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Su “L’architetto delle caverne”

Creato il 17 ottobre 2012 da Trame In Divenire @trameindivenire
Su “L’architetto delle caverne”

Grotta dei cervi – Otranto, Porto Badisco – Paleolitico

Un tempo il pensiero di Cioran è stato anche il mio. Per mia fortuna però ho anche considerato che è nella natura delle cose, degli esseri viventi e pensanti, dell’uomo in particolare, proiettare fuori di sé l’idea del mondo, rielaborarlo, costruirlo e de-costruirlo, come fossimo il creatore, l’artefice massimo, un po’ come il poeta, il filosofo, l’artista, lo scrittore, lo scultore, lo scienziato, ecc.

Per quanto l’uomo possa non far nulla, arrendersi o annichilirsi, anche il pensiero di raggiungere questo stato, visto da un’ottica negativa è comunque come accettare il “giogo”. Il giogo dell’annichilimento. E pur tuttavia anche quest’accettazione necessita di un’azione. Saremmo al paradosso, un grottesco paradosso.

Il serpente si morde la sua stessa coda, non c’è via di scampo. O almeno così sembrerebbe. E giusto per questo è necessario interrogarsi.

Cosa è meglio, navigare in un mare in tempesta essendo in preda alle onde contrastantesi e cedere, o navigare tenendo la barra dritta nonostante la tempesta e arrivare in porto? Morire a testa alta e in piena coscienza o morire senza rendersi conto nemmeno del perché siamo in questo mondo? Essere Ulisse che torna in patria vincitore o uno sconfitto dalla vita? Meglio essere architetti di caverne (lugubri e decadenti sepolcri imbiancati), o architetti di degni edifici (templi interiori ed esteriori che si voglia) per celebrare il “bene” e il “bello”?

Personalmente preferisco vivere, in piena coscienza, uscire dalla “caverna” e “vedere” la luce della conoscenza, il sole, nonostante tutto. Almeno finché sono in vita. E chi sa, magari anche dopo. Preferisco vivere, in buona compagnia, in compagnia di chi ama costruire percorsi di conoscenza e integrazione, lottare e vincere, non arrendersi al gioco. Il che sarebbe come accettare supinamente il peggiore dei dogmi.

 

” L’Architetto delle caverne” di Emil Cioran

“ La teologia, la morale, la storia e l’esperienza di tutti i giorni insegnano che, per raggiungere l’equilibrio, non c’è un’infinità di segreti – ce n’è uno solo: ‘sottomettersi’. <Accettate un giogo> esse ci ripetono <e sarete felici; siate ‘qualche cosa’ e verrete liberati dalle vostre pene>. In effetti, tutto è ‘mestiere’ quaggiù: professionisti del tempo, funzionari del respiro, dignitari della speranza, un ‘lavoro’ ci attende ancor prima della nascita: le nostre carriere si preparano nel grembo delle nostre madri. Membri di un universo ufficiale, dobbiamo occuparvi un posto, in virtù di un destino rigido, che non si allenta se non in favore dei folli; essi, almeno, non sono costretti ad avere una fede, ad aderire a una istituzione, a sostenere un’idea, a seguire un’iniziativa. Da quando la società si è costituita, coloro che hanno voluto sottrarvisi sono stati perseguitati o scherniti. Vi si perdona tutto, purché abbiate un mestiere, una qualifica sotto il vostro nome, un sigillo sul vostro nulla. Nessuno ha l’audacia di esclamare: <Io non voglio fare niente!> – si è più indulgenti con un assassino che non con uno spirito affrancato dagli atti. Moltiplicare le possibilità di sottomissione, rinunciare alla propria libertà, uccidere in sé il vagabondo: così l’uomo ha raffinato la propria schiavitù e si infeudato ai fantasmi. Anche i suoi disprezzi e le sue ribellioni, non li ha coltivati se non per esserne dominato, schiavo com’è dei propri atteggiamenti, dei propri gesti e dei propri umori. Uscito dalle caverne, ne ha conservato la superstizione; era loro prigioniero, ne è divenuto l’architetto. Perpetua il suo stato primitivo con maggiore inventiva e sottigliezza; ma, in fondo, ingrandendo o rimpicciolendo la propria caricatura, egli si plagia sfrontatamente. Ciarlatano ‘a corto di trucchi’, le sue contorsioni e le sue smorfie incantano ancora…”

EMIL M. CIORAN (1911 – 1995), “Sommario di decomposizione” (“Précis de décomposition”, Gallimard, Paris 1949), trad. di Mario Andrea Rigoni e Tea Turolla con una nota di Mario Andrea Rigoni, Adelphi, Milano 1996, ‘L’architetto delle caverne’ (‘L’architecte des cavernes’), p. 195.

 


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