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Speciale Evento – Conferenza stampa film Stet Up 4

Creato il 02 ottobre 2012 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Pubblicato il 2 ottobre 2012 con Nessun Commento

Ryan Guzman e Kathryn McCormick, rispettivamente Sean e Emily, i giovanissimi protagonisti di Step Up, per la prima volta in Italia per la promozione del film, raccontano la loro esperienza da neofiti del cinema e i loro progetti futuri.

INTERVISTA INTEGRALE AI PROTAGONISTI DI STEP UP
RYAN GUZMAN (SEAN) : R KATHRYN McCORMICK (EMILY): K

DOMANDA: CONDIVIDETE LO STESSO IDEALE CHE C’E’ NEL FILM. ANCHE VOI COME I VOSTRI PERSONAGGI MENTIRESTE PER AMORE?
R: L’amore ti fa fare le cose più pazze, più folli. Quando sei innamorato non sempre utilizzi il cervello nella maniera più giusta. In questo caso i due protagonisti prima hanno dovuto superare una lotta, una specie di scontro, superato questo si sono potuti innamorare. In questo senso condivido l’ideale d’amore che c’è nel film.
K: Siamo davvero grandi amici, siamo arrivati a questo film essendo entrambi dei neofiti. Ci siamo aiutati molto, abbiamo imparato molto l’uno dall’altro, siamo riusciti a condividere anche i momenti di forza e di debolezza reciproci.

DOMANDA: HAI MAI PARTECIPATO AD UN FLASH MOB?
K: Si in realtà l’ho fatto un paio di volte, ho insegnato in un corso tempo fa, ad un certo punto abbiamo organizzato un flash mob, poi ho partecipato ad un tour di conferenze dove parlando ai ragazzi abbiamo deciso di organizzarne uno, nulla a che vedere però con quello del film.
R: Io no, ho iniziato con il film.

DOMANDA: COM E’ STATA QUEST ESPERIENZA DELLA DANZA E COME TI SEI PREPARATO PER INTERPRETARE IL PERSONAGGIO?
R: Avvicinarmi alla danza è stato per un aprire gli occhi, aprire il cuore ovviamente non avevo la minima idea di quanto coinvolgimento fisico ciò richiedesse, venendo dalle arti marziali miste non mi rendevo conto di quanto fosse fisica la danza. Alla fine ho utilizzato dei muscoli che non sapevo di avere, l’ho scoperto perchè mi facevano male ogni giorno.
E’ stato pesate dal punto di vista fisico e emotivo, ci sono stati momenti nei quali ho dubitato di me, nei quali ho creduto che non ce l’avrei fatta e devo dire che Kathyn mi ha aiutato moltissimo perchè mi sono potuto appoggiare a lei. Ho imparato di più dal duetto di danza contemporanea che facciamo alla fine, quello mi ha fatto innamorare della danza. In quella danza ho tirato qualcosa da dentro di me per esprimerlo. Diciamo che con la danza, io che non sono abitualmente molto espansivo, ho trovato un nuovo modo di farlo.

DOMANDA: DOPO QUELLO CHE HAI DETTO ALLORA CONTINUERAI A DANZARE?
R: Professionalmente no, non sto cercando di farne un mestiere, però adesso ballo tutti i giorni

DOMANDA: OGGI I SOCIAL MEDIA SONO IL MEZZO CON CUI I RAGAZZI COMUNICANO PER ESEMPIO YOU TUBE, FACEBOOK, TWETTER CHE NE PENSI?
K: Non credo che sia l’unico mezzo, sicuramente però i giovani navigano tantissimo su youtube. Magari vedono cose caricate da altri e pensano così di poterlo fare anche loro. In un certo punto di vista questo è fantastico perchè ti consente di farti conoscere. Per esempio di vedere storie di danza caricate da altri. I ragazzi mettono su youtube quello che hanno vissuto. Questa è un opportunità per aprire gli occhi al mondo e consentire alle persone di conoscersi e di conoscere. Ci sono anche quelli che lo usano perchè vogliono diventare famosi, altre magari semplicemente vogliono conoscere e condividere quello che hanno provato e vissuto. Io uso sia facebook che twetter, questa settimana sto lavorato ad un sito web che sta per essere aperto.
R: In realtà il social network permettono di aprire delle porte, sono strumenti che permettono di scoprire dei talenti. Facebook, tweeter, youtube sono anche un modo per mettersi alla prova, mostrare il proprio talento.

