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Stralunato. Bastava un si

Creato il 13 giugno 2011 da Mapo
Milano, 12 giugno 2061
Sono stato via per un po'. 50 anni esatti, se proprio vogliamo essere precisi. E' vero, me la sono presa comoda, ma, si sa, quando si è in vacanza il tempo vola.Mi spiace di essermene partito un po' così, quasi di soppiatto, quella sera di giugno di ormai mezzo secolo fa, senza avvisare nessuno. Nemmeno gli amici più cari.In effetti, a ripensarci, ebbi a malapena il tempo di raccogliere un paio di cose che volevo portarmi dietro a tutti i costi, di imbastire una sorta di valigia con mutande e calzini puliti, e di partire così, in fretta e furia. Del resto, non capita tutti i giorni di vincere un viaggio sulla luna! Tutto accadde quasi per caso: mi trovavo in macchina, in una di quelle interminabili colonne davanti ad un semaforo rosso. Fuori la pioggia battente di un'estate che, lo ricordo come se fosse ieri, tardava ad ingranare. L'abitacolo, un po' appannato, reso ancora più caldo dalla voce gracchiante di uno speaker di R101 che invitava ad andare a votare per il referendum. Qualche migliaio di gocce di pioggia più tardi i 20 secondi pubblicitari che mi ha cambiato la vita: sulle note di "Dillo alla luna", una bella canzone del vecchio Vasco nationale (ve lo ricordate? Non ci posso pensare alla fine che gli è toccata in sorte!), ecco l'annuncio che attirò la mia attenzione:
Hai sempre sognato una vacanza fuori dal comune? R101 ti regala un viaggio sulla Luna. Chiama il numero 347 8090101 e parteciperai all'estrazione di un soggiorno all-inclusive sul nostro satellite più romantico.
Una telefonata, un po' di culo, e in un attimo mi trovai a mollare tutto per andare a scorrazzare tra i crateri di quella lampadina naturale che scaldò il cuore di Giacomo Leopardi.
Il ritorno a casa è, come ogni ritorno, triste e gioioso insieme. Milano, così come tutta l'Italia, mi è mancata tanto. Cammino tra i palazzi e tutto mi sembra come l'ho lasciato, 50 anni or sono. Gli stessi bar affacciati sui navigli, lo stesso selciato un po' sconnesso ad attentare alla salute di biciclette e motorini; persino un tram, arancione come quelli di una volta, misteriosamente fermo al centro di piazza XXIV maggio. C'è ancora l'edicola dove ogni mattina compravo il giornale, il mio panettiere, quel negozio di pesce fresco che mi intorpidiva tutte le mattine, mentre aspettavo il tram. C'è ancora la mia libreria preferita, in corso S. Gottardo. In vetrina c'è l'ultimo libro dell'accoppiata Rizzo-Stella. Che strano - penso - ci sarà qualche festival letterario sugli autori del secolo scorso in città! Mi guardo intorno e, per la prima volta, mi accorgo che non c'è anima viva.Ricordo questa via la sera della mia partenza, poco dopo il tramonto. Gli ultimi bagliori della giornata illuminavano a stento i primi passi sui tacchi della Movida Milanese, che non si faceva certo fermare dall'aria frizzantina nel post-temporale estivo.Spingo la porta di un negozio, pur scorgendo dalla vetrina che all'interno non c'è nessuno. Si apre, cigolando un po'. Dentro, i vestiti ordinati sono ricoperti da una coltre di polvere. Esco all'aria aperta, provando a capirci qualcosa. Mi incammino verso piazza Duomo e noto con tristezza che l'albero secolare che gettava ombra sul traffico in transito di XXIV maggio, è morto. Il suo scheletro di legno regna macabro su un silenzio surreale. Prendo una delle biciclette del comune, forzando la serratura di sicurezza. Monto in sella e comincio a pedalare sempre più veloce.Stralunato. Bastava un siI semafori funzionano regolarmente con il loro incessante alternarsi di rosso e verde. Trovo angosciante il concetto che la mia civiltà, in altri 50 anni della sua storia, non sia riuscita a trovare un modo più intelligente di governare il suo traffico impazzito. Già, ma quale traffico?Percorro via Torino e arrivo dinnanzi al marmo della cattedrale gotica più importante del pianeta. Me la trovo di fronte, imponente, davanti ai miei occhi con tutta la sua proverbiale bellezza. Dall'alto la Madonnina, sempre luccicante, mi guarda un po' incredula. La suggestione mi fa riconoscere un'aria beffarda e stupita nei confronti della mia insolita presenza. Sembra che da qui non passi nessuno da un po'.
Al centro della piazza soltanto una sorta di lungo gazebo bianco, un po' malmesso ma che si regge stoicamente in piedi, come uno scheletro di dinosauro il giorno dopo l'apocalisse.Mi avvicino e tutto quello che ci trovo, una volta scostata la tenda, è un mobile bianco circondato da un paio di sedie vuote. Apro i cassetti: un paio di maschere antigas, una torcia, uno di quei dispositivi stile metal detector portatili usati all'ingresso degli areoporti o prima di entrare in una risonanza magnetica. A terra c'è una tuta bianca, di quelle simili a quelle degli astronauti o, quasi sorrido al pensiero di quanto appaia assurdo, di quelle che vidi, qualche settimana prima della mia partenza, nelle immagini via satellite in arrivo dal Giappone martoriato dal terremoto nucleare.Nucleare.E se...Realizzo tutto, con una pugnalata.Reprimo il riflesso del vomito e il fiume di pensieri mi riporta a quella sera, quando con la mia valigia partivo per la mia avventura. Ricordo un Paese un po' in subbuglio, alla vigilia di un voto importante. Mi sforzo ancora un po' e mi tornano alla mente immagini di compiacenti meteorine che invitavano a non andare al seggio preferendo una gita al mare, politici dalla faccia di gomma che fuggivano in Sardegna invitando gli elettori a fare altrettanto, il Tg della TV di stato che sbagliava nel riferire le date.Mi sforzo, ma proprio non ricordo. Che cosa si votava? 

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