E' un mondo difficile: abbiamo appena riposto le luminarie e piantato l'abete in giardino ed eccoci alle prese con il Carnevale, il carnem levare, ovvero l'abolizione del piatto forte, che indicava il banchetto d'addio alla carne con il quale si apriva la Quaresima, periodo di astinenza e digiuno.
Anche se inserito in due momenti molto importanti per la cristianità, l'Avvento, con il Natale, e la Quaresima, con la Pasqua, di “religioso” il Carnevale non ha nulla, anzi nella notte dei tempi (come nelle notti dei tempi correnti) ogni occasione andava bene per festeggiare anche in momenti dell'anno in cui si sarebbe dovuti stare un po' più riflessivi. Perchè? Beh, nell'antica Roma il mese di febbraio – da februare, purificare – essendo un periodo di passaggio tra una stagione agricola ed un'altra, serviva come espiazione per le anime dei defunti. A tutto ciò si univano i Lupercali, ovvero i riti legati alla fecondazione (un po' come i pane e vin dell'epifania, dove l'anno vecchio se ne va e ci si prepara al risveglio fecondo della natura).Già Ovidio scriveva a proposito di questi riti, quasi iniziali, che comunque prendevano ispirazione dai Saturnali, dove Dionisio e le Baccanti avevano le idee ben chiare: scherzi e lazzi, carri mascherati e soprattutto tavole imbandite di ogni ben di dio. E nessuno ne veniva escluso nel senso che era considerato un obbligo per ogni singolo componente della comunità partecipare a questi riti propiziatori: ogni singola defezione avrebbe avuto esiti nefasti che sarebbero ricaduti su tutti gli altri. Un modo diverso di “sacrificarsi”: divertiti con noi e tutti godremo della buona sorte!
Cosa vi ricordano saturnali, riti di purificazione, anime dei defunti? Halloween, of course.Sinceramente Halloween non sembra essere così distante dalle nostre consuetudini: in sintesi ci si mette in maschera per esorcizzare il culto dei morti in un periodo dell'anno di profonda trasformazione per la natura. Una differenza? Invece di scherzetto e dolcetto da noi solo dolcetto...e che dolcetto, preparato dai Fritoleri, che non avevano un attimo di tregua a Venezia, con le loro gustosissime fritole venessiane.La ricetta di questo dolce risale alla seconda metà del 300 e nel tempo si è declinata in tantissime varianti ma tutte si concludevano nella frittura in strutto bollente: come i dolci cinesi di cui Marco Polo raccontò al rientro dal Chatai!Non tutti potevano cucinare il "boccon da poareti e da siori": i “Fritoleri”, riuniti in corporazione, si tramandavano la “licenza” da padre in figlio, avevano il permesso di friggere nei campi e nei campielli, riparati da un “barachin” di legno e durante il periodo d'oro della Serenissima raggiunsero il considerevole numero di 70 artisti della fritola. Si, perchè era il dolce per eccellenza e veniva consumata tutto l'anno.La fritola contagiò anche la cucina ebraica ed ancor oggi viene preparata per la festa del Purim.
Per cui partendo dai Saturnali, passando per la Repubblica Serenissima, sfiorando Halloween non resta che sedersi comodamente davanti ad un vassoio di queste prelibatezze, schivando coriandoli e stelle filanti!
Frito'le VenessianeIngredienti500 gr di farina 00, 2 bicchieri di latte crudo, 2 uova bio o 1, 130 gr di uvetta sultanina, 1 manciata di pinoli tostati (facoltativi), 80 gr di zucchero, 30 gr di lievito di birra, 2 bicchierini di grappa (facoltativa ma molto caldeggiata! nei tempi andati si usava il liquore di anice), la scorza di un limone bio grattugiata con la microplane, 1 sospetto di cannella in polvere, 1 pizzico di sale, olio o strutto per friggereProcedimentoDiluire il lievito di birra in un po' di acqua tiepida e l'uvetta ad ammorbidire nella grappa.Nel planetaria mescolare farina, uova, latte, zucchero, la scorza di limone, sale e cannella. Mescolare bene tutto e successivamente il lievito e per ultima l'uvetta (ed i pinoli tostati).Ottenere un composto morbido che verrà lasciato riposare, coperto, per 5 ore in un posto tiepido e lontano da correnti.Riprendere il composto, mescolare con un cucchiaio di legno, eventualmente aggiungere qualche cucchiaio di latte a temperatura ambiente se non fosse rimasto fluido.Nell'olio bollente versare la pastella a cucchiaiate distanziate, farle dorare da una parte e poi dall'altra, lasciarle sgocciolare nella carta assorbente e servirle ancora calde con una bella spolverata di zucchero semolato.