Magazine Cultura
Questa recensione è stata scritta per Sul Romanzo.
“Storia della mia purezza” è un romanzo, ma potrebbe essere anche la sceneggiatura di un film. Piero Rosini, protagonista attivo e passivo, è un giovanotto di poche speranze, chiuso nel grigiore di un fervore cattolico che stenta a prendere fuoco. Ripudia - come nella più classica delle parabole - le ricchezze paterne, fugge al richiamo perverso della materialità concentrando tutte le sue energie sull’anima. Prega da solo, in chiesa, con un gruppo di amici (le “Teste Pensanti”). Ogni gesto, pensiero, azione involontaria, sembra finalizzato alla conquista del Paradiso, di un barlume di santità in grado di alleggerire la pesantezza del corpo. Ha una moglie bella, giovane e paziente, che accondiscende alla castità del marito senza troppa fatica. Orfana di madre, vive nell’attesa spaventosa che tutti i suoi cari muoiano, per lei un litigio non dura mai più di un minuto, la riconciliazione è un obbligo vitale, un obolo da pagare per avere la coscienza libera da eventuali sensi di colpa eterni. Ada, la sorella, cognata di Piero, segnerà l’inizio di una nuova vita, di un cambiamento più esteriore che interiore, di un viaggio verso una libertà difficile da conquistare. Libertà dalle paure, dai giudizi, dalle preghiere vaneggianti, dall’obbligo di essere un buon cristiano. Ada ha un seno florido, morbido e pieno, da toccare. E Piero, la cui fede ostinata impedisce l’azione adultera, guarda quel seno come un bambino in adorazione davanti la vetrina di un giocattolaio. Ada e le “tette di Ada” iniziano a combaciare, sovrapporsi, scambiarsi. Nella testa pulita, rigorosa e pura di Piero, instancabile neo convertito, Ada e le sue curve si insinuano come una goccia d’acqua che cade sulla testa e martella senza sosta, fino a scavare un buco nei pensieri. Piero non è solo casto, è anche stanco. Non c’è più desiderio nelle vene, i muscoli non riescono a tendersi di piacere, nemmeno all’idea di mettere su famiglia, una vera famiglia, con dei bambini, secondo la regola del buon cristiano. Le “tette di Ada” risvegliano briciole d’istinto, conducono la mano in basso, sull’inguine, alla ricerca di un misero segno di vita. Il frastuono emotivo che esplode nella testa di Piero si accompagna al dubbio, all’incertezza, a un lavoro difficile, pericoloso nel suo essere solo ombra. Un libro sul papa, una teoria azzardata, una serie di ricerche, di prese di posizione, di abnegazioni e confronti. Un libro che non porterà mai il suo nome, nemmeno in piccolo, tra i ringraziamenti, o nell’elenco dei curatori. Un libro in grado di scatenare una catena di equivoci lunga e variegata, con mogli che non sentono la mancanza dei mariti, amanti che non amano, amici che spariscono. Piero Rosini è l’emblema della confusione, del vorrei ma non posso. Fugge, da se stesso, da Roma – che poi è Porta di Roma – da un matrimonio che è vincolo eterno e sacro, da una fede che preme per esplodere e invece implode. Parigi contro Roma. Libertà contro reclusione. Piero cambia, poco alla volta, si apre al mondo, conosce personaggi singolari, macchiette che riempiono le sue giornate, donne che ammiccano, seducono, resistono. Lotta, vuole assaporare l’amore con una donna diversa da Alice, con un essere umano meno bello, meno aggraziato, eppure affascinante al punto tale da farlo vacillare ogni notte, in bilico su un divano letto aperto goffamente. Piero è uno e il suo contrario. Vigore nel corpo e buio della mente. Rosenzweil si sostituisce a lui, agisce come Piero vorrebbe ma non sa fare, osa, valica i confini del perbenismo, aggredisce le paure e le sconfigge. Ma è solo un alter ego, un doppio immaginario che non esiste e non resiste. Piero e l’antisemitismo, Piero e la fede, Piero e l’amore. Analizzando tutto, mette il naso ovunque, in ogni interstizio del suo animo e del suo corpo, studia gli altri, si avvicina e cerca di entrare nei loro pensieri. Alla fine, però si ritrae. A un passo dal traguardo getta la spugna. A un secondo dall’amore, quello vero, per Clelia l’ebrea, esce di scena. Cambio d’inquadratura. Moglie orfana, cognata con le “tette di Ada”, amici libertini e sorella colpevole parlano, rivisitano, avanzano ipotesi. Svelando retroscena e verità insospettabili. Un romanzo che è immagine, dettagli vivi, colori accecanti e odori pungenti. Lento quanto basta per essere sorseggiato come una bevanda calda, intrigante come un giallo che giallo non è. Una farfalla che vive un giorno e poi muore. In silenzio. Sentimenti contrastanti si animano durante la lettura: rabbia, allegria, fastidio. Un romanzo ben scritto, con una storia che in fondo non decolla mai, ma che si lascia leggere. Un po’ come Piero, che non vive ma si lascia vivere. Barbara Greggio
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