È capitato a molti di addormentarsi al cinema, magari dopo una cena un po’ pesante o di fronte all’ennesimo “mattone” che il caro amico esperto cinefilo ha caldamente raccomandato…
Non è di questo che parleremo, ovvero non approfondiremo il tema del dormire in un cinema ma del rapporto tra film e sonno, un connubio che ha prodotto pellicole inquietanti e capolavori assoluti.
Il dormire, in quanto tuffo nell’oscurità e in una vita “altra”, è un potente simbolo narrativo, arricchito dalle suggestioni legate alla dimensione del sogno.
Ecco quindi che già nel 1946 Humphrey Bogart e Lauren Bacall interpretano “Il grande sonno”, film in cui Morfeo è metafora della morte. È un’intera città a dormire nel francese “Mentre Parigi dorme”, dello stesso anno. L’assenza di sonno è invece al centro della trama de “L’uomo senza sonno” (2004), in cui il protagonista non chiude occhio da oltre un anno. Un altro insonne è il protagonista del film di Dario Argento “Non ho sonno” (2000), che narra le vicende di un anziano investigatore.
Vita o sogno? Su questo tema si intrecciano le vicende di “Anna Oz” (1996) e “Passion of mind” (1999), in cui si fatica a comprendere quale vita – fra le due – delle protagoniste sia reale e quale onirica. Confuso fra sogno e vita vera è il protagonista del film “L’arte del sogno” (2006), intrappolato in un sogno comatoso è invece Wiley, personaggio principale di “Waking life” (2001).
Un ladro di pensieri, che ruba durante i sogni delle persone, è al centro della storia raccontata in Inception (2010).
In questa carrellata non potevano mancare i capolavori assoluti: “Sogni” (1990) di Akira Kurosawa, otto episodi onirici nati anche dai sogni del grande maestro giapponese; “8½” di Federico Fellini (1963), in cui Marcello Mastroianni è raggiunto da ricordi infantili e sogni realistici.