Da non credere, che si sia già al 4 ottobre. Però lo dicono i meteorologi, che è l’estate più lunga degli ultimi 150 anni, quindi tocca fidarsi.
Praticamente 150 anni fa c’era ancora, agli sgoccioli, il Lombardo-Veneto, quello che le buonanime della Lega vorrebbero restaurare... peccato che non possano più chiedere l’annessione al Regno Austro-Ungarico, allora sì che potremmo dire di non esserci fatti mancare nulla.
Che poi, tutto sommato, un salto nella Felix Austria non dispiacerebbe neanche a me: tra le novelle di Schnitzler, le pasticcerie viennesi, i quadri di Klimt, di Schiele, di Kokoshka, e Alma Mahler che se li ripassò tutti, e i suoi mariti tutti artisti, e poi Freud... danno l’impressione di essersi divertiti tutti parecchio, almeno fino al 1918 come lo racconta Roth.
La voglia di leggere, ultimamente, è ai minimi storici. Quella di scrivere pure, ma lì non mi preoccupo, visto che nel frattempo ho fatto la quinta stesura di Mulhouse e non è stato uno scherzo. L’apatia lettoriale, invece, un poco mi preoccupa, e va avanti più o meno dalle vacanze estive.
Che mi sia rovinata leggendo troppi mattonazzi indigesti?
Che l’astinenza, per una volta, da Eva e Novella che di solito rappresentavano uno dei miei riti estivi, abbia causato disgrazie paragonabili alla classica rottura dello specchio?
Che le paturnie tardo-adolescenziali, oltre a dimostrare in modo lampante la mia totale assenza di maturità, portino la conseguenza di un’impossibilità di tornare alla condizione di spettatore della vita che in fondo appartiene così sinceramente al lettore maniacale?
Che le mie sinapsi, messe a dura prova da un’accelerata neurotrasmissione della dopamina e della noradrenalina, siano agitate come neutrini impazziti nel tunnel della Gelmini, impedendomi la concentrazione?
Non so. Neanche l’ultimo Biondillo (I materiali del killer, Guanda 2011), tanto atteso, mi ha provocato godimenti paragonabili ai primi tre suoi gialli.
Meno male che King c’è. Se sento ancora qualcuno sostenere che Stephen King è uno scribacchino da autogrill, lo prendo a padellate sul cranio, lo prendo.
Stagioni diverse (Sperling&Kupfer, 1987) contiene quattro racconti lunghi, tre dei quali già portati sul grande schermo.
Per ora ho letto solo il primo, Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank, da cui, come tutti sapranno, è stato tratto lo splendido Le ali della libertà (USA 1994), con Tim Robbins e Morgan Freeman.
La pelle d’oca, non per l’orrore (non è un racconto horror) ma per il coinvolgimento emotivo che questa storia dà, è esattamente quel brivido tra le scapole, quell’attimo di godimento psicofisico, che secondo Nabokov il buon lettore dovrebbe provare di fronte a un’opera d’arte autentica.