Pubblicato il 23 settembre 2012 con Nessun Commento
L’esordio dietro la macchina da presa di Maurizio Casagrande mette in scena una commedia brillante, sentimentale con inaspettati elementi di sorpresa. Già nel titolo del lungometraggio, Una donna per la vita, si cela la prima rivelazione: è una storia che trae spunto da un’esperienza personale, vissuta dal neo-regista qualche anno fa: “dopo una lunga relazione con una ragazza un pò matta ed incostante – racconta Casagrande – incontrai una molto donna bella, sexy, paziente, intelligente, disposta a sacrificarsi per me; praticamente la donna perfetta. Cominciai così un’intensa relazione con questa nuova fiamma; ci vollero sette mesi per scoprire il suo primo piccolo difetto: aveva una relazione parallela”. Uno spunto interessante per elaborare la trama del suo film che racconta di come la routine quotidiana spesso appanna i sentimenti facendoci perdere di vista il valore della persona che abbiamo al fianco e che spesso trascuriamo. Tanti camei comici arricchiscono la commedia ambientata a Napoli: Giobbe Covatta, Pino Insegno, Baggio Izzo, Simona Marchini, Maurizio Mattioli e Vincenzo Salemme, hanno contribuito a realizzare il sogno di Casagrande: “Recitare, fino ad oggi, è la cosa che mi è venuta meglio nella vita. Dopo tanti anni di lavoro e dopo aver sperimentato con buoni risultati la regia teatrale ho voluto provare a mettere questa esperienza a servizio di un film e realizzare il mio sogno. Ho consultata la mia rubrica e ho telefonato ai miei amici. Nel mio film c’è il mio cuore e quello di tutti loro”.
La frase chiave: “Fate una copia di questa fotografia e distribuitela a tutto il personale. Questa donna è una mina vagante, capace di fare danni anche quando non c’è”
La recensione
La tradizione è senza dubbio un peso non indifferente, che si vuole il più delle volte omaggiare oppure saggiamente evitare, perché troppo carico di aspettative nei fruitori e negli esecutori. E di tradizione, Maurizio Casagrande ne sa qualcosa non solo per essere figlio di uno dei più importanti attori della scena napoletana, ma anche perché il suo percorso è già insita in un girone di modernariata tradizione.
Attore, musicista raffinato, ed ora anche regista Casagrande sa perfettamente ciò che vuole raccontare e come farlo, ovvero un percorso di ordinaria banalità che diviene giocoforza straordinario e paradossale, innescando una serie di situazioni ora grottesche ed ora intimistiche.
Per questo non può non attingere nella tradizione che gli è più consona come quella teatrale, gettando un occhio ora all’umanità di Eduardo De Filippo e ora quella del collega ed amico Vincenzo Salemme, in cui amabilmente convivono il gusto pungente della farsa con un adeguato approfondimento psicologico.
Seguendo queste due linee di demarcazione e supportandole con una egregia tecnica cinematografica priva di sbavature e di eccessi, il neo regista film una commedia garbata e, importantissimo, ritmata come un bell’assolo di batteria. La musica è fondamentale e non necessariamente deve essere solo in colonna sonora, ma anche in scrittura ed qui che si avverte quel senso musicale che spesso manca alle commedie made in italy, ovvero il perfetto bilanciamento di tutti gli strumenti.
Sebbene l’idea di fondo e la sorpresa con cui è sviscerata non siano originalissime (metti un uomo simpatico di cui si innamora la bellona di turno), è da apprezzare lo sforzo encomiabile del regista nell’orchestrazione di tutti i caratteri, evitando altresì l’effetto di scenetta scollegata al corpus principale. Camei spassosi di amici e colleghi non fanno altro che consolidare tutta l’operazione, che trova, giustamente, il proprio fulcro nelle performance degli attori. Se il Casagrande interprete possiede la straordinaria capacità di sapersi misurare e, quindi, di non strafare in lunghi assoli narcisistici tipici dei comici, ancora più sorprendete risulta il lavoro svolto da Neri Marcorè e Sabrina Impacciatore. Dinoccolato e simpatico, Marcorè è perfetto nell’incarnare il migliore amico del protagonista, sempre prodigo di consigli spesso disastrosi, mentre finalmente all’Impacciatore le viene offerto il ruolo che mette in evidenza tutto il suo straordinario talento di attrice comica, simile a quello di una Monica Vitti degli esordi. Simpatica anche la parte della sarda Ines, interpretata da Paola Lavini, che in questo ruolo ha messo in evidenza oltre la sua capacità dialettale anche anche un’apprezzabile vena comica.
Una donna per la vita rimane quindi un caso esemplare di commedia priva di troppe pretese ma allo stesso tempo intelligente nella sua messa in scena.
A cura di Katya Marletta e Gabriele Marcello