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Spartaco ricorda…Bruce Lee

Creato il 18 agosto 2013 da Simo785

Spartaco ricorda…Bruce Lee

Dall’archivio del Bar Frankie, pubblicazione originale del Novembre 2012.

NATO SOTTO IL SEGNO DEL DRAGONE

Bruce Jun Fan Lee già dal nome, per chi conosce il cinese, aveva il destino segnato. Jun Fan tradotto alla lettera significa “ritorna ancora”, forse perché il padre sperava che potesse ritornare, un giorno, nella città che gli diede i natali, San Francisco; il secondo nome Xiao Feng “piccola fenice”, sembra quasi essere un buon auspicio considerando le avversità e soprattutto i gravi incidenti patiti durante le sue sperimentazioni marziali; infine l’ultimo nomignolo, questo però affibbiatogli dal regista di uno dei tanti film in cui interpretò un piccolo ruolo a 8 anni è Xiao Long “piccolo drago”, in quanto nato sotto il segno zodiacale cinese del drago e, come i nati del segno sembrava essere sin da piccolo indomito ed esuberante. Nacque a San Francisco il 27 novembre 1940 dal noto attore cinese Li Hoi-Chuen che si trovava con la moglie Grace e gli altri 3 figli negli Stati Uniti per una tournèe. Dopo pochi mesi la famiglia tornò a Hong Kong e qualche anno nacque il fratello con cui probabilmente ebbe rapporti più stretti, Peter. Da bambino Lee iniziò a studiare danza, ma intorno ai 10 anni la lasciò per praticare il Wing Chun, stile di Kung Fu (Wu Shu) molto efficace nel combattimento ravvicinato nella nota palestra del maestro Yip Man. Il motivo è abbastanza semplice, il “piccolo drago” non tollerava le vessazioni dei piccoli criminali che affollavano le strade di Hong Kong e con cui spesso “si trovava a discutere”, quindi pensò bene di apprendere un’arte marziale per difendersi dalle aggressioni.

Crescendo Bruce Lee divenne ancora più impavido, non curandosi dei pericolosi screzi accumulati con alcune bande di piccoli criminali di Hong Kong e anche a scuola il suo temperamento focoso mal si conciliava con il marcato rigore della Cina degli anni ’50. Il padre preoccupato per il comportamento del figlio, che oltre a mettere in pericolo se stesso danneggiava la reputazione della famiglia, nel 1959 decise di mandarlo negli Stati Uniti a terminare gli studi superiori. Il drago tornò proprio a San Francisco, ospite di un amico del padre. Ovviamente la voglia di libertà e di conoscere il mondo fecero sì che Bruce lasciò la casa in cui era ospite a San Francisco e si spostò a Seattle, dove riuscì a diplomarsi nel 1962. Successivamente frequentò la facoltà di filosofia dell’Università di Washington, ma si ritirò al penultimo anno. Durante le lezioni conobbe Linda Emery che sposò nell’agosto del 1964, dalla loro unione nacquero Brandon nel 1965 e Shannon Emery nel 1969.

Bruce Lee ha rivoluzionato non solo il cinema, ma anche le arti marziali con il suo approccio onnicomprensivo. Ancora oggi è l’icona delle arti marziali, un po’ come Muhammad Ali per la boxe. Per quanto alcune scuole tradizionali ne prendono le distanze perché nella loro ortodossia cieca non possono riconoscere come validi approcci diversi da quelli tradizionali, il contributo di Lee è stato enorme e non circoscritto alle arti marziali, ma anche culturale.

Tornando al cinema, possiamo dire che grazie a lui la fiorente produzione di “pellicole marziali” è sbarcata oltreoceano, ma non come mera trasposizione del genere di Hong Kong. I film cinesi erano molto teatrali nelle coreografie dei combattimenti, con Bruce Lee questa caratteristica cambiò in senso opposto, quindi la sua visione da un lato modificò radicalmente un modo consolidato di fare cinema, dall’altro fece conoscere negli USA e, successivamente in tutto il mondo, un genere quasi sconosciuto. Le sale dei cinema si riempirono di giovani, il successo arrivò rapidamente. Il primo ruolo da protagonista fu nel film Il furore della Cina colpisce ancora del 1971, seguito da Dalla Cina con furore, del 1972. Iniziò ad accumulare un discreto capitale che gli permise di fondare una propria casa di produzione. Continuò la sua produzione e recitazione nell’indimenticabile cult L’urlo di Chen terrorizza anche l’occidente, sempre del 1972. In quel film ebbe un ruolo importante anche Chuck Norris, che era già stato incoronato campione mondiale di karate 3 volte.Affrontò Lee in un duello senza esclusione di colpi nel Colosseo, entrando nella storia del cinema. Richiese tre giorni di riprese, e venti pagine di sceneggiatura scritte e disegnate da Lee. Nel 1973 I tre dell’Operazione Drago consacrò definitivamente Bruce Lee come divo internazionale e il suo genere cinematografico toccò l’apice arrivando secondo al botteghino, solo dietro a L’esorcista. Il suo successo fu motivo di orgoglio per l’intero popolo cinese e, nonostante le minacce ricevute per il suo insegnamento delle arti marziali in Occidente da parte di alcuni gruppi di potere, Lee rimase legato alla sua terra e ai suoi connazionali che lo acclamavano non appena tornava in patria. Reputo rivoluzionario il suo cinema perché ha non solo rotto i canoni di Hong Kong, ma perché ha fatto conoscere al mondo le arti marziali tradizionali contravvenendo ai Diktat dei maestri più illustri che custodivano gelosamente queste antiche tradizioni. I suoi film hanno permesso a noi occidentali di conoscere una cultura pressoché sconosciuta, solo Marco Polo riuscì a far breccia oltre la muraglia e solo Bruce Lee ha svelato la sua patria, o almeno ha provato ad aprire le sue porte.