DOMANDA: PENSI DI CONTINUARE ANCORA CON IL CINEMA?
K: Sicuramente io sono aperta a qualsiasi cosa proprio perchè mi piace l’idea di poter fare nuove esperienze. Mi piacerebbe continuare a fare l’attrice, ma anche fare l’ospite in televisione non mi dispiace, può essere un occasione per migliorare le mie capacità recitative. Sono aperta a tutto.
R: A me piace provare sempre cose nuove e sono aperto a qualsiasi possibilità. L’idea di poter partecipare a programmi televisivi a cose del genere non mi dispiace. Io vedo me stesso come un business, mi piace avventurarmi in settori diversi e fare esperienze diverse. Cantare, ballare, mi piace la recitazione. Qualsiasi cosa va bene.

DOMANDA: NON VENITE DAL CINEMA CHE IDEA AVETE DEL CINEMA IN GENERALE?
K: Sono grata per quest opportunità, praticamente sono stata trascinata in questa cosa che è venuta dal nulla, non me l’aspettavo assolutamente; però il fatto di esserci entrata mi ha fatto capire quanto devo imperare soprattutto su me stessa e di quanto sia importante avere una storia da raccontare. Mi sono innamorata della danza perchè ho capito quello che ero capace di fare con il mio corpo, ma non perchè mi sono allenata per farlo, ma perchè mi permetteva di creare una connessione, un collegamento con le persone. Per esempio quando ho partecipato al reality So you think you can dance ho ricevuto tante lettere. Per me questo è molto importante, sono molto onorata e spero di continuare la carriera di attrice.

DOMANDA: CHE TIPO DI CARRIERA SOGNAVATE DA BAMBINI? SE LA CARRIERE DI TTORE/CE NON DOVESSE DECOLLARE AVETE GIA PENSATO AD UN PIANO B?
R: Da ragazzino sognavo di fare il giocatore si baseball purtroppo mi sono fregato la carriera perchè mi sono fatto male ad una spalla, il piano B era quello di fare il lottatore professionista, l ho fatto per un po, poi è arrivata la recitazione. Però nella mia testa c’è sempre l’idea che voglio fare il produttore, lo sceneggiatore il regista e mi piace avventurarmi sempre in cose nuove.
K: Da ragazzina piccola piccola volevo fare la principessa, mia madre nella sua toletta aveva una coroncina così pensavo che avrei potuto esserlo. Crescendo mi sono resa conto che non potevo farne una carriera, una professione. A quel punto ho cambiato, prima volevo fare la veterinaria, poi l’infermiera e poi mi sono dedicata alla danza. All’inizio non pensavo che la danza poteva essere una professione, non conoscevo nessuno che lo facesse come lavoro e non sapevo come iniziare. Crescendo ho capito che quello che volevo fare era ballare così mi sono trasferita a Los Angeles. Non avendo un piano B mi sono detta provo a perseguire questo obiettivo, se poi non ci dovessi riuscire farò quello che la vita mi porterà a fare. A Los Angels ho scoperto tantissime cose che sono in grado di fare, il piano B fondamentalmente è quello di trovare me stessa, quello che ho adesso è di più di quello che ad oggi pensavo di avere.

DOMANDA: HAI VISTO TUTTI GLI ALTRI STEP UP?
R: Il primo film Step up credo che sia stato per me fonte d’ispirazione, è quello che ho visto anche durante i provini. Il 2 e il 3 li ho visti per prepararmi al film. Durante i provini mi muovevo come il protagonista dei Step Up 1 pensando che era questo che volessero da me.

DOMANDA: CHE NE PENSATE DEL 3D?
K: Direi che è fonte d’ispirazione, specialmente per i flash mob, lo spettatore si sente immerso dentro la scena, il 3 D rende le scene di flash mob molto più realistiche.
Per quando riguarda la danza non ha un impatto particolare, è più un problema che devono affrontare i coreografi, il regista perchè le macchine da presa devono essere posizionate a determinate angolature per poter cogliere bene il 3 D. Forse l’unica particolarità è che la macchina da presa è più vicina di quanto sia in un’ esibizione normale, in un 2D.

DOMANDA: VI SIETE ISPIRATI A QUALCUNO PER INTERPRETARE IL PERSONAGGIO?
K: Per quanto mi riguarda io ho attinto dal profondo di me stessa, non ho cercato di imitare qualche altro attori. Anche se avevo guardato prima di girare qualche film simile, quello che ho cercato di fare è stato soprattutto quello di creare una connessione, un legale, di esprimere la libertà che sento quando ballo e cercare di trasferirla.
R: Ho cercato di essere più possibile me steso, di non farmi influenzare dagli altri personaggio anche se sapevo che dovevo rimanere sulla scia degli altri Step up e non deviare più di tanto da loro. Il mio personaggio è un ballerino, ho tratto ispirazione dai ballerini che ci circondavano. Spesso li ho fatti venire a casa mia, ho cercato di cogliere ispirazione da loro.

