Magazine Sport

Spagna-Tahiti – Il senso del “non fermarsi” (by Alessandro Bassi)

Creato il 22 giugno 2013 da Simo785

Spagna-Tahiti – Il senso del “non fermarsi” (by Alessandro Bassi) Devo essere sincero. Mi sono appassionato molto a vedere Spagna – Tahiti. A 31 anni di distanza da quel 10-1 in una competizione ufficiale F.I.F.A. (mondiale 1982) mi sono divertito ad usare il pallottoliere per non perdere il conto delle reti (10) che la Spagna, campione di tutto, ha rifilato a Tahiti. E mi sono scoperto a pensare, più volte, durante la partita: che bello, esiste ancora la diversità nel calcio!

In un calcio del duemila iperspecializzato, iperprofessionistico, ipertattico e iperquelchevipare, vedere giocare tra di loro due squadre così distanti mi ha fatto bene, mi ha coinvolto come da tanti, troppi anni il calcio non sapeva più fare; mi sono scoperto a tifare – sì, sì, giuro: tifare! – contemporaneamente per Tahiti, nella speranza che riuscisse a segnare almeno una rete ai campioni di tutto e per la Spagna, desideroso che segnasse più goal possibili. Perchè il calcio, per quel che mi riguarda, è essenzialmente fare goal. Tanto per capirci: per me la partita perfetta non è certo quella che termina 0-0, manca qualcosa allo 0-0, manca il goal. E non credo sia mancanza da poco.

Tutto bello, tutto divertente. Poi ho commesso l’imperdonabile errore di ascoltare 5 minuti (non di più davvero) di commenti da studio. Premesso che ho visto la partita senza audio perchè sono convinto che i giornalisti non siano importanti in una partita di calcio, sono rimasto sbigottito nel sentire i commentatori contestare alla Spagna di “non essersi fermata” e alla F.I.F.A. di aver permesso una partita “a questi livelli” con tale disparità in campo.

Mi sono sentito, per l’ennesima volta, un estraneo in questa nazione.

Il calcio è soprattutto segnare reti, perchè è spettacolo e cosa c’è di più spettacolare che vedere la palla entrare in porta?! La Spagna non ha mai forzato, ha segnato dieci reti giocando e facendo giocare, in una partita godibile e nel pieno rispetto dell’avversario. È una competizione ufficiale, dopo tutto. E Tahiti a fine partita non ha fatto una piega. Basterebbe avere un po’ di conoscenza calcistica internazionale (vabbè….) per sapere che proprio Tahiti è abituata a perdere e a vincere con scarti molto ampi. Un esempio su tutti. Nel giugno del 2012, durante il girone finale della Coppa delle Nazioni Oceaniche (la cui vittoria ha dato il diritto a Tahiti di essere oggi alla Confederation Cup), Tahiti vinse contro Samoa 10-1

quel che voglio dire è che il campo deve dare la misura delle differenze tra le due squadre, e se ci sono 10 goal di differenza, bè, credo che la squadra più forte abbia il dovere di segnarli e che lo spettatore abbia il diritto di vederli, questi goal.

E a proposito di diritto, quale vanta l’Italia per essere in Brasile in questi giorni? Salvo mio errore, non mi risulta che abbia vinto nulla la nazionale azzurra nell’ultimo quadriennio, anzi: l’anno scorso ha perso la finale degli Europei 0-4 contro la Spagna (de nuevo tu…).

E non mi si venga a dire – come purtroppo è stato detto – che giocare contro avversari così deboli falsa la competizione e regala (ehhhhhh?!?!) giorni di riposo agli avversari. La nostra mentalità è così malata che non ci accorgiamo neanche più del declino dei nostri pensieri. Vogliamo che solo alcune nazionali partecipino a determinate manifestazioni? L’Oceania ha lo stesso diritto di partecipare che ha l’Europa o il Sud America. Se deroghiamo da questo principio allora il passo successivo quale sarà?

Buona vita!


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazine