E' uscito il 15 settembre il primo romanzo pubblicato di Raffaele Simone, Le passioni dell'anima, dove la storia si mescola alla filosofia portando luce nuova alla figura del grande pensatore Descartes.
La trama:
Il 1° settembre 1649, da un porto olandese, un viaggiatore straordinario si imbarca per Stoccolma. Chi invita in Svezia René Descartes è la regina Cristina, trionfatrice della Guerra dei Trent’anni, femme philosophe, che allo stuolo di eruditi di cui si è circondata vuole aggiungere, come culmine, il grande francese. A Stoccolma, che vive uno dei suoi autunni più gelidi e cupi, Descartes incontra amici fidati (l’ambasciatore di Francia Chanut e sua moglie Emilie), molta gente singolare (il pittore Machado, inetto nella pittura ma poeta esperto) e moltissima malfida. Rintanato in casa, isolato da tutti, in attesa della chiamata della regina, si rende conto che solo la vanità lo ha indotto al durissimo viaggio: la regina sembra aver perso interesse per lui, mentre gli si crea attorno un clima di dicerie e sospetti. Gli echi del mondo esterno gli arrivano, attutiti dal freddo, attraverso i racconti del valletto: la presenza invisibile del cancelliere Oxenstierna, l’ombra del re Gustavo Adolfo, il clima di doppiezza e di insidia alimentato da un fitto reticolo di spie.A sostenere Descartes è la corrispondenza che tiene con mezza Europa, in particolare con la principessa Elisabetta, oggetto di una straordinaria passione intellettuale: a lei dà consigli filosofici, medici e politici e confida la sua speranza di ritorno. Nel contempo però commette imperdonabili errori, come dedicare alla regina il trattato Le passioni dell’anima che ha scritto per Elisabetta. Nella sua casa, ove più voci gli riportano dei complotti della corte, è visitato da sogni, sperimenta il richiamo dell’eros, attraverso Machado si inizia alle arti, è l’ignaro oggetto della passione di Madame Chanut.Ma in un’alba di ghiaccio, mentre aspetta di esser ricevuto dalla regina, Descartes ha il malore che lo conduce a morte. Nella narrazione delle sue ultime ore, fatta a più voci, in un’insostenibile concitazione si affacciano tutte le interpretazioni, anche le più perturbanti.Le passioni dell’anima racconta tutto questo con un’impercettibile tessitura di testi autentici, interpolazioni e apocrifi, doppiando così nella scrittura una storia in cui il vero e il falso, il detto e il non detto s’intrecciano senza posa.
Un estratto:
«Tempeste di vento accompagnano la nostra avanzata, giorno e notte, con pioggia e senza: a momenti il vento è di tale violenza che pare svellere dal loro alloggiamento le assi della nave e gli alberi, che scricchiolano e si flettono come per ribellarsi alla forza che li opprime; in altri momenti è più blando ma sempre abbastanza potente da impedire le operazioni della navigazione e soprattutto, per quanto mi riguarda, ogni attività del pensiero.»Dal Diario di monsieur Descartes, 5 settembre 1649
L'autore:
Raffaele Simone è linguista, filosofo e saggista. Le passioni dell’anima è il suo primo romanzo edito a stampa.
COMMENTI (1)
Inviato il 10 dicembre a 04:45
LE PASSIONI DELL’ANIMA di Raffaele Simone Dopo la pubblicazione di fondamentali saggi e studi, che lo avevano collocato fra i maggiori linguisti internazionali contemporanei, con “Il paese del pressappoco” (Garzanti, 2005) a sorpresa Raffaele Simone donò ai lettori un grande affresco critico sulla natura degli italiani, sui loro difetti, sulla loro anarchica superficialità, rivelando notevoli capacità di analisi sociologica e politica e inserendosi a pieno titolo nella categoria letteraria dei moralisti moderni. Il libro fu una fresca e lieta sorpresa nell’ambito della nostra saggistica, giacché contribuì ad arricchire magistralmente la letteratura che indagava sulla “peculiarità” degli abitanti del Belpaese. Qualche anno dopo Simone diede alle stampe “Il Mostro Mite” (Garzanti, 2008), un assai intelligente saggio in cui lo scrittore analizzava le cause della crisi storica della Sinistra e dei progressisti - non soltanto in Italia - e l’avvolgente avanzata di un nuovo pervasivo Potere, quello della Neodestra, fondato sul consumismo di massa, sull’egoismo individualistico e su nuovi accattivanti modelli, che i partiti della Sinistra non avevano né saputo comprendere né contrastato (“il Mostro Mite – ammoniva l’autore - è la faccia sorridente che il Leviatano ha assunto nell’era globale”). Oggi Raffaele Simone torna a stupire i suoi lettori pubblicando non un altro saggio, ma un romanzo: il suo primo romanzo, “Le passioni dell’anima” (Garzanti, settembre 2011). Occorre chiedersi subito se la nuova opera dello stimato scrittore debba organicamente essere collegata ai suoi precedenti saggi “politici” (ancorché realizzata in un diverso genere letterario), oppure se essa vada letta come una tradizionale “narrazione” riferita agli ultimi mesi di vita del filosofo francese René Descartes, originalmente costruita con gli artifici del romanzo storico. Personalmente credo che, con “Le passioni dell’anima”, Simone intenda dare coerente continuità alla sua attenta analisi del Potere e dei meccanismi che impediscono alla società umana di migliorare se stessa mediante l’utilizzo della Saggezza e del Bene. Il romanzo narra – come ho detto prima - gli ultimi mesi di vita di René Descartes, dal suo viaggio per mare verso il regno di Cristina di Svezia (ottobre 1649) fino alla morte, avvenuta a Stoccolma l’11 febbraio 1650. La narrazione - costruita non con i consueti canoni del romanzo, ma mediante il sapiente montaggio di documenti storici originali, arricchiti da interpolazioni e lunghi brani vergati direttamente dallo scrittore - pone in evidenza una apparente, stridente contraddizione: quella tra il forte desiderio della regina di Svezia di ospitare a corte il più famoso filosofo del suo tempo e la condizione di Descartes – presso quella corte – di uomo “solo, afflitto, amareggiato, inquieto, senza affetti … tenuto in ostaggio da un’ignota potenza”. Cristina di Svezia, vincitrice della Guerra dei Trent’anni, oltre ad aver dato al suo Paese un ricchissimo patrimonio d’arte (grazie alle numerose opere trafugate dai territori dei nemici sconfitti), si prefisse anche di elevare il livello culturale sia della corte sia della popolazione del regno. E chiamò a Stoccolma, per tale scopo, scrittori, artisti, eruditi, filosofi, per i cui compiti elargì prebende, privilegi e pensioni. Ella volle alla sua corte anche il maggiore filosofo del suo tempo, il francese Descartes, da cui intendeva personalmente apprendere i valori del Sommo Bene. Dopo l’arrivo del filosofo in Svezia ella scrisse a un’amica: “E’ finalmente nelle mie mani la preda più bella di tutte le mie guerre: il più grande filosofo d’Europa, il più saggio, il più nobile; … una mente così augusta mancava alla mia collezione”. Ma gli entusiastici intenti della regina svanirono all’improvviso. Il mutamento viene così descritto da Cristina, nel libro: “ E’ per un mio cambiamento interiore che vedendolo ho capito che tutto era svanito, come se il flusso tra noi si fosse gelato. Ho capito d’un tratto che mi basta averlo catturato e tenerlo qui come preda: quel che avevo dinanzi non era il grande filosofo di cui avevo ricercato la simpatia, ma una grossa lepre che s’era lasciata prendere”. A Descartes tocca, quindi, la stessa sorte che toccò a Platone invitato in Sicilia dal tiranno di Siracusa e da questi accantonato e non utilizzato. Il Potere, vuole dirci Simone, mostra solo apparentemente di voler fare tesoro dei grandi spiriti . In realtà esso punta soltanto a imprigionarli e annullarli. Come nella Svezia della regina Cristina anche oggi, nella società politica (in particolare in quella italiana), buona parte della “ intellighentsia” emergente – i cortigiani della “servitù volontaria” – è infatti asservita sterilmente al Potere mediante prebende, privilegi e favori. La responsabilità di tale stato di cose, ammonisce Simone, è da addebitare tuttavia agli stessi filosofi e intellettuali. Descartes, nel romanzo, attribuisce infatti alla Vanità la sua accettazione dell’invito a Stoccolma: accettazione che ha comportato il suo allontanamento dalla Francia e dall’Olanda, dagli amici, dal prestigio meritato e goduto, per trasferirsi in terre fredde e lontane, dove ha finito per trovare l’isolamento e la morte. Oltre alla Vanità, il romanzo analizza anche le varie e contrastanti passioni da cui è agitata l’anima degli esseri umani: la Saggezza, la Speranza, il Timore, la Venerazione, l’Amore, la Pietà, la Gioia, l’Ammirazione, lo Sbalordimento, l’Inerzia, il Timore, l’Umiltà, il Favore, il Desiderio, la Devozione, l’Orgoglio, l’Odio, l’Invidia, la Gelosia, l’Ira, il Riso, la Tristezza, il Disgusto, la Riconoscenza, la Gloria, la Collera, il Rimpianto, la Derisione, il Pentimento, la Soddisfazione, l’Allegria, l’Ironia, l’Indignazione, la Paura, la Disperazione, la Viltà, il Coraggio. E lo fa non solo tramite citazioni dal testo cartesiano “Le passioni dell’anima” (riprese in forma di epigrafi), ma anche attraverso ragionamenti attribuiti ai personaggi del libro. Qualche esempio: 1) “La Speranza è una disposizione dell’anima a convincersi che accadrà quel che essa desidera; è causata da un particolare moto degli spiriti, cioè da quello della Gioia e del Desiderio messi insieme”; 2) “l’Ironia è uno strumento della mente … con cui costruire e consolidare ripari alla nostra fragilità. Aiuta a cogliere il comico nelle cose più solenni e gravi; a rifare il verso ai potenti e agli stupidi, sapendo che le due categorie spesso coincidono; a ridere di noi stessi…; a scovare il lato divertente nelle cose drammatiche e quello serio nelle comiche – e così, insomma, a tenerci alla larga da gran parte di quel che ci potrebbe far male”; 3) “la Saggezza è principalmente utile per il fatto che insegna a renderci talmente padroni delle passioni e a dominarle con tanta maestria, che i mali che esse causano sono del tutto sopportabili, e se ne può perfino trarre qualche gioia”. Il romanzo è di lettura assai piacevole anche per la sua grande eleganza linguistica. Nel montare gli originali “capitoli” (costituiti tutti da lettere, rapporti, resoconti, pagine di diario dei personaggi del libro) Simone fa uso di un registro espressivo che ridona il fascino della lingua francese colta del XVII secolo (dove brillano soprattutto la ratio e il nitore del periodare di René Descartes, le cui “pagine di diario” - inesistenti come documenti di archivio - sono magistralmente create dalla sapienza linguistica dello scrittore). “Le passioni dell’anima” è un gran bel romanzo: originale, attuale, problematico ed avvincente. Consiglio a tutti di leggerlo: sia a chi crede che il Potere non sia l’unico obiettivo della politica, sia soprattutto a coloro cui risulta utile analizzare le proprie passioni, per comprendere meglio il senso della vita e migliorare se stessi. VINCENZO CUTOLO