Approvata nel ’78, la legge sull’interruzione volontaria della gravidanza non spopola ancora tra il personale degli ospedali italiani. In particolare nel Meridione e nelle isole – Sardegna esclusa- dove più di 3 ginecologi su 4 sono obiettori.
In Sicilia, l’ultima Relazione sullo stato di attuazione della legge 194/1978 del ministero della Salute riporta che l’obiezione di coscienza coinvolge l’81,7% dei ginecologi, il 75,7% degli anestesisti e 87% del personale non medico. Un trend simile si osserva anche nelle altre regioni meridionali; in particolare, per quanto concerne la categoria dei ginecologi che raggiunge il 78,5% in Abruzzo, l’82,8% in Molise, l’83,9% in Campania, il 79,4% in Puglia, l’85,2% in Basilicata ed infine il 73,3% in Calabria.
Tuttavia, con buona pace dei Radicali Italiani per i quali invece “sta diventando un problema organizzativo per Asl e direttori di ospedali” e “dietro ogni Ivg c’è un miracolo, o un singolo con senso di responsabilità del proprio lavoro medico”, anche al Centro e al Settentrione si registrano segnali analoghi con l’80,2% di obiettori in Lazio, il 78% in Veneto e l’81,3% in provincia di Bolzano.
Per il cosiddetto problema delle “percentuali troppo elevate” è preoccupato anche il Fp Cigl, il quale propone tre diverse soluzioni: affidare la direzione dei presidi dove si effettuano gli aborti ai non-obiettori; l’introduzione del requisito discriminante di non-obiezione nel caso di assunzione o trasferimento in presidi con oltre il 50% di obiettori, e l’attuazione dell’istituto della mobilità per ovviare alla carenza di personale non-obiettore. La notizia è stata pubblicata dall’Ansa.
Nicola Z.