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Elsa Casanova è una giornalista francese che in Afganistan svolge il suo lavoro, raccontando, attraverso la voce di una giovane donna, tutte le atrocità subite dalle donne afgane da parte dei Talebani. Questi ultimi, scoperto l’intento della giornalista, decidono di farla sparire, sequestrandola. Il governo francese, però, decide di intervenire per liberare la coraggiosa inviata e manda un gruppo di forze speciali che subito adempiono al loro compito, ma perderanno i contatti con la base. Dopo dovranno riuscire a portare in salvo se stessi ed Elsa cercando di superare il confine tra Afganistan e Pakistan mettendosi in salvo in qualche località protetta dove i Talebani non hanno potere. Inizia così un lungo viaggio, pericoloso, impervio, pieno di perdite e difficoltà con i Talebani alle calcagna. Non siamo abituati a veder affrontare queste tematiche, quasi sempre di stampo americano, da registi francesi. Eppur il regista Rybojad, che ha alle spalle un passato da documentarista militare, si muove con classe affrontando tale argomento con consapevolezza e conoscenza. E’ un film che nel suo genere, e per chi lo ama, risulterà un film ben fatto e orchestrato. Siamo lontani dall’idea di uomini tutti muscoli che nel tentativo di salvare la giornalista francese vengono inneggiati a eroi della patria. Ciò che viene fuori nel corso della loro fuga è la psicologia di ogni personaggio che pian piano si delinea attraverso quei sentimenti che fanno dell’uomo un essere umano con tutte le sue paure. Il senso di impotenza, di rabbia, di colpa, la voglia di farcela, il timore, ma anche l’orgoglio. Diane Kruger nel suo ruolo di giornalista pasionaria e coraggiosa fa la sua degna figura, così come tutti gli altri attori presenti. Il capo dei Talebani, invece, è interpretato da un Raz Degan che riesce a convincere, forse aiutato dai suoi colori e lineamenti tipici del posto. Il ruolo della donna afgana costretta a coprirsi e a subire quotidianamente torture fisiche e psicologiche è l’incipit di una vicenda che poi si concentra sul tentativo disperato dei francesi di liberarsi dagli estremisti armati. La fuga come segno di rivolta, di ricerca di sé, ma anche come motivo per capire lo scopo di ciò che si fa nelle proprie vite. Lo mette in discussione un soldato che impaurito si chiede se ne valga la pena, pone il dubbio Elsa, come giornalista e come donna.
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Pubblicato su: Cinema4stelle
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