Il giudizio di Marco GoiSummary:
State of Affairs è una nuova serie che segue uno dei trend telefilmici più popolari del momento. No, non ci stiamo riferendo al filone dei vampiri, ormai moribondo, o a quello ancora parecchio vitale degli zombie. Per quanto vitali possano essere gli zombie. Parlo del terrorismo. Ebbene sì, gli americani sono riusciti a rendere trendy persino il terrorismo. Tutto ha avuto origine con 24, la serie con Kiefer Sutherland che ha rivoluzionato il genere action, traghettandolo dalle “tamarrate” anni ’80/’90 a una dimensione nuova, più concentrata sugli intrighi politici. Ai ritmi adrenalinici, agli interrogatori sanguinosi e alle vicende narrate in tempo reale da 24, tornato di recente alla ribalta con la nona stagione/giornata Live Another Day, ha fatto più di recente da contraltare Homeland. La serie con una letteralmente pazzesca Claire Danes e con un ambiguo Damian Lewis ha cambiato le regole del genere, dando grande spazio alla dimensione psicologica e umana delle persone coinvolte sia a provocare che a fermare gli atti terroristici.
Gli autori della novità State of Affairs hanno chiaramente preso parecchi appunti durante la visione di Homeland. Fin dalla prima scena ambientata nello studio di una strizzacervelli emerge subito il parallelo tra la protagonista di questa nuova serie Charleston Tucker, analista della CIA interpretata da Katherine Heigl, e la Carrie Mathison di Homeland. Laddove quest’ultima soffre di un disturbo bipolare, i problemi psicologici della Tucker appaiono invece legati al trauma di aver perso il fidanzato durante un attentato.
Fidanzato che tra l’altro è il figlio della Presidentessa degli Stati Uniti (Alfre Woodard). Ed è qui che entra in gioco il secondo paragone, nonché modello di ispirazione principale della serie. Oltre a essere una versione “commerciale” di Homeland, è anche un prodotto non troppo distante da Scandal. La componente politica è quindi sì presente, ma State of Affairs non disdegna qualche strizzatina d’occhio allo stile soap-opera, piuttosto che alla parte più action come invece faceva 24. La vicinanza alla serie di Shonda Rhimes è resa ancora più evidente da una protagonista come Katherine Heigl, che tutti ricorderanno come Izzie Stevens in Grey’s Anatomy. Che fine aveva fatto Katherine Heigl?
Dopo aver abbandonato la serie medical, per l’attrice sembravano essersi spalancate le porte di Hollywood. C’è stato un periodo, a dirla tutta molto breve, in cui la Heigl era la nuova fidanzatina d’America e sembrava essere destinata a raccogliere il testimone di Julia Roberts e Meg Ryan come reginetta delle romcom. Dopo il clamoroso successo di Molto incinta, Katherine Heigl è però incappata in un flop dietro l’altro e, per rilanciare la sua carriera, adesso ha deciso di tornare al suo primo amore, il piccolo schermo che già l’aveva lanciata con Roswell a fine anni Novanta.
In ogni scena del pilot di State of Affairs vediamo Katherine Heigl impegnarsi a competere con Claire Danes per riuscire a ottenere una nomination ai prossimi Emmy Awards. Missione destinata a fallire, considerando come la pur affascinante Heigl non possieda la dirompente forza recitativa della collega e inoltre il suo personaggio appaia parecchio, ma parecchio, più anonimo e scontato. Per non parlare di State of Affairs nel suo complesso. Una serie che dall’episodio pilota sembra troppo glamour e patinata per poter reggere il proibitivo confronto con Homeland, e allo stesso tempo troppo poco avvincente e accattivante per trasformarsi in un sano guilty pleasure alla Scandal. Sperando che le prossime puntate ci smentiscano e la serie riesca a trovare una sua strada personale, per noi la partenza di State of Affairs è un epic fail.
di Marco Goi per Oggialcinema.net