Titolo italiano: Star Trek. Il futuro ha inizio
Titolo originale: Star Trek
Regia: J.J. Abrams
Soggetto: basato su Star Trek di Gene Roddenberry
Sceneggiatura: Alex Kurtzman, Roberto Orci
Genere: Fantascienza
Anno: 2009
L’apertura mentale non è una frattura del cranio. L’apertura mentale non è una frattura del cranio. Certe volte devo ricordarlo a me stessa.
Non ho voluto vedere Il futuro ha inizio fino all’altro ieri sera. Non perché io sia una trekker e J.J. Abrams un’offesa agli occhi del mio dio Gene Roddenberry, ma perché mi sta(va) sui cojones Chris Pine, e questo fin dalla prima volta in cui l’ho visto recitare — in quel film che per me è un’infilata di idiozie talmente colossali da essere esilaranti che risponde al titolo di Carriers. Contagio letale.
Adesso che ho visto questo reboot, primo film di una probabile trilogia, non posso fare a meno di chiedermi se la faccia da schiaffi di questo ragazzo non rappresenti per lui la condanna a essere scritturato per ruoli da coglioncello arrogante e insopportabile. Ruoli che in certe occasioni, come questa, sono un’opportunità. Dico, si tratta di interpretare un nuovo James T. Kirk! Ma che potrebbero lasciargli appiccicata addosso un’etichetta, per cui potremmo ritrovarcelo più spesso che no nei panni di altri Brian.
Eppure, proprio malaccio non è. La recitazione di Pine non mi è parsa da buttare via. Mi è sembrato che si trovasse a proprio agio, nei panni del capitano. Talmente tanto che, nonostante una certa antipatia, il suo Jim Kirk non mi è affatto dispiaciuto.
Parlando da tiepida fan di Star Trek, questo Il futuro ha inizio mi ha sorpresa in modo piacevole. Perché sì, lo ammetto: temevo la cavolata. Ma, come ho detto, a parlare era la voce del pregiudizio nei confronti di Pine. Nient’altro. È vero che di solito guardo con sospetto e sfiducia a reboot e remake, ma in questo caso non ero particolarmente in ansia, proprio per il mio fiacco attaccamento alla serie originale. E quando, finalmente, mi sono decisa a guardare il film, mi sono scoperta anche abbastanza ben disposta e curiosa di vedere il risultato.
Pur con qualche perplessità, per me J.J. Abrams e colleghi hanno fatto un buon lavoro.
Devo dirmi d’accordo, comunque, con chi dice che di Star Trek questo film ha solo il titolo e personaggi che hanno qualcosa di quelli della serie, alla lontana, ma che per il resto hanno una loro impronta tutta nuova. Il punto, credo, è che se gli avessero dato un altro titolo, sarebbe stato uguale: Il futuro ha inizio è un qualunque film di fantascienza.
Vero anche che i temi della saga televisiva sono stati banalizzati (qualcuno non ce li trova proprio) e che quasi tutto si riduce a un bel carrozzone di effetti speciali, ma questo è un corollario a Hollywood XXI sec.: inutile sorprendersi e mugugnare solo perché è stato tirato in ballo Star Trek.
In ogni caso, a me il carrozzone è piaciuto.
Il budget a disposizione è stato sicuramente impiegato più per la post-produzione che per la stesura di una sceneggiatura un poco più approfondita. Diversamente, si sarebbero evitate scemenze galattiche come i vulcaniani che non muovono un dito contro Nero. Stando alla sceneggiatura, nemmeno si rendono conto della sonda che lui ha sbarcato su Vulcano e di quello che sta facendo. Questi buchi logici sì che sono qualcosa da rimproverare a J.J. Abrams e colleghi, i quali hanno pensato solo che si doveva portare in sala la fetta, bella corposa, di non fan di Star Trek, dando anche ai fan storici un pretesto per non snobbare la pellicola, fosse anche solo la possibilità di demolirla senza sé e senza ma.
Tuttavia non è vero che il film non parla di niente di importante, imho. È tutto affidato ai personaggi, più che alla storia in sé, per cui non ci sono i messaggi cari a Roddenberry. Qualcuno dei personaggi, poi, è innegabilmente banalotto — qualcuno a caso: Nero, McCoy e Scott (e che Bones e Scotty siano stati declassati a spalle comiche è l’unica vera nota dolente, per me). Ma Kirk e, soprattutto, Spok si portano appresso il proprio conflitto e il film si regge più su di loro che su chiunque altro.
Per il resto… il reboot si basa su una linea temporale del tutto diversa: mi sembra abbastanza inutile fare paragoni tra lo Spock di Leonard Nimoy e quello più emotivo di Zachary Quinto. Non sono lo stesso vulcaniano. Non è lo stesso universo. I personaggi, come la storia, sono stati reinventati: mantenerli fedeli agli originali non avrebbe avuto senso. Poi, che piacciano o no, è un altro conto.
A me sono piaciuti, perciò ero curiosa di vedere come sarebbero stati sviluppati in Into Darkness. Qualcosina me l’ero spoilerata, prima di andare a vederlo al cinema, ieri pomeriggio: era quasi inevitabile, dove ti giri ti giri, si parla del nuovo film di J.J. Abrams. E, comunque, lo spoiler non ha nessun effetto, su di me.
