Chiudeva la Rocca la piazza verso nord e la pianura e parimenti chiudeva la città da questa parte fin quando la ferrovia dette nuovi limiti al centro abitato.
Ma cos'era la Rocca per Fidenza? Chi è nato prima di noi l'ha conosciuta e amata; ciò non ha evitato che altri non l'amasse e, alla fine, la distrusse. Forse perché non era nato qui, forse perché la riteneva inutile simbolo del passato da dimenticare, forse per altro inconfessato motivo.La distruzione, iniziata dalle bombe, continuò per anni, muro dopo muro, con corde e martello, sino alle fondamenta, poi nel 1954 con mezzi meccanici si completò il lavoro. Borgo San Donnino non era più, al suo posto Fidenza, nome antico per miserie nuove.
Un borghigiano ci racconta e si racconta in questo articolo che, nell'estate del 1954, diede alle stampe e firmò Enne Emme, ma sappiamo chi è.
Addio, povera nostra Rocca! Pietra su pietra, mattone su mattone te ne sei andata in silenzio. Dopo l'immane tragedia che dieci anno or sono aveva segnato la tua sorte. Quando sorgesti? Non conosciamo il tuo preciso anno di nascita; nulla o poco sappiamo di te prima della dominazione viscontea, quando a Bernabò vennero nel 1336, consegnate solennemente le chiavi della città. Facevi parte allora -col tuo massiccio corpo centrale munito di bastioni, barbacani, cortine e feritoie e colle due torri laterali – della città fortificata che circondava il piccolo borgo colle sue sette porte. Un profondo fossato, come ben rammenti, la cui acqua era alimentata da un cavo proveniente dalla Venzuola, ti circondava da tre lati, e si accedeva al tuo corpo centrale con due ponti levatoi. Come ti sentivi fiera e sicura con quelle formidabili difesa, specialmente sotto il dominio dei Farnesi allorché il duca Alessandro ne aumentò la potenza con nuovi bastioni e nuovi corridoi sotterranei di collegamento! E come ti sentisti delusa e timorosa quando. Per ordine di Filippo III di Spagna, tali opere di difesa vennero rase al suolo!
Tu, come sai, avesti sempre funzioni e carattere militari onde rumor di corazze e scalpitio di cavalli risuonarono per lungo volger di anni sotto le tue ampie volte e nei luminosi cortili. E ricorderai certamente con raccapriccio le crudeli vicende e gli episodi di sangue cui assistesti nel quindicesimo secolo, sotto il dominio di Ottobone Terzi, il famigerato tiranno che vari anni dominò con ferocia e con vessazioni il nostro paese, finché cadde sotto il pugnale vendicatore di un congiunto suo. Ma conoscesti anche giorni di letizia e di splendore, come quando Ottaviano Pallavicino nel novembre del 1510 ospitò nelle tua ampie stanze ben undici Cardinali che qui sostarono in attesa della convocazione del Concilio di Pisa, e quando accogliesti nel 1576 Don Giovanni d'Austria col suo fastoso seguito, e poi ancora il Duca Ottavio Farnese. Ed altri giorni hai goduto in serena letizia, allorché la principessa d'Este, vedova di Antonio Farnese, e andata sposa al principe Leopoldo Darmstad si ritirò a vivere fra le tue mura, creandovi una piccola Corte ove convenivano quanti cavalieri e letterati erano di passaggio. E avrai udito i loro pettegolezzi, le loro chiacchiere, le loro storielle un po' romantiche e un po' salaci; e avrai pure assistito agli spettacoli che si davano nel piccolo teatrino a avrai conosciuto Carlo Goldoni che, chiamato a Parma dall'Infante Don Filippo nel 1756, venne qui a riverire la principessa Elisabetta e fu presente alla rappresentazione di una sua commedia messa assieme da dame e cavalieri di Corte. Colla morte dei Darmstad – sepolti entro un monumentale sarcofago nella nostra Chiesa dei Cappuccini – tramontò l'epoca settecentesca delle parrucche, delle ciprie e dei cavalier serventi, e tu fosti adibito ad altri usi: da tribunale sotto la dominazione napoleonica e poi da caserma per i Dragoni di Maria Luigia e dei Borboni. Dopo il 1860 i tuoi locali vennero occupati da un battaglione di fanteria, e di questi tempi, ricorderai la piccola banda militare che alla sera suonava la “ritirata” fra una fitta schiera di popolo e di ragazzi schiamazzanti.
Corsi serali disegno
Più avanti assurgesti ad istituto di educazione e di cultura, ospitando l'Asilo infantile, le scuole elementari, quelle tecniche, e la biblioteca comunale. Quanti ricordi di quel tempo, o nostra Rocca!Rammenti gli insegnanti di allora? Il Direttore Lampugnani vigile e severo, dinnanzi a cui sfilava in perfetto ordine l'irrequieta scolaresca; il Maestro Polo col suo bel faccione roseo da padre guardiano che dispensava cioccolatini e figurine ai discepoli più meritevoli, cui faceva contrasto la figura segaligna dell'ossuto suo collega Corsini; Castiglioni, paterno e bonario; Carmeli, insegnante di italiano, storia e geografia nelle Tecniche, vero tipo del burbero benefico; il simpatico Pavesi professore di matematica che coltivava con pari passione formule algebriche e il culto delle Muse; Tron insegnante di francese, Conforti di Disegno, Paggio di ginnastica, ed altri ancora il cui nome si perde nella nebbia del tempo.
E infine non dimenticherei “Erculen” bidello delle scuole elementari, che vide passare davanti a sé parecchie generazioni di giovani e che era un fervido ammiratore di Minerva e di Bacco. Dolci ricordi della nostra lontana giovinezza che si affacciano alla mente sotto l'implacabile ragnatela del tempo! Il primo affronto ti venne fatto, o cara Rocca, nel '32 quando fu colmata la fossa che circondava le tue mura, ultimo resto della tua potenza e della tua veste guerriera. Negli ultimi anni hai dato asilo ad ospiti non tutti graditi. dai carri armati, alle brigate nere, dai militi di Salò ai soldati di Hitler, la cui bandiera, a croce uncinata, sventolò da quelle finestre ove nel 1848 garriva trionfante il tricolore italiano. Finalmente nel maggio del '44 i feroci bombardamenti segnarono l'inizio della tua fine; fra pochi giorni scompariranno anche gli ultimi tuoi miseri resti, e di te non rimarrà che un lontano ricordo. Altra costruzione sorgerà sulle tue rovine, con maggior fasto, e con più modernità di linee a con tutti i “conforts” del giorno d'oggi, ma il tuo ricordo rimarrà incancellabile nel cuore di tutti coloro che frequentarono le tue scuole o che ti conobbero e ti amarono. Addio cara Rocca nostra! Enne Emme Luglio 1954 n° 27-28 de "il Risveglio"
La Rocca nel dopoguerra in un dipinto di Ettore Ponzi