La locandina del film del 1993 di e con
Kenneth Branagh (Benedetto), con
Emma Thompson (Beatrice)
Keanu Reeves nei panni di Don Juan
Intanto alla festa Beatrice e Benedetto continuano a beccarsi fra loro, nonostante le maschere nascondano a ciascuno l’identità dell’altro. Don Pedro — che vuole vedere felici entrambi i suoi capitani, ed è affascinato dalla bellezza e dall’intelligenza di Beatrice — decide di organizzare un bonario complotto. Fingendo di non essersi accorto della presenza di Benedetto, parla con Claudio e Leonato della fanciulla e della segreta passione che essa nutre nei confronti di Benedetto. Analogamente Ero e le sue dame (Margherita e Orsola) faranno la stessa cosa con Beatrice, parlando dell’amore folle che Benedetto nutre nei suoi confronti. I due giovani, nell’udire dei sentimenti dell’altro, cominciano a cambiare opinione e ad addolcirsi verso colui o colei che fino a quel momento era stato il bersaglio prediletto delle staffilate verbali.Ben più crudele è il complotto ordito da Don Giovanni con Borraccio: la notte prima delle nozze fra Ero e Claudio, Borraccio si fa vedere da questi e da Don Pedro al balcone della camera di Ero in atteggiamenti lascivi con Margherita, che chiama però col nome della sua signora. Claudio, convinto che si tratti della sua promessa, ne è sconvolto e decide quindi di svergognare Ero ripudiandola davanti all’altare. Borraccio e Corrado, però, dopo la malefatta si ubriacano e parlano della loro bravata, venendo ascoltati da una pattuglia di guardie capitanata da Carruba, un personaggio a dir poco demenziale, con il suo subalterno Sorba — personaggio altrettanto ridicolo — che li arresta. Quando, però, la mattina successiva Carruba va a riferire a Leonato dei due tipi poco raccomandabili che ha arrestato, questi è preso dai preparativi dell’imminente matrimonio della figlia, quindi si limita a ordinarne l’interrogatorio.
Claudio (Robert Sean Leonard) accusa Ero (Kate Beckinsale)
davanti all'altare dove si doveva celebrare il loro matrimonio.
Kate Beckinsale (Ero), Robert Sean Leonard (Claudio),
Kenneth Branagh (Benedetto), e Emma Thompson (Beatrice).
Molto Rumore per Nulla 1993
Le schermaglie verbali sono spesso all’origine dell’incontro di due menti che riconoscono l’arguzia dell’avversario e che spesso raggiungono il loro cuore. Inoltre, il fascino che tale incontro di intelletti riscuote non solo sui diretti interessati, ma anche su tutti coloro che li circondano — come onde concentriche che si propagano intorno ad un sasso lanciato su una calma superficie d’acqua — influenzano con la loro magia anche le persone vicine, in questo caso anche il lettore o lo spettatore. Tutte le storie d’amore più importanti della letteratura partono da piccoli o grandi battibecchi, basti pensare a Elizabeth Bennet e Mr Darcy o a Jane Eyre e Rochester. È proprio quell’atmosfera che si crea, a farci percepire una grande emozione. E questa emozione palpabile è alla base dell’universalità senza tempo di questa commedia.
La locandina dello spettacolo con David Tennant
e Catherine Tate al Wyndham's Theatre di Londra
Il personaggio di Beatrice, poi, sembra il precursore di tante eroine della letteratura. Beatrice, infatti, è: intelligente, sagace, paladina della giustizia e bella, ma questo è di secondaria importanza. È lei il personaggio più forte della commedia, più uomo degli uomini, che pure sono appena tornati dalla guerra. Se ne avesse la possibilità si batterebbe come una tigre per difendere l’onore dell’adorata cugina che è stata infamata. E, invece, soffre per la sua impotenza ed è frustrata dalla reazione rassegnata dello zio, che ha condannato Ero — esattamente come tutti gli altri — senza valutare le prove.