Gli Stati Uniti, la sua seconda patria, nel 1993 lo ha omaggiato con una stella sulla Hollywood Walk of Fame a Los Angeles, e nell’occasione di quello che sarebbe stato il suo 65º compleanno, una statua commemorativa è stata posta sull’Avenue of the Stars a Hong Kong. Un’altra statua più piccola, ma sicuramente di grande onore per la memoria del drago, è stata eretta a Mostar, come simbolo della pacificazione fra Serbi e Croati. Tutto questo sta a significare quanto ancora oggi sia apprezzato.

Se dai suoi film che hanno appassionato generazioni non dovesse trasparire la sua grandezza e innovazione, sicuramente questa è più marcata nella pratica delle arti marziali. La cosa che ancora oggi dovrebbe servire da monito a tanti maestri e praticanti di arti marziali è l’umiltà e soprattutto l’approccio olistico a questa attività. Lee oltre al Wing Chun praticò pugilato e con il fratello, schermidore, apprese i rudimenti di questa disciplina tanto che nel 1966, decise di dare un nome al suo “stile senza stile”: Jeet Kune Do. Una delle definizioni più affascinanti che Lee dà del suo stile è: “Per ragioni di sicurezza la vita, che non ha limiti, viene trasformata in qualcosa di morto, in un modello che ha dei limiti. Per capire il Jeet Kune Do, getta alle ortiche tutti gli schemi, tutti i modelli, tutti gli stili e lo stesso concetto di ciò che non è ideale nel Jeet Kune Do. Sai definire una situazione senza darle un nome? Definire, dare un nome, fa paura”. Tutto nella sua forma mentis doveva essere funzionale e, quindi, tutte le discipline avevano dei punti di forza,  un antesignano del sergente Gunny interpretato da Eastwood! Nel Jeet Kune Do si conciliano esercizi tipici del culturismo con movimenti esplosivi ed agili, attività aerobica con esercizi di stretching atti ad aumentare la flessibilità. Lee curò la preparazione fisica in modo maniacale, arrivando addirittura a realizzare macchinari all’avanguardia, “padri” degli attuali elettrostimolatori. Nonostante la fusione di esercizi della tradizione orientale con più specifici movimenti e pratiche delle discipline occidentali, non mancò mai di ribadire l’importanza della mente e dello spirito per la pratica delle arti marziali. Probabilmente anche la cura di questo aspetto lo aiutò molto a recuperare dal gravissimo infortunio alla schiena che accusò nel 1970, poco prima che la sua carriera cinematografica decollasse definitivamente, dopo anni passati a fare piccoli ruoli in film e serie televisive.

Ancora oggi sono molte le leggende che circolano sulla sua morte, un po’ come quella del figlio Brandon. Alcuni dicono che sia stato avvelenato dalla triade cinese o, peggio ancora, che il malore che ha preceduto la sua fine sia stato indotto dagli allenamenti esasperati con metodi poco ortodossi che avrebbero dapprima minato il suo equilibrio psichico, conducendolo al consumo di droghe e medicinali. Un po’ come tutte le leggende non ci è dato sapere come stiano veramente le cose e questo un po’ continua ad alimentarne il mito. A soli 33 anni, il 10 maggio Bruce Lee durante il doppiaggio del suo film di maggior successo, fu ricoverato agonizzante per via di convulsioni provocate da un edema cerebrale, grazie alle cure mediche si salvò, ma tre mesi dopo ad Hong Kong durante le riprese del suo ultimo lavoro Game of death non superò la malattia. La versione ufficiale è che non si svegliò più dopo aver assunto dei medicinali per dei forti dolori alla testa e l’autopsia rivelò che non c’erano sostanze stupefacenti nel sangue, si ritrovarono solo gli eccipienti del medicinale assunto.

Per l’ultimo viaggio portarono la sua bara nel cimitero di Seattle: Steve McQueen, James Coburn, Chuck Norris, Dan Inosanto, Taky Kimura, Peter Chin e il fratello Robert.

A me non rimane che lasciare in eredità ai miei figli, quando ne avrò, una bella bandiera con la sua immagine tratta da I tre dell’operazione drago e parlargli di un grande sognatore, di una leggenda.


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