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S&P 500: le prime crepe

Da Finanza E Dintorni @finanzadintorni

Lo S&P 500  ha chiuso la seduta a 1.655 punti, registrando un -0,33%.

Il bilancio settimanale è pari ad un -2,1%.

Grafico:

Grafico nr. 1 - S&P 500

Grafico nr. 1 – S&P 500

La scorsa settimana si scriveva:

“Il ribasso settimanale, a mio avviso, al momento non intacca in alcun modo l’impostazione rialzista di fondo dello S&P 500.”.

E successivamente si precisava:

“Difatti, un primo campanello d’allarme suonerebbe solo con una perforazione convinta del precedente massimo di periodo a 1.687 punti registrato il 22 maggio, che relegherebbe il recente superamento come una pericolosa falsa rottura.”.

Grafico:

Grafico nr. 2 - S&P 500 - Cedimento precedente massimo

Grafico nr. 2 – S&P 500 – Cedimento precedente massimo

Come potete osservare, il primo campanello d’allarme è suonato e, guarda caso, una volta persa area 1.687 sono scattate vendite talmente consistenti da originare un gap down, evento estremamente inconsueto per lo S&P 500, che solitamente apre esattamente in coincidenza con la chiusura della seduta precedente.

Proprio perché evento inconsueto e perché formatosi su un picco, la formazione di tale gap down ed il messaggio di debolezza ad esso legato sono meritevoli di particolare attenzione.

Inoltre, il fatto si sia tornati nuovamente al di sotto di area 1.687, senza mai averla precedentemente allontanata con decisione, ci porta a considerare tale movimento come una falsa rottura, aspetto ovviamente negativo.

Diamo ora uno sguardo al Vix, l’indice della volatilità del mercato azionario USA:

Grafico nr. 3 - VIX - Gap up

Grafico nr. 3 – VIX – Gap up

Come potete notare, il Vix, pur rimanendo su livelli indiscutibilmente contenuti, nel salire ha prodotto un gap up che, essendosi formato, per l’appunto, su valori bassi è indice di forza.

Forza, però, della volatilità, il cui andamento solitamente è inversamente proporzionale allo S&P 500.

In altre parole, abbiamo un altro elemento negativo da annotare e, poiché arriviamo, come più volte ricordato, da un rialzo che dura da quasi 4 anni e mezzo e grazie a cui si è saliti di oltre il 150% dai valori di partenza, ogni crepa non va sottovalutata.

Sia chiaro, l’ottimo stato di salute del mercato immobiliare americano e la politica monetaria tuttora favorevole non consentono di  escludere sin d’ora la possibilità di rivedere o persino ritoccare i recenti massimi (1.709 del 2 agosto), ma dal lato opposto è altrettanto vero che, prima di dar per certi nuovi picchi futuri, sarà bene monitorare attentamente l’evoluzione (o l’involuzione) dell’attuale situazione.

Degli elevatissimi livelli della leva se n’è già parlato (‘Margin debt: analisi’ ), affermando, tra l’altro, che nel caso in cui una correzione dovesse rivelarsi talmente decisa da far scattare la liquidazione forzata dei titoli posti a garanzia, le vendite si sommerebbero e le conseguenze negative si amplificherebbero.

In tal caso avremo panico e le possibilità di nuovi futuri massimi diverrebbero marginali.

Ad ogni modo, è bene far un passo per volta e, nel farlo, individuare un primo livello che potrebbe contrapporsi al calo in corso che a mio avviso è tutt’altro che esaurito: minimo a 1.560 punti registrato il 24 giugno (vedi grafico nr. 2).

Con l’eventuale perforazione convinta anche di tale soglia avremo dei minimi decrescenti, il che andrebbe ovviamente registrato come un ulteriore elemento negativo da aggiungersi al cedimento già avvenuto di area 1.687.

Tale livello (1.560 punti) assume ancor più rilevanza se rivolgiamo lo sguardo ad un grafico di lungo periodo (base mensile):

Grafico nr. 4 - S&P 500 - grafico di lungo termine

Grafico nr. 4 – S&P 500 – grafico di lungo termine

Come potete notare i 1.560 punti (evidenziati nel cerchio) sono proprio all’interno di una importante area di supporto delimitata dai massimi del 2000 (1.552) e da quelli del 2007 (1.576).

Alla luce di quanto appena rimarcato, l’area da monitorare è 1.552-1.576 punti ed una sua eventuale rottura convinta da parte dello S&P 500, quindi, non solo implicherebbe la presenza di minimi decrescenti precedentemente citati, ma pure un segnale negativo di lungo termine.

Può darsi che le mani forti non abbiano ancora distribuito (quindi venduto e magari aperto posizioni short) a sufficienza per aver l’interesse di lasciar cadere lo S&P 500 al di sotto di tale zona di prezzo fondamentale, ma è facile dedurre che il rialzo in corso dell’oro recentemente avviatosi sia  alimentato principalmente dai loro ingenti acquisti con la finalità di proteggersi (l’oro sale con l’aumentare delle tensioni) nell’eventualità in cui la situazione divenisse ingovernabile.

A mio avviso area 1.552-1.576 resta molto solida, ma è altrettanto vero che è sempre più vicina e, nel caso in cui dovesse verificarsi un evento negativo, i rischi di una sua rottura diventerebbero elevatissimi, pericolo da cui le mani forti evidentemente desiderano  assicurarsi.

Riccardo Fracasso


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