La commedia, abbiamo detto, si adatta a qualsiasi angolo del globo, ma in realtà è ambientata a Messina. Per questo motivo, imbastendo delle fantasiose teorie secondo le quali William Shakespeare si chiamerebbe in realtà Michele Agnolo Florio Scrollalanza (quest’ultimo essendo il cognome materno, dato che Scrolla=shake e lanza/lancia=speare), si sostiene che l’opera fosse stata scritta originariamente in dialetto messinese, e solo in seguito venisse tradotta in inglese. Scrollalanza, infatti, sarebbe stato costretto ad emigrare — a causa di persecuzioni religiose — passando prima dalle Isole Eolie, poi da Messina, quindi da Venezia (dove conobbe un tale Otello), poi da Verona, la città di Romeo e Giulietta, arrivando infine a Stratford-on-Avon. Rappresentata in dialetto messinese nel 2000 a Catania — per la regia di Giuseppe Dipasquale — la commedia, che porta la firma di Camilleri (solo in qualità di traduttore, ovviamente) è stata pubblicata nel 2009 da Lombardi, e nel Gennaio 2011 è stata pubblicata anche da Mondadori nella collana Piccola Biblioteca Oscar. Naturalmente Camilleri sostiene che il percorso compiuto dalla commedia sia esattamente l’opposto:Testo attribuito a messer Michele Agnolo Florio Crollalanza,archetipo, pare, dell’illustre testo Molto rumore per nulladietro la cui figura dell’autore si cela William Shakespeare
Titolo: Troppu trafficu ppi nenti Autori: Andrea Camilleri/Giuseppe Dipasquale/William Shakespeare Casa Editrice: Mondadori Pagine: 224 Prezzo: € 11.00 Data pubblicazione: Gennaio 2011 Trama: Troppu trafficu ppi nenti: e se davvero Shakespeare fosse nato in Sicilia? Archetipo siciliano della più nota commedia Troppo rumore per nulla di William Shakespeare «Immaginiamo una Messina in mezzo al Mediterraneo così come Shakespeare se la poteva immaginare: esotica, viva, crocevia di magheggi, che avrebbero fatto di una festa nuziale il complicato intreccio per una giostra degli intrichi. Immaginiamola seguendo con le orecchie la parlata di quei personaggi che, nel vivo di un dialetto carico di umori e ambiguità, dipana le trame di una vicenda originariamente semplice, ma dai risvolti complicatissimi. Immaginiamo che tutto ciò sia il frutto di un carattere tipicamente mediterraneo, se non propriamente siciliano, ed ecco che potremo anche credere, anche solo per una volta, che William Shakespeare, di Stratford, sia potuto essere quel tale Michele Agnolo Florio Crollalanza partito in fuga da Messina. Poiché non c’è nulla di più meravigliosamente siciliano che il poter complicare, da un dato semplice, una vicenda fino a farla diventare surreale. Ecco, questo Troppu trafficu ppi nenti è il modello eterno di un carattere terribilmente semplice, come quello siciliano, che ama complicarsi l’esistenza in un continuo arrovugliarsi su se stesso.» Proprio grazie alla natura del testo e ai suoi contenuti, la traduzione in dialetto siciliano sembra essere davvero una versione originale. Claudiu e Binedittu sono, ovviamente, siciliani e non provengono rispettivamente da Firenze e da Padova. Questo, infatti, non avrebbe permesso loro di parlare fluentemente il dialetto locale. Don Pedro resta, invece, sempre Don Petru, principi di Aragona, dal momento che è scontato che gli Aragonesi conoscessero la lingua. La commedia resta, dunque, pressoché invariata, a parte alcuni tagli operati, come ad esempio il personaggio di Baldassarre, il cantante al servizio di Don Pedro che dovrebbe cantare la serenata a Ero. La canzone — che in inglese è ricca di giochi di parole tradotti piuttosto fedelmente in Italiano — non esiste nella versione siciliana. Forse perché in messinese non sarebbero stati altrettanto efficaci? O forse il testo della canzone sarebbe stato ridicolo se tradotto in dialetto siciliano?
Il linguaggio diventa spiccio, essenziale, come sempre nella forma dialettale, così l’elegante “Spiegami in breve come” si trasforma in “Comu?”
Oppure: “Signora Beatrice, avete pianto finora?” diviene lo stringatissimo “Chiancistivu?” Alcune battute vengono aggiunte, perché tratte dalla cultura siciliana, come ad esempio: Ci dissi l’acqua a petra: dammi tempu ca ti perciu! Spesso elementi più universali vengono tradotti con esempi più vicini alla cultura locale, come quando Benedetto dice: “Non giurerei che l’amore possa trasformarmi in un’ostrica”, che diventa il più immediatamente siciliano: “Ca l’amuri mi putissi stracanciari ‘nda ‘na cozzula di Missina, putissi essiri”. O ancora: “Sotto, sotto! Il merlo si è posato” che diventa “Forza ca lu saccu è prontu.” E, descrivendo il carattere sprezzante di Benedetto si dice: Binidittu è santu ca nun suda. Perfetta la soluzione trovata per la canzone che Biatrici canta ironicamente, ma con una velata malinconia davanti a Don Petru, che ispira il principe ad organizzare il complotto per fare innamorare Binidittu della fanciulla e viceversa. Si tratta di «Ohilalà, mi vogliu marità…», che è la perfetta traduzione per «Heigh-ho for a husband!», entrambe di note canzoni maritali, della tradizione popolare italiana, la prima, e anglosassone, la seconda. Il personaggio di Carruba ci richiama, invece, alla mente un altro personaggio di Camilleri, Catarella — il poliziotto che sta al centralino del Commissariato di Vigata — che con i suoi fraintendimenti e le storpiature a nomi e parole è un personaggio universale (tant’è vero che Shakespeare lo aveva tirato fuori dal cappello circa cinque secoli prima!)Michael Keaton (Carruba in Molto Rumore per Nulla 1993)
e Angelo Russo (Catarella nella serie Il Commissario Montalbano)