Titolo italiano: Into Darkness. Star Trek
Titolo originale: Star Trek Into Darkness
Regia: J.J. Abrams
Soggetto: basato su Star Trek di Gene Roddenberry
Sceneggiatura: Alex Kurtzman, Roberto Orci, Damon Lindelof
Genere: Fantascienza
Anno: 2013
E anche questo film mi è piaciuto. Un poco meno del primo, ma apprezzato lo stesso — nonostante ci si siano messi in tre, sulla sceneggiatura, per riscrivere Star Trek II - L’ira di Khan e replicare i buchi logici del reboot del 2009. Per dirne uno, in questa realtà parallela pare che nessuna delle evolutissime civiltà dotate di una propria flotta interstellare sia capace di rilevare un’astronave che incrocia nei pressi del proprio pianeta. Del resto, se i vulcaniani non si erano resi conto di avere Nero “in casa”, intento a scavare un buco fino al centro di Vulcano, come rimproverare ai Klingon di non essersi accorti dell’Enterprise in avaria vicino a Kronos? Già è tanto che, come in Il futuro inizio, una delle razze aliene fondamentali della serie TV abbia avuto un cameo. Giusto per dire che questo è Star Trek.
Ha ragione Leo Ortolani, a proposito delle strizzatine d’occhio di J.J. Abrams. Se non l’avete ancora fatto, leggete la sua recensione.
I continui rimandi alla serie non mi hanno infastidita. Ma nemmeno entusiasmata. Due, però, in effetti mi hanno fatto venire voglia di infilarci un dito, nell’occhio di J.J.
Il primo: il tribolo.
Immagino che ci sia un tribolo morto su ogni nave della Federazione. Non si sa mai in che modo possano tornare utili queste bestiole. Metti che si dia il caso di dover testare il sangue di un superumano…
Il secondo: il vecchio Spock.
Ma vogliamo piantarla di usare Nimoy come un deus ex machina, per favore? Un po’ rispetto, cacchio! Per lui e per noi spettatori. Grazie.
Ancora una volta, il film si regge sui conflitti di Kirk e Spock e sul loro rapporto, nonostante lo spazio concesso per grazia sceneggiatoria a Khan, interpretato da un Benedict Cumberbatch alieno (più dei Klingon, senz’altro) e ambiguo. Ottimo, imho. Con il volto particolare che si ritrova, dà un’impressione di freddezza glaciale quando manipola e intriga per perseguire il proprio scopo, ma trasmette in modo efficacissimo anche l’ira per l’inganno subito da lui e dal suo equipaggio e la disperazione per la sorte dei compagni.
Quanto a Chris Pine, mi cospargo il capo di cenere per i miei pregiudizi su di lui. Il suo Kirk mi ha definitivamente conquistata. Il ragazzo sembra tagliato apposta per il ruolo: l’ho trovato davvero bravo. I difetti del personaggio sono imputabili non alla sua recitazione, imho, quanto, ancora una volta, agli sceneggiatori. In certi battibecchi avuti, lui e Spock mi sono sembrati, un po’ troppo… bimbiminkia. Brutto termine da usare per riferirsi a Kirk e Spock, ma l’impressione è stata esattamente quella — in questo film molto più che nel precedente, dove a fare l’adolescente era praticamente solo il giovane Jim.
Stendiamo un velo pietoso sulle donne di Into Darkness.
In molti hanno giustamente rimproverato Lindelof e soci per l’intimo di Alice Eve — privo di significato e mica per scherzo. Del resto, neanche l’intimo di Uhura nel film del 2009 aveva tutto questo gran senso. Lindelof ha chinato il capo e ha promesso che in futuro ci sarà un grano di saggezza in più. Ma la lavata di capo sarebbe dovuta andare oltre il reggiseno e lo slip della Eve. Vogliamo spendere due parole su Uhura? Una donna dalla personalità così forte da imporsi sia su Spock che su Kirk, e che qui viene ridotta al ruolo di fidanzatina arrabbiata, che peppia sul suo rapporto di coppia con come la più sciocca delle oche, nel mezzo di una missione in territorio Klingon.
XXI secolo nella realtà, XXIII nel film, e le donne sono ancora e sempre principessine da salvare e fidanzatine da rassicurare, il cui contributo più profondo sono bronci e tette. Alla Uhura di Roddenberry e Nichelle Nichols è stata data una bella passata di spugna.
Ecco, se potessi avere Lindelof e soci qui davanti a me per una manciata di secondi, esprimerei la mia insoddisfazione al riguardo così. E senza un briciolo di simpatia.
Nonostante tutto, però, Into Darkness non è un brutto film: l’azione, le esplosioni e le scene ad alta tensione la fanno da padrone, ma la maturazione di Kirk come capitano e come uomo non fa solo da sfondo e lo Spock “umano” continua a piacermi quanto quello logico e più combattuto della vecchia serie. Magari il film è più interessante preso per alcune singole scene, piuttosto che nell’insieme; il tema della vendetta è abusato; e dispiace continuare a vedere Bones, Scotty e gli alieni ridotti a comparse. Sì, si sente anche la mancanza di un tema di respiro più ampio, che vada oltre l’interazione Kirk/Spock. Tuttavia in Into Darkness ci vedo qualcosina in più rispetto al blockbusterone.
Non è Star Trek in senso classico, come non lo è Il futuro ha inizio. Lo è in un modo suo, che mi attrae parecchio, per cui spero che nel prossimo film J.J. Abrams si decida a dargli un taglio caratteristico, come è stato con i personaggi. Perché di idee nuove non se n’è vista manco una. Trasporre le stesse scene di L’ira di Khan, ma invertendo i ruoli, non è né omaggiare né essere originali; e non è nemmeno così funzionale all’evoluzione di Kirk, in fondo. Continuare ad ammiccare ai fans della serie classica servirà solo a snervare anche quelli che potrebbero essere nuovi fans e, onestamente, mi dispiacerebbe.
Insomma, ci vuole il coraggio di dare un taglio netto e creare davvero un nuovo Star Trek, visto che si è voluto intraprendere questa strada.
J.J., sui tuoi capelli ci passerei con un tosaerba!