La celerità con cui si è mossa la polizia è stata pari a quella di quei 400 bastardi razzisti si sono organizzati per dare l’assalto al campo nomade e darlo alle fiamme. Una vicenda quella della ragazza della Falchera che impressiona e ci deve condurre ad alcune riflessioni, evitando di farci addolcire la pillola dalle dichiarazioni del sindaco Fassino: “Torino non è razzista e lo ha dimostrato già dagli anni ’60 con l’accoglienza di centinaia di migliaia di immigrati, provenienti dal sud Italia.”
Già, caro compagno Fassino, Torino ha proprio dimostrato allora che città chiusa e razzista fosse! Con quanta grettezza si è speculato sulle ”disgrazie”(?) della gente del sud affittando catapecchie e mansardine o garages a prezzi da alloggi signorili, escludendo gli italiani nel loro paese dalla vita pubblica, rendendo impenetrabile fino al ’80 l’accesso a certi posti di privilegio, a disposizione di immeritatamente di cognomi indigeni. Una città aperta userebbe scivere sulle carte d’identità ”trasferito” e non “immigrato“, quanto meno per un cittadino italiano in Italia. Una società chiusa continua ad usare il titolo trasferendo la parola “immigrato“, e non migrante, da padre in figlio, facendolo ereditare alle generazioni nate e cresciute qui. Una persona emigra, signor sindaco, é un emigrante quando parte. Quando arriva, dovunque arrivi, è un residente, non un immigrato a vita. Una società aperta cancella la parola immigrato quando scrive residente. Una città che divide i suoi abitanti tra residenti (nativi) ed immigrati, non fa integrazione seriamente. Eppoi, nonlo dica lei se Torino era accogliente e tollerante, lo chieda a chi stava dall’altro lato, coloro che dormivano a Portanuova e sulle panche ai giardini reali lo sanno meglio di lei, quand’era aperta Torino.
Come si può pensare di modernizzare (nei fatti) il Paese adeguando (in questo sì, ci piacerebbe) l’Italia al resto del mondo, dando la cittadinanza italiana ai figli degli emigranti nati nel nostro paese, se qui si catalogano e “studiano” le seconde e terze generazioni? Come non capire che se sulle persone nate in un territorio, ci sono cose ”particolari” da studiare e da catalogare, é perchè l’integrazione( mai tentata dai nativi) é stata fallimentare da circa un secolo?
Rimanendo nella traccia di come é stata presa la “sciocca invenzione di una sedicenne” che ha provocato il dramma dei nomadi della Cascina Continassa, salvati solo dal preavviso degli abitanti della Falchera (questi si migranti e solidali), non si riflette su quello che davvero è accaduto domenica: Una sedicenne ha fretta di “essere donna”, fa sesso con un UOMO, non col fidanzatino, e s’inventa quello che solo uno stupido razzista può trasformare in “una sciocchezza di una ragazzina timorosa della sua famiglia”. Poichè tutta la cortina fumogena alzata su questa storia, non ha permesso di chiedersi:” Ma…se la ragazzina può essere compresa, come mai quel deficiente, dopo aver fatto sesso con la ragazza, non sia saltato fuori a smentire subito la versione pericolosa della fanciulla? Lui non ha sedici anni e non ha la famiglia che lo vuole mantenere vergine quindi, perchè non farsi avanti con la polizia che indagava sullo ”stupro”? Se la ragazza voleva un UOMO per il suo trapasso a donna, ne ha trovato proprio uno di quelli esemplari che ha immediatamente mostrato tutta la sua tempra! E se, fantasticassimo per un attimo…e se invece la storia degli zingari stupratori, fosse stata suggerita proprio da cotanto UOMO, come si potrebbe più inquadrarla in “una sciocchezza inventata da una ragazza impaurita ”…? Ma lasciamo questo capitolo alle riflessioni che ognuno potrà fare da sè, chiediamoci invece com’é possibile invece che quattrocento scalmanati razzisti e delinquenti, possano partire dallo stadio, dopo la partita, arrivare al campo nomade e dargli fuoco senza che la polizia, sempre così folta durante le partite, non si sia accorta di cosa stava succedendo?com’é possibile che in una città ”…accogliente e tollerante…” come la giustifica il sindaco Fassino, ci siano quattrocento (400) persone che incontrandosi allo stadio si chiedono tra loro: “ Voi che fate nel dopopartita? Niente? Andiamo a dare fuoco al campo nomadi? Così gli facciamo vedere se uno di loro tocca più una di noi!!
Il problema é serio e grande, proprio perchè sottolinea la mancata integrazione di chi, arrivato in questa città da mezzo secolo ormai, è ancora ritenuto uno spregevole zingaro da tenere ai bordi della vita, prima ancora di quelli della città.
Non è solo Torino che rende difficile una integrazione reale anzi, a Torino abbiamo l’assessore Curti che in questo suo impegno, versa molte energie ed intelligenza e bisogna riconoscerle grandi successi, é che l’integrazione non é una cosa che si fa solo per proclami o nei palazzi, l’integrazione vera va guidata e non solo “tollerata”. Per questo Fassino, prima di parlare ci dica quando è stata l’ultima volta che ha fatto visita ai suoi cittadini abitanti del campo nomade della Continassa.
Si ricordi , signor sindaco, che in quelle quattrocento persone non c’erano immigrati, presenti in tanti nelle assemblee che si stanno facendo per l’Italia sulla raccolta firme per la cittadinanza ai bambini nati nel nostro paese, ma c’erano cittadini nostri, italiani ai quali il nostro impegno sull’integrazione non é arrivato. Su questo credo ci sia da riflettere e terreno su cui misurarsi ed impegnarsi.
Per rendersi conto di quando affermo provi a leggere il link che segue, interessante la data sulla busta che ho ricevuto. Si renda conto che non c’é molto lavoro fatto alle spalle. http://it.paperblog.com/la-testa-e-la-pancia-533518/