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Sophisticated Beggar - Roy Harper

Creato il 03 maggio 2013 da Stanza51 @massimo1963


Sophisticated Beggar - Roy Harper Il fenomeno della British invasion, così come con un pizzico di sciovinismo gli Americani definiscono lo sconfinamento in territori musicali a stelle e strisce da parte dei cugini inglesi, non riguarda soltanto l'appropriazione indebita del rock-blues nero ad opera dei nuovi paladini del blues bianco, oppure il più recente fenomeno psichedelico che senz'altro ha origine nella West Coast ma sta assumendo dimensione internazionale anche grazie a gruppi provenienti dalla perfida Albione. Riguarda anche, come nell'esempio che ci accingiamo ad illustrare, il mondo musicale dei cosiddetti songwriters. Con questo termine si indica colui che scrive le proprie canzoni e le canta. Un fenomeno che trova un parallelo col cosiddetto cinema d'autore, in cui l'opera - lungi dall'essere il risultato di un lavoro d'equipe - reca l'impronta fortemente soggettiva del regista, il quale sovraintende a tutte le fasi della realizzazione del film: dalla sceneggiatura alla scenografia, dal montaggio alla fotografia. Non è dunque altrewttanto corretto parlare di canzone d'autore quando ci riferiamo a Bob Dylan o, per stare ad un esempio recentissimo e già trattato da Stanza 51 la scorsa settimana, a Laura Nyro? E Leonard Cohen non ne è forse l'esempio più chiaro? Quando capita che l'Inghilterra sforni un nome nuovo come quello di Roy Harper che va di diritto ad ingrossare la lista per lo più americana dei songwriters, ci rendiamo conto che il fenomeno della British invasion ha contorni molto più ampi di quelli che solitamente gli si attribuiscono. Roy Harper è soprattutto un chitarrista di straordinario talento che scrive in prima persona i testi delle sue canzoni. Di lui sappiamo che è un ribelle con alle spalle un'adolescenza tormentata vissuta a fianco del padre e della matrigna, che ha smesso di frequentare la scuola a soli quindici anni per arruolarsi nella Royal Air Force, che è stato successivamente "trattato" con l'elettroschock a causa dell'esaurimento causatogli dalla vita militare. C'è un altro personaggio della scena musicale attuale che condivide con Harper l'esperienza di questa "terapia": Lou Reed. Anche se nel caso dell'artista newyorchese l'iniziativa fu presa dai suoi genitori per tentare di guarirlo dalla sua omosessualità... Cosa c'è dentro questo disco oltre all'amore per il blues coltivato sin da bambino? Innanzitutto una vera e propria poetica annunciata addirittura dal titolo, sofisticato mendicante, fatta di soluzioni chitarristiche originali ed estemporanee, specchio appunto della vita di Harper fino a questo momento, una vita da vagabondo e da artista di strada, i cui testi lirici ed impressionistI si fondono alla perfezione con gli arpeggi evocativi della chitarra. L'intero album è dominato dalle sei corde acustiche, dalla voce di Harper e da un sottobosco di sonorità evocative che strizzano l'occhio alle tendenze psichedeliche del momento. Soprattutto l'introduttiva China Girl ne è buona testimone, mentre la successiva Goldfish si limita ad un sognante arpeggio folk e lo sviluppa da cima a fondo senza concessioni alla modernità. Il duetto di chitarre che caratterizza il brano che dà il titolo all'album mette in evidenza le qualità tecniche di Harper come musicista, alle prese con sonorità di matrice indiana padroneggiate con classe ed accompagnate da una voce convincente ed all'altezza del contenuto musicale del brano. Le atmosfere si fanno oniriche con la successiva, eterea My Friend, per poi aprirsi un varco riflessivo e struggente con Big Fat Silver Aeroplane. La complessa e raffinata Blackpool, con i suoi accenti classici ed il veloce tempo in 3/8 ci fa scivolare in un mondo senza tempo e lascia una porta socchiusa su un possibile nuovo scenario che la musica moderna potrà prima o poi sperimentare. L'impressione è che - se lo farà - partirà proprio dall'Inghilterra. Nuova escursione in territorio folk-blues con Legend ed atmsfere addirittura country con Girlie, seppure solo accennate in un contesto che resta prettamente folk. October 12th prosegue sulla medesima rotta prima che Black Clouds ci sorprenda con un arpeggio classichegiante e cambi di tonalità improvvisi che innescano una melodia inusuale ed affascinante. E così, come un fulmine a ciel sereno, arriva Mr. Station Master, un brano in cui per la prima volta alla chitarra si aggiungono batteria, basso ed un organo: un omaggio alla tradizione americana del rock'n'roll e del folk senza esitazione alcuna. Forever ci restituisce la dimensione intimista del binomio voce-chitarra, prima che Committed chiuda l'album in un modo del tutto inatteso aprendosi al vecchio beat e lasciando in evidenza il basso e la batteria sul resto degli strumenti. E' difficile immaginare quali sbocchi potrà avere la carriera di questo giovane e talentuoso chitarrista: l'impressiopne è che abbia tutte le carte in regola sia per chiudersi in se stesso con un originale marchio di fabbrica sulla sua musica, sia per aprirsi a nuove soluzioni, forse quelle della contaminazione del rock con il classico lasciate intravedere con Blackpool. Per il momento godiamoci l'ascolto di questo disco carico di evocatività e di trame sonore sofisticate e semplici allo stesso tempo.


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