DOMANDA: E’ LA PRIMA VOLTA CHE VENITE IN ITALIA?
K: E’ la primissima volta che veniamo in Italia, ci siamo portate le nostre mamme, la cultura, la bellezza è qualcosa che ti colpisce, davvero fantastico vedere quando cammini per le strade che ogni edifico trasuda storia, mi sento soddisfatta. Provo una sensazione di pienezza che non so descrivere, questo mi spinge a voler imparare e conoscere la vostra cultura, ci voglio provare.
R: A volte ho la sensazione di essere nato nel paese sbagliato. Amo la cultura, la storia, il cibo, la cucina del vostro Paese. Ho un punto debole per l’arte, tutto ciò che è arte mi entusiasma. Io disegno, mi piace dipingere, scrivere, l’essere qui mi spinge a fare di più, respirare quest’aria mi spinge a voler conoscere, ad essere più creativo.

SPECIALE STEP UP
Nelle sale dal 4 ottobre

La frase chive del film: “A volte è bello rompere le regole”

La recensione
Senza urlare al miracolo ma nemmeno armarsi della lama accusatoria tipica dei critici cinematografici duri e puri, con un bel sorriso possiamo dire che Step Up 4 è una pellicola che ben ripaga le attese dello spettatore specifico. Non si può negare che oramai esiste un genere, particolarmente attivo negli U.S.A, che è il teen movie, genere che raccoglie, se non consensi critici, almeno un ottimo risultato al box office. Ma non dobbiamo pensare che sia solo una moda del momento, foraggiata dalla miriade di reality e talent che inondano i palinsesti televisivi di mezzo mondo, perché, a guardarlo bene, le radici di Ste up 4 sono da ricercare molto più in profondità.
All’inizio erano i filmetti con Elvis Presley, tipo L’idolo di Acapulco, oppure i nostrani musicarelli diretti da Ettore M. Fizzarotti con Caterina Caselli e Gianni Morandi, ovvero pellicole dalla trama esile, costruita su misura del cantante protagonista e come viatico delle sue canzoni più in voga. Il risultato è ben noto: i giovani italiani erano completamente in visibilio.
I tempi cambiano e così i modi di rappresentazione e di costruzione del genere si piegano alle nuove mode dettate dalla televisione. Non possono, quindi, essere privati della loro connotazione temporale anche due film che sono i parenti più stretti della pellicola di Scot Peer: Fame e Flashdance. Stavolta alla musica di diretta provenienza Mtv si unisce anche il ballo, non più classico o di genere come quello degli sfolgoranti musical della MGM, ma quello più articolato della strada e dei ghetti americani. Il risultato di questi due film è un vero e proprio spartiacque tra il prima e il dopo cinema musicale: movimenti di macchina arditi e frenetici, sporcature cromatiche, e il mix vincente di storia d’amore con i sogni da realizzare.

Step up 4 è figlio diretto di questi predecessori. Anche qui, come in Flashdance c’è la storia d’amore tra due outsiders, lei ricca e figlia del cattivo di turno, lui bello, sexy e scavezzacollo. Entrambi si ameranno e balleranno molto, non più sulle note di svenevoli e storiche canzoni pop, ma sulle più disturbanti e amelodiche canzoni tecno dance, come vige la moda corrente.
Di Fame, più dalla serie che dalla pellicola, il regista ruba la vitalità delle coreografie indiavolate eseguite in strade trafficate e piene di gente, irreali ma proprio per questo travolgenti.
La trovata del film, che narrativamente non aggiunge nulla a quello che si è visto e sentito innumerevoli volte in altri film di genere, è quello di trarre la propria forza nell’idea di brandizzazione del marchio. Pur inserendo la tematica della protesta e sostituendo un feticcio dei nostri giorni come youtube (Mtv oggi è preistoria) Step up 4 non è altro che una perfetta copia carbone dei suoi predecessori dove la storia è solo un pallido sfondo per quello che rimane l’unico punto di forza artistico su cui tutti s’impegnano, ovvero il ballo e la musica che lo accompagna.
Paradossalmente questo è un film sulla bellezza, non filosofica sia ben chiaro, ma su quella materiale. Bellissimi i movimenti di macchina e le coreografie, bella la fotografia solare di una Miami da cartolina, sfolgoranti e curati gli interni, mozzafiato i corpi di tutti gli attori. E in questo tripudio di estetica non si sottraggono i due protagonisti: Katrhyn MacCormik e Ryan Guzman non possono ancora essere applauditi per le doti attoriali, ma sicuramente per quelle di ballerini e di bei ragazzi senza dubbio. In definitiva questa pellicola è una gradevole quanto innocua versione di Cenerentola dei nostri giorni, servita, inoltre, da un funzionale e profondo 3D, a cui il montaggio frenetico riesce a rendere giustizia.

 A cura di Katya Marletta e Gabriele Marcello

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