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Stato dell'Unione: Obama sposta a sinistra i democratici e i repubblicani lo seguono

Creato il 23 gennaio 2015 da Pfg1971

Stato dell'Unione: Obama sposta a sinistra i democratici e i repubblicani lo seguono

Stato dell'Unione: Obama sposta a sinistra i democratici e i repubblicani lo seguono

Il 20 gennaio 2015, alle 9 di sera, Barack Obama è entrato nell’aula della Camera dei Rappresentanti e lì, di fronte al Congresso riunito, ha pronunciato il suo settimo discorso sullo Stato dell’Unione.

 

Il giorno  coincideva esattamente con il 54^ anniversario dell’allocuzione inaugurale di John Fitzgerald Kennedy, tuttavia, da allora, i tempi sono del tutto diversi.

 

Proprio per marcare ancora di più le differenze rispetto al passato, il presidente, secondo quanto ha scritto il New York Times, avrebbe voluto addirittura modificare il format del discorso.

 

Alcuni consiglieri gli avrebbero suggerito di abbandonare il tradizionale modello dell’indirizzo di fronte al Congresso in seduta comune per sostituirlo con evento stile “town hall”, un momento di confronto con domande e risposte insieme ai rappresentanti del popolo.

 

Poi, però, la forza della tradizione, che risale sino ai tempi di Woodrow Wilson, ha avuto la meglio.

 

Qualcuno ha scritto che Obama, per la prima volta, durante la sua presidenza, ha dovuto leggere il suo testo di fronte ad una “marea” di parlamentari repubblicani.

 

E’ vero. Dopo le elezioni di mezzo termine dello scorso novembre, il partito conservatore è riuscito infatti a conquistare la maggioranza non solo alla Camera Bassa, ma anche al Senato, per la prima volta dal 2006.

 

Di conseguenza, molti si sarebbero aspettati un discorso di basso profilo, quasi in sordina, quasi come se Obama dovesse temere di offendere un Parlamento ormai saldamente nelle mani del partito opposto al suo.

 

Il presidente ha però preferito evitare di assumere un atteggiamento rinunciatario e, anzi ha deciso di rilanciare.

 

Nel suo discorso ha infatti voluto porre l’accento  su una serie di politiche economiche e sociali di stampo nettamente progressista.

 

Ad esempio, ha proposto un innalzamento delle tasse per i più abbienti, tali da riportare le aliquote massime sui capital gain dal 23,5 al 28%, lo stesso livello che avevano con Ronald Reagan.

 

Questa misura, unita ad altre volte ad incrementare il livello di tassazione per i più ricchi, vorrebbero essere un modo per liberare risorse economiche, circa 320 miliardi di dollari in dieci anni, che Obama vorrebbe utilizzare per migliorare le condizioni di vita della “middle class”, la classe media che è stata la più colpita dalla crisi economica iniziata nel 2008.

 

Naturalmente, un minuto dopo che il presidente aveva lasciato il podio, il Gop ha iniziato la solita litania contro la tassazione dei ricchi per favorire i meno abbienti.

 

Molti hanno sostenuto che alzare le aliquote all’1% della popolazione sarebbe il modo migliore per avviare una sciagurata azione di “job killing”, cioè di riduzione di posti di lavoro, secondo la fallimentare teoria economica della “supply side economics” o “trickle down economics”: l’idea che se i ricchi sono sempre più ricchi, qualche briciola di questo benessere potrà filtrare anche a favore dei più poveri.

 

Tuttavia, le posizioni espresse da Obama hanno ricevuto anche parole di apprezzamento da parte di importanti esponenti del partito repubblicano come Paul Ryan.

 

L’ex candidato alla vice presidenza del 2012 ha espresso il suo plauso alle misure a favore della classe media sostenute dal presidente. Si tratta di posizioni ancora ridotte all’interno del Gop, eppure significative.

 

Sono l’indice di un inizio di cambiamento nell’atteggiamento dei repubblicani.

 

Forse i conservatori hanno iniziato a comprendere che l’unico modo per poter almeno pensare di tornare alla Casa Bianca non è più solo quello di difendere ad oltranza gli interessi dei ricchi, ma anche allargare i loro orizzonti ai rappresentanti delle classi più svantaggiate.

 

Queste sono state colpite duramente da una crisi economica che seppure alle spalle, visti i nuovi livelli di crescita della produzione americana, ha lasciato lunghi strascichi che fanno ancora sentire la loro influenza sui salari reali, incapaci di aumentare in modo tale da migliorare le condizioni di vita della gente.

 

Se i repubblicani sembrano essersi accorti che esistono anche i più poveri, i nuovi accenti progressisti di Obama non sono solo il riflesso della condizione di un uomo che non ha più di fronte a sé una nuova campagna elettorale da vincere a tutti i costi.

 

Secondo alcuni commentatori, nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, l’ex senatore dell’Illinois sarebbe tornato a farsi espressione degli interessi dei meno fortunati proprio perché ormai libero da ogni condizionamento elettorale, potrebbe dare pieno sviluppo alle sue vere posizioni progressiste.

 

In realtà, a mio giudizio, nel nuovo accento di Obama (peraltro mai trascurato dal primo presidente nero, cfr. discorso di Osawatomie, in Kansas del 2011) verso i più deboli deve essere considerato anche il progressivo spostamento a sinistra dell’intero partito democratico.

 

Se la Grande Recessione potrebbe aver indotto anche il Gop a interessarsi di più dei poveri, questa potrebbe aver contribuito a ridare nuovo rilievo alle posizioni più di sinistra del partito democratico, a scapito di quelle più tipicamente centriste, sulla falsariga di un presidente come Bill Clinton.

 

Nell’ex partito di Roosevelt, Kennedy e Johnson, sembrano avere sempre più importanza le idee progressiste di personaggi politici come la senatrice del Massachussets Elisasabeth Warren, capace dal 2010, anno del suo ingresso al Senato, di informare delle sue posizioni un partito per troppo tempo orientato più al centro che a sinistra. 

 

Stato dell'Unione: Obama sposta a sinistra i democratici e i repubblicani lo seguono

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