo e fine aprile -, ossia in corrispondenza di quelli che sarebbero stati i giorni del concepimento di Cristo. Nella scelta del 25 dicembre come data convenzionale per la festività ebbe un ruolo di primo piano l’ambiente romano. Si è ormai concordi nell’interpretare tale operazione come una mossa fondamentalmente “politica”: sovrapporre alle due principali – e all’epoca ancora molto diffuse – festività pagane, i Saturnalia e il Sol Invictus, la celebrazione della nascita del Messia decretò l’affievolimento di quei, seppur resistenti, aneliti di paganesimo